sabato 31 dicembre 2011
venerdì 30 dicembre 2011
mercoledì 28 dicembre 2011
lpd: Il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezz...
sabato 24 dicembre 2011
mercoledì 21 dicembre 2011
GdF, spettacolo prenatalizio benefico
Barbato (IDV): "Monti chiarisca Vaticano SpA"
Roma, 19 dicembre 2011. Francesco Barbato, Capogruppo IdV Commissione Finanze, ha depositato questa mattina una interrogazione in VI Commissione al Premier Monti quale Ministro dell’Economia e Finanze "perché chiarisca la fuga di notizie da parte della Guardia di Finanza che, allertando il Vaticano, avrebbe così bloccato l’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto di Roma Capaldo, tesa a rinvenire Fondi Neri. Questa operazione, denominata “Sòfia”, doveva servire per destabilizzare le istituzioni italiane cambiando il quadro politico oramai frantumato e consentire al grande capitalismo, a banchieri e potenti industriali, ovvero i così detti poteri forti, di mettere le mani sul potere attraverso una operazione politica, che, non possibile elettoralmente, facesse nascere surrettiziamente un Grande Centro per rimpiazzare la Democrazia Cristiana. Monti chiarisca gli intrecci IOR – Vaticano e vertici della Guardia di Finanza, su cui non si è saputa mai la verità! Come mai il Generale Mosca Moschini, all’epoca dei fatti Comandante Generale GdF, fino all’ultimo momento figurasse tra i papabili per una importante poltrona nel Governo Monti? Perché altri vertici GdF, depositari dell’inchiesta “Sòfia”, transitarono poi ai servizi segreti? Insomma, un quadro troppo inquietante e mai chiarito che traccia un percorso quasi parallelo con l’insediamento del Governo Monti. E’ necessario che il Premier chiarisca di non essere prigioniero, prima ancora che della partitocrazia, di queste democristian-diavolerie tese all’occupazione del potere fuori da schemi democratici e per il conseguimento di spregiudicati interessi industrial-economico- finanziari".
http://www.julienews.it/notizia/politica/barbato-idv-monti-chiarisca-vaticano-spa/96437_politica_0_1.html
lunedì 19 dicembre 2011
MARESCIALLO MUORE D'INFARTO MENTRE SORVEGLIA IL CANTIERE TAV
E' accaduto a Chiomonte. La vittima è il comandante di Strambino. Aveva 47 anni ed era padre di quattro figli
di MEO PONTE
sino alle 19. Verso le 15 però il sottufficiale, impegnato nella sorveglianza del cancello numero cinque, ha accusato un fortissimo malessere allo stomaco. "Pensava che fosse dovuto ad un panino che aveva mangiato in fretta poco prima di iniziare il suo turno di servizio" spiegano i responsabili del cantiere.
I commilitoni lo hanno soccorso e sistemato sull'auto di servizio. Il maresciallo Noro però, poco dopo, per l'acuirsi del dolore, si è reso conto che non si trattava di un banale mal di stomaco ma di qualcosa di ben più grave e ha invocato aiuto. I soccorsi prestati dai suoi compagni di turno e dai responsabili del cantiere sono stati del tutto inutili e il sottufficiale è spirato in pochi minuti.
A Chiomonte sono arrivati il Generale Pasquale La Vacca comandante della Legione carabinieri Piemonte e Valle d'Aosta, il Colonnello Roberto Massi, a capo del Comando provinciale di Torino, e il tenente Claudio Sanzò, comandante della Compagnia di Ivrea, dove ricadeva la stazione di Strambino. Noro, che durante l'attività aveva prestato servizio anche nella squadra di polizia giudiziaria della procura di Torino, nel era stano nominato Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
(18 dicembre 2011)
domenica 18 dicembre 2011
Polizia Penitenziaria - Percepimento dell'indennità per servizi esterni in misura doppia giornaliera - Ricorso degli agenti accolto
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-12-2011, n. 6409
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Considerato che la causa in esame, introdotta in prime cure con ricorso al TAR del Lazio n. 8009 del 2010, ha ad oggetto l'accertamento del diritto dei ricorrenti al percepimento dell'indennità per servizi esterni in misura doppia giornaliera, di cui all'art. 9, commi 1 e 2, del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395;
Vista la sentenza di detto TAR n. 5124 del 8 giugno 2011 con la quale il predetto TAR ha rigettato il citato ricorso;
Visto l'appello con il quale gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria indicati in epigrafe hanno chiesto la riforma integrale della citata sentenza ritenenedola viziata, con un primo motivo di impugnazione, per travisamento dei fatti e con un secondo motivo, per manifesta illogicità ed errata interpretazione del d.P.R. n. 395 del 1995 e del d.P.R. n. 164 del 2002, nonché per manifesta, contraddittoria ed illogica motivazione su di un punto decisivo della controversia;
Ritenuta la fondatezza di detti motivi di appello alla stregua dell'indirizzo assunto in materia dalla giurisprudenza da questo Consiglio di Stato (cfr. sez. IV^, n. 2969 del 16 maggio 2011 e sez. VI^, n. 989 del 16 febbraio 2011), che il Collegio condivide, secondo il quale, premesso che il successivo sommarsi delle disposizioni contenute nei citati dd.PP.RR. "...dimostra direttamente la natura interpretativa..." delle stesse, non può non riconoscersi, a seguito di una corretta lettura della disciplina dettata dalla contrattazione collettiva recepita con detti decreti, che l'indennità giornaliera per servizi esterni di cui trattasi deve essere "...rapportata non al giorno solare, ma all'ordinaria durata della giornata lavorativa, onde assicurare che i lavoratori che abbiano effettuato lo stesso numero di ore di lavoro, considerate utili ai fini del percepimento dell'indennità medesima, conseguano un pari trattamento..." e, dunque, non può non "...concludersi per l'obbligo del Ministero di corrispondere l'indennità per servizi esterni in misura doppia giornaliera a tutto il personale, tra cui gli interessati che, ha espletato due turni di lavoro ordinario, con successivo giorno di riposo, a decorrere dal 1° novembre 1996 e fino al momento in cui hanno cominciato a percepirlo in misura doppia, maggiorato di interessi legali...";
Ritenuto, altresì, quanto alle modalità della liquidazione degli accessori sulle eventuali differenze stipendiali spettanti, che, in base ai consolidati principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa, di dover ricordare che, trattandosi di ratei dei crediti retributivi spettanti per periodi successivi al 31 dicembre 1994, in base all'art. 22, comma 36, l. n. 724 del 1994, vanno maggiorati soltanto degli interessi legali al tasso corrente alla scadenza del singolo rateo (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. VI, n. 8/2001; sez. V, n. 2661/2000 cit.; Ad. Plen., 15 giugno 1998, n. 3); - che, ai sensi dell'art. 429 c.p.c., gli interessi legali per gli emolumenti corrisposti tardivamente, vanno calcolati sull'importo nominale del credito, con la conseguenza che sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi (cfr. ex plurimis: Consiglio Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5177; Cons. St., sez. VI, n. 8 del 2001 cit.; sez. V, n. 2661 del 2000 cit.; Ad. plen., 15 giugno 1998, n. 3) in quanto gli interessi sono soltanto effetto del ritardo e non possono perciò essere inglobati "ab origine" nel contenuto del credito (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 14 aprile 2004, n. 2106); - che il calcolo degli interessi legali dovuti dall'Amministrazione per il ritardato pagamento di emolumenti al proprio dipendente va poi effettuato prendendo come riferimento la somma dovuta al netto delle ritenute contributive ed anche delle ritenute fiscali, tenuto conto che ciò che danneggia il creditore e giustifica la sua pretesa agli accessori di legge, è il ritardo con il quale egli ha potuto disporre della somma netta che il debitore avrebbe dovuto mettergli a disposizione in precedenza, e non le somme per ritenute contributive e fiscali, delle quali egli non avrebbe mai potuto avere la disponibilità (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 30 dicembre 2003, n. 9227; Consiglio Stato, sez. VI, 24 maggio 2004, n. 3383);
Rilevato, in relazione alle deduzioni di parte appellante rubricate "...n. 3) sulla prescrizione quinquennale...", che l'Amministrazione appellata non ha espressamente riproposto in questo grado di giudizio l'eccezione di prescrizione da essa sollevata in prime cure ed assorbita dal Giudicante in quella sede con la motivazione "...attesa in ogni caso l'infondatezza del ricorso...", essendosi limitata ad argomentare, con la memoria depositata in atti il 27 ottobre 2011, soltanto nel merito della vicenda, al fine di affermare la correttezza della pronunzia del primo Giudice, ed a chiedere, poi, il passaggio in decisione dell'appello, senza alcuna discussione della controversia, come risulta dal verbale della Camera di Consiglio, con la conseguenza che detta eccezione di prescrizione deve ritenersi rinunziata ai sensi e per gli effetti dell'art. 101, comma 3, del C.P.A.;
Considerato, infine, quanto alle spese del doppio grado di giudizio, che possono ritenersi ragionevolmente sussistenti sufficienti ragioni per disporre, in deroga ai principi richiamati dall'art. 26 c.p.a., la compensazione tra le parti di dette spese, tenuto conto che, all'atto della proposizione del ricorso di primo grado, era controversa in giurisprudenza la questione esaminata;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 7989 del 2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, dichiara il diritto dei ricorrenti al percepimento dell'indennità indicata in motivazione, nei modi ivi pure indicati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
giovedì 15 dicembre 2011
Piemonte: confermato il referendum regionale anti caccia
LAC e Pro Natura: massima mobilitazione.
di redazione 07 dicembre 2011GEAPRESS – Ormai è certo. In Piemonte il referendum regionale sulla caccia si svolgerà in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno 2012. Nell’udienza fissata al TAR la scorso 23 novembre, la Regione Piemonte ha, infatti, garantito che sarà rispettata la sentenza della Corte d’Appello del 29 dicembre 2010, con la quale si è finalmente sbloccata la decennale vicenda del referendum voluto da molti cittadini, ma da pochi politici regionali piemontesi.
Poteva svolgersi già nel 1987, ma una continua opposizione è riuscita a farla franca a ben nove gradi di giudizio, riservando un ultimo piccolo patema d’animo. Se la Regione Piemonte continuerà a disattendere, il 25 gennaio il TAR interverrà con la nomina di un Commissario ad acta. Secondo l’Avvocato Andrea Fenoglio, che ha rappresentato al TAR le Associazioni LAC (Lega per l’Abolizione della Caccia) e Pro Natura, alla prossima udienza i Giudici amministrativi, verificheranno l’adempimento o meno della Regione in tempo utile per un’eventuale nomina del Commissario.
Massima mobilitazione, dunque, richiesta proprio dalle Associazioni proponenti che hanno già avuto, lo scorso settembre, un ottimo segnale con la manifestazione anti caccia di Torino alla quale hanno partecipato oltre 4000 persone (vedi articolo GeaPress).
“Nei prossimi mesi - dicono Roberto Piana e Piero Belletti, Responsabili di LAC e Pro Natura – la mobilitazione dovrà essere massima. L’esito del referendum – hanno aggiunto i due Responsabili – dipenderà dalla slancio e dall’impegno che tutti assieme riusciremo a portare avanti“.
Intanto la prima riunione del Comitato promotore è convocata per sabato 17 dicembre alle ore 14,30, presso Idea Solidale a Torino.
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mercoledì 14 dicembre 2011
La Finanza perquisisce gli uffici del city manager Vaciago (da La Stampa del 14-12-2011)
La Guardia di Finanza ha perquisito alcuni uffici di Palazzo Civico (di Claudio Laugeri)
Una chiavetta di memoria usb. E’ questo l’obiettivo della perquisizione di pochi giorni fa negli uffici del Comune. I finanzieri del Gruppo Torino indagano (coordinati dal pm Cesare Parodi) sul concorso per ventun posti da dirigente a Palazzo Civico contestato da alcuni concorrenti, che avevano anche presentato un ricorso al Tar. Vinto. In attesa del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato. L’inchiesta della procura è collegata proprio alle argomentazioni dei concorrenti bocciati accolte dai giudici amministrativi piemontesi. In particolare, c’è la questione di «un errore nel verbalizzare le procedure di custodia degli elaborati», come spiega il city manager Vaciago. Per la procura, c’è qualcosa di più. Tanto che sono finite sott’inchiesta Franca Poma, funzionaria del Servizio Risorse Umane, e Maria Pia Re, segretaria storica di Vaciago e da un anno passata anche lei alla qualifica di funzionaria. Secondo gli inquirenti, l’ex segretaria di Vaciago avrebbe falsificato i verbali di custodia delle prove d’esame. E la collega Poma l’avrebbe «coperta», anche davanti agli investigatori. Favoreggiamento, secondo il codice penale.
Tutto per quella chiavetta usb. Nel racconto delle due funzionarie, la memoria magnetica custodiva le prove d’esame. Mai stampate prima del tempo. Tanto meno, comunicate a candidati da favorire. Poma e Re hanno sempre sostenuto di aver fatto stampare i 9 mila fogli con le prove d’esame in una tipografia esterna al Comune. Le due funzionarie avrebbero consegnato in tipografia la chiavetta usb con quel materiale. Ma nessuno ricorda di averla ricevuta. Qualcuno mente. Secondo la procura, sono le due funzionarie. E gli inquirenti vogliono capire il motivo di quelle bugìe.
La perquisizione di qualche giorno fa serviva a cercare quella chavetta usb, ma anche a trovare tracce di quelle prove d’esame. I finanzieri sono entrati negli uffici di Poma e Re, ma anche del «city manager» Vaciago. «Ero il presidente della commissione d’esame, che si riuniva nel mio ufficio. Non mi stupisce che abbiano voluto controllare» dice il dirigente. E aggiunge: «Ho la massima fiducia nella magistratura, che ha dimostrato di lavorare con scrupolo. Sono certo che potrà emergere soltanto la regolarità di quanto è stato fatto». Timori di essere coinvolto nell’inchiesta? «Per nulla. Non ne ho notizia e comunque sono sereno. So che abbiamo agito in modo regolare, lo stesso Tar ha evidenziato soltanto irregolarità sulla verbalizzazione nella custodia delle prove d’esame. Attendiamo che si esprima anche il Consiglio di Stato». L’udienza è fissata a febbraio. La procura, però, ha tempi diversi. In questi giorni, le due funzionarie sono state interrogate a Palazzo di Giustizia. Il pm vuole sapere la verità.
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/434390/
martedì 13 dicembre 2011
CONTRIBUTO DI SOGGIORNO A ROMA: ESENZIONE PER LE FORZE DI POLIZIA
Deliberazione n. 53-2011
ESTRATTO DAL VERBALE DELLE DELIBERAZIONI
DELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA
Articolo 3
Esenzioni
a) i minori entro il decimo anno di età;
b) coloro che pernottano presso gli ostelli della gioventù;
c) i malati e coloro che assistono degenti ricoverati presso strutture sanitarie, in ragione di un accompagnatore per paziente. Sono, altresì, esenti dal contributo di soggiorno i genitori accompagnatori di malati minori di diciotto anni. Il paziente o l’accompagnatore dovrà dichiarare, ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 2000 e successive modificazioni, che il soggiorno presso la struttura ricettiva è finalizzato a ricevere prestazioni sanitarie da parte del paziente o a poter svolgere assistenza nei confronti del soggetto degente;
d) gli autisti di pullman e gli accompagnatori turistici che prestano attività di assistenza a gruppi organizzati dalle agenzie di viaggi e turismo. L’esenzione si applica per ogni autista di pullman e per un accompagnatore turistico ogni 25 partecipanti;
e) il personale appartenente alla Polizia di Stato e alle altre forze armate che svolge attività di ordine e sicurezza pubblica, come definita nel Testo Unico di Pubblica Sicurezza R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ed al successivo Regolamento di Esecuzione di cui al R.D. 6 maggio 1940, n. 635;
f) le strutture ricettive di qualunque tipo, che insistono nell’enclave extraurbano di Roma Capitale denominata: frazione territoriale di Polline e Martignano.
lunedì 12 dicembre 2011
INCONTRO DELLA SEZIONE FICIESSE DI TORINO

Gent.mi Soci
giovedì 22 dicembre 2011 alle ore 19.00 ci incontreremo per una riunione aperta a tutti che si terrà presso presso l'A.S.D.C. POZZO STRADA, via G. Fattori nr. 23/A - 10141 di Torino per discutere sui seguenti punti:
1) Rinnovo ed iscrizioni (IMPORTANTE RINNOVARE ENTRO IL 2011 IN QUANTO LA QUOTA 2012 NON SARA' PIU' DI 10 EURO!);
2) Varie ed eventuali.
Inoltre, presso il Circolo verrà organizzata, dopo la riunione, anche una cena.
Chi è interessato a partecipare è pregato di inviare una mail di conferma entro il 20 dicembre 2011 al sottoscritto.
Cordiali saluti
Luciano NAPOLITANO
luciano.napo@tiscali.it
martedì 6 dicembre 2011
Audizione al Parlamento Europeo sui Diritti Associativi delle Forze Armate in Europa

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=_KP05w59Jrk#!
sabato 3 dicembre 2011
ARCHIVIATO IL PROCEDIMENTO A CARICO DEL MARESCIALLO VINCENZO BONACCORSO

Era finito nel mirino dei suoi superiori perchè tra i fondatori dell'associazione "Pastrengo", considerata pericolosa dall'Arma per "possibile deriva sindacale". Per questo il maresciallo Vincenzo Bonaccorso, 50 anni, carabiniere da 26, ha rischiato la consegna del rigore, cioè una sorta di "arresti domiciliari". Ma il pericolo è stato scampato perché la giustizia ha fatto il suo corso e il procedimento in capo a Vincenzo Bonaccorso è stato archiviato.
“Il sindacato – dice Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp - il Sindacato Indipendente di Polizia – non può essere mai considerato una deriva pericolosa ma è
sempre uno spazio democratico. Di più. E’ uno spazio che garantisce la tenuta della
democrazia in ogni ambito. Ecco perché limitare la libertà, per altro costituzionalmente garantita significa limitare la libertà di tutti”.
Franco Maccari sottolinea la vicinanza da sempre del Coisp al maresciallo Bonaccorso.
“Ne abbiamo seguito – conclude il Segretario Generale del Sindacato Indipendente di Polizia – la vicenda professionale e umana di Vincenzo Bonaccorso, senza mai strumentalizzarla, ma convinti come siamo che non c’è libertà e democrazia quando si ha paura della libera espressione delle altrui idee, quando si ha paura del confronto. La vittoria di Vincenzo Bonaccorso è la vittoria di tutti coloro i quali hanno lottato e si sono battuti per dare dignità alle Forze dell’Ordine, come uomini prima e come Servitori di uno Stato poi. Perché essere Servitori dello Stato non significa diventarne servi sciocchi!”.
venerdì 2 dicembre 2011
Spese di Giustizia. Rimborso biglietti di viaggio
15 febbraio 2010
Ministero della Giustizia
Dipartimento per gli Affari di Giustizia
Direzione Generale della Giustizia Civile
Ufficio I
Prot. m_dg_DAG.16/02/2010. 0024224. U
Ai Sigg. Presidenti delle Corti di Appello
Loro sedi
Ai Sigg. Procuratori Generali della Repubblica
Loro sedi
e p.c.,
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze
Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato
Ispettorato Generale di Finanza – Ufficio XIII
Roma
Al Sig. Capo dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia
Roma
Talune Ragionerie Territoriali dello Stato, in sede di controllo del rendiconto presentato dal funzionario delegato, hanno riscontrato che, spesso, gli uffici giudiziari procedono, ai sensi dell’art. 46 del DPR 115/02, al rimborso delle spese di viaggio in favore dei testimoni non residenti in assenza dei relativi biglietti. Le stesse Ragionerie hanno pertanto chiesto al Ministero dell’Economia di far conoscere se il rimborso delle spese in questione possa comunque avvenire, in mancanza di biglietto, in misura pari al prezzo del biglietto di seconda classe sui servizi di linea.
La suddetta problematica è stata affrontata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - Ispettorato Generale di Finanza - con la nota prot. n. 1684 del 12 gennaio 2010 che si allega in copia.
Con la predetta nota, preliminarmente è stato osservato che il comma 1 dell’art. 46 prevede che “ai testimoni non residenti spetta il rimborso delle spese di viaggio, per andata e ritorno, pari al prezzo del biglietto di seconda classe sui servizi di linea o al prezzo del biglietto aereo della classe economica, se autorizzato dall’autorità giudiziaria”. Il comma 2 del suddetto articolo dispone, inoltre, che “se tali servizi non esistono, il rimborso delle spese di viaggio è riferito alla località più vicina per cui esiste il servizio di linea”.
Il predetto Dicastero ha ritenuto che quest’ultima disposizione non possa essere interpretata nel senso che, in mancanza del biglietto di viaggio, spetti al teste, in ogni caso, il rimborso del costo del biglietto atteso che detta norma si limita ad individuare il servizio di linea in relazione al quale il rimborso va liquidato.
Una tale interpretazione, argomenta la Ragioneria Generale dello Stato, si porrebbe in contrasto con il principio generale previsto dall’art. 277 del Regolamento di contabilità generale dello Stato (R.D. 23 maggio 1924, n. 827) il quale prevede che “la liquidazione delle spese deve essere appoggiata a titoli e documenti comprovanti il diritto acquisito dai creditori” e che “l’esemplare dei documenti sui quali è basata la liquidazione delle spese e che debbono corredare il titolo di spesa deve essere munito delle volute certificazioni comprovanti i diritti dei creditori”.
Avuto riguardo alle modalità di pagamento del rimborso delle spese di viaggio ai testimoni si osserva, infine, quanto segue.
In un ottica di funzionalità, certezza e speditezza delle procedure di spesa si fa presente che l’estinzione dei titoli di spesa (superiori ad euro 10,33) emessi in favore di testimoni, così come quelli emessi in favore degli altri creditori che hanno collaborato per fini di giustizia, deve essere effettuata, in via ordinaria, mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali. Ciò anche al fine di evitare che a fine esercizio restino cospicui titoli di spesa non riscossi dai beneficiari presso le Tesorerie provinciali o gli uffici postali (es. titoli emessi con quietanza del beneficiario).
Si segnala, pertanto, la necessità che le cancellerie giudiziarie provvedano ad acquisire, in sede di presentazione delle istanze di rimborso da parte degli aventi diritto, anche le coordinate del conto corrente del beneficiario complete nel formato BIC-IBAN (così come rilevabile dagli estratti conto rilasciati dalle banche o dalle poste) e di limitare a circostanze residuali (come ad esempio la mancanza del conto corrente) l’estinzione dei titoli di spesa con modalità diverse da quelle dell’accreditamento in conto corrente.
Al fine di uniformare le procedure operative relative alla liquidazione delle spese dei testimoni, le SS.LL. sono invitate di voler far conoscere a tutti gli uffici giudiziari del distretto le precisazioni fornite sull’argomento.
Roma, 15 febbraio 2010
IL DIRETTORE GENERALE
Maria Teresa Saragnano
mercoledì 30 novembre 2011
Basta certificati con la legge di stabilità
Di cosa si tratta?
L’art. 15 della legge, al primo comma, prevede che a partire dal 1° gennaio 2012 (praticamente tutte le disposizioni della legge di stabilità entrano in vigore a partire dall’inizio del prossimo anno) le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati: invece, nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione (ad esempio Comune, Provincia, Regione, Ministeri, Scuole, Agenzia delle Entrate, ecc.) e i gestori di pubblici servizi (come le Società che gestiscono i rifiuti, i trasporti, i servizi idrici, ecc.) i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dalle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà.
Cerchiamo di essere più chiari.
Dunque, sino a poco tempo fa poteva capitare che un ente pubblico chiedesse al cittadino un certificato per chiudere un procedimento amministrativo: ad esempio, il Comune poteva richiedere lo stato di famiglia per riconoscere il diritto dei figli a godere della mensa scolastica.
A partire dal 2000, con il famoso DPR 445/2000 (ricordatevi e se avete tempo studiatevi questo DPR, è fondamentale nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni), tali certificazioni potevano essere sostituite con una c.d. “autocertificazione”, tecnicamente una dichiarazione sostitutiva di certificazione. Senonché, gli enti pubblici – notoriamente lentissimi nel recepire le novità favorevoli al cittadino – hanno continuato per anni a chiedere e, a volte, persino a pretendere le certificazioni.
Al che il cittadino medio si chiedeva che senso avesse che un’amministrazione pubblica chiedesse al cittadino un certificato rilasciato da un’altra amministrazione pubblica: nel 2011, nell’era di internet, un tale incombente burocratico appariva ancora più anacronistico.
Ecco allora la novità: se era già previsto per legge che i cittadini potessero sostituire le certificazioni relative allo stato, alle qualità personali e ai fatti (ad esempio residenza, cittadinanza, stato di famiglia, iscrizione ad albi, professione, qualità di legale rappresentante, ecc.) con una autocertificazione, a partire dal 1° gennaio 2012 tutte le pubbliche amministrazioni non potranno nemmeno più chiedere i certificati. Anzi, tutti i certificati rilasciati da amministrazioni pubbliche non saranno più validi ed utilizzabili al di fuori dei rapporti tra privati. Gli stessi certificati, infatti, d’ora in poi riporteranno a pena di nullità una espressa dicitura del seguente tenore: “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”. Saranno le pubbliche amministrazioni a dover autonomamente acquisire le informazioni oggetto di autocertificazione: non potranno in nessun caso chiederle ai privati cittadini sotto forma di certificati.
Conclusioni.
Dal 1° gennaio 2012, quindi, i certificati varranno solo tra privati, mentre nessuna amministrazione pubblica e nessun esercente un pubblico servizio potrà richiederveli: varranno solo ed esclusivamente le autocertificazioni. Nel caso, poi, qualche funzionario vi chiedesse di produrre un certificato, rinfrescategli rispettosamente la memoria (ricordate l’art. 15 della legge di stabilità 2012 o, più genericamente, il DPR 445 del 2000): in caso di insistenza da parte sua, non tardate a interpellare un superiore gerarchico ed a segnalare la cosa.
martedì 29 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
ORE DI STRAORDINARIO DURANTE CORSO DI ADDESTRAMENTO
mercoledì 23 novembre 2011
Trasporto pubblico locale in Piemonte, su gomma e su ferro. Polizia di Stato - Polizia Penitenziaria,
Art.50 della legge regionale 23 aprile 2007, n.9. Modalità applicative per la libera circolazione
sui servizi di trasporto pubblico locale, di cui all'art.2 della l.r. 1/2000.
1. In deroga al comma 5 dell'articolo 12 della legge regionale 4 gennaio 2000, n. 1 (Norme in materia di trasporto pubblico locale, in attuazione del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422) e salvo quanto previsto dall' articolo 30 della legge regionale 14 maggio 2004, n. 9 (Legge finanziaria per l'anno 2004), gli agenti e funzionari delle Forze dell'Ordine, in attività di servizio, appartenenti ai Corpi di Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale e Polizia locale, quest'ultima limitatamente all'ambito di competenza territoriale, hanno diritto alla libera circolazione sui servizi del trasporto pubblico locale di cui all' articolo 2 della l.r. 1/2000, al fine di garantire le condizioni di sicurezza agli utenti.
2. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale determina le modalità applicative di cui al comma 1.
3. Per compensare i mancati introiti da traffico è riconosciuto a decorrere dall'esercizio finanziario 2007 alle aziende che esercitano i servizi di trasporto pubblico locale di cui al comma 1, salvo quelli già previsti dall' articolo 30 della l.r. 9/2004, un contributo annuale entro il limite di spesa di 500.000,00 euro, iscritto nell'UPB 26031 (Trasporti Trasporto pubblico locale Titolo 1: spese correnti), alla copertura del quale si provvede con le risorse finanziarie dell'UPB 09011 (Bilanci e finanze Bilanci Titolo 1: spese correnti) del bilancio regionale per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale 2007-2009. Le modalità di attuazione del presente comma sono stabilite con appositi protocolli di intesa tra la Regione, le aziende che esercitano i servizi di trasporto pubblico locale e gli enti soggetti di delega ai sensi della l.r. 1/2000.
Bollettino Ufficiale n. 29 del 19 / 07 / 2007
Deliberazione della Giunta Regionale 5 luglio 2007, n. 56-6346
Art. 50 della legge regionale 23 aprile 2007, n. 9. Modalita’ applicative per la libera circolazione sui servizi di trasporto pubblico locale, di cui all’articolo 2 della l.r. 1/2000.
(omissis)
LA GIUNTA REGIONALE
a voti unanimi...
delibera
Di estendere, per le motivazioni nelle premesse riportate, la libera circolazione sui servizi di trasporto pubblico locale, su gomma e su ferro, ai “Vigili del Fuoco”, in considerazione della specifica attività svolta da tale Corpo nell’ambito del territorio piemontese e della pecularietà dello stesso.
Di determinare le seguenti modalità applicative per la libera circolazione degli agenti e funzionari delle Forze dell’Ordine, dei Vigili del Fuoco e della Polizia locale, quest’ultima limitatamente all’ambito di competenza territoriale, sui servizi di trasporto pubblico locale, di cui all’articolo 2 della l.r. 1/2000:
1) E’ concessa la libera circolazione sui servizi di trasporto regionale e locale, su gomma e su ferro, agli appartenenti ai Corpi di Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco e Polizia locale, quest’ultima limitatamente all’ambito di competenza territoriale, che viaggino in divisa e non, purché domiciliati o residenti in Piemonte.
2) Agli appartenenti ai Corpi di Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco e Polizia locale, quest’ultima limitatamente all’ambito di competenza territoriale, che non viaggino in divisa, è concessa la libera circolazione sui servizi di trasporto regionale e locale su gomma, previa esibizione del tesserino del corpo di appartenenza al conducente o se impossibilitati al controllore.
3) Agli appartenenti ai Corpi di Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco e Polizia locale, quest’ultima limitatamente all’ambito di competenza territoriale, che non viaggino in divisa, è concessa la libera circolazione sui servizi di trasporto regionale e locale su ferro, previa esibizione del tesserino del corpo di appartenenza al controllore.
4) Per quanto concerne la libera circolazione sul servizio di trasporto a mezzo della linea metropolitana della “Città di Torino”, in fase di prima applicazione della norma ed in attesa di acquisire, dai comandi delle Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco (riferimento base provinciale di Torino) e della Polizia Municipale di Torino e di Collegno, dati conoscitivi in merito al numero degli utilizzatori di tale vettore, si incarica il Settore Trasporto Pubblico Locale della Direzione regionale ai Trasporti, di determinare una proposta articolata per l’assegnazione tra i soggetti succitati di un numero massimo di n. 12.000 carte elettroniche abilitanti il servizio di trasporto sulla linea di metropolitana della “Città di Torino”.
I costi relativi al rilascio delle carte succitate, trovano copertura nell’ambito delle risorse di cui all’art. 50 della l.r. n. 9/2007.
5) Il settore Trasporto Pubblico Locale della Direzione regionale ai Trasporti, al fine di acquisire i dati conoscitivi in merito al numero annuo dei soggetti utilizzatori dei mezzi pubblici regionali e locali, su gomma e su ferro, appartenenti ai Corpi di Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco e Polizia locale, è incaricato di predisporre un apposito questionario per il censimento di tale utenza.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell’art. 61 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.
(omissis)
Maxi evasione fiscale, 14 arresti Un buco da 100 milioni di euro

"Gonfiavano" il valore di palazzi e ville per intascare i mutui:
in manette dirigenti e manager, tra cui il direttore provinciale dell'Agenzia delle Entrate e il commercialista del crac Aiazzone
Trecento finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Torino hanno partecipato, questa mattina, alla mega operazione che ha permesso di smantellare un'associazione a delinquere dedita, attraverso artificiose compravendite immobiliari, alla commissione di gravi reati tributari e fallimentari. 54 le società coinvolte in Piemonte, Liguria, Lombardia, Lazio e Campania.
Dopo un anno di indagini il bilancio è di 14 arresti, di cui 13 in carcere, 19 indagati e 170 perquisizioni. A capo dell'associazione a delinquere scoperta, c'erano due imprenditori del settore immobiliare. Tra gli arrestati anche tre commercialisti, di cui uno già coinvolto nel crack Aiazzone, che avevano un ruolo ben definito nell'ambito del sodalizio criminoso: avrebbero fornito gli strumenti giuridici relativi alle operazioni commerciali, ideando e attuando delle architetture finanziarie, contabili, contrattuali e societarie.
Da intercettazioni ambientali e telefoniche sono emersi poi episodi di corruzione che hanno portato in carcere anche un imprenditore piemontese e il direttore della direzione provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Torino 1, Ernesto Giacomo Maggiore, che risponde però di un caso isolato, che non fa parte dell'indagine principale.
«La frode si è realizzata attraverso un giro vorticoso di immobili, anche di pregio e alcuni noti nel centro città – ha spiegato il Generale Giuseppe Gerli, Comandante Provinciale del Corpo - e attraverso l'iniezione di più di 100 milioni di fatture false che hanno comportato l'indebito ottenimento di finanziamento da parte degli istituti di credito, evasione di redditi per più di 27 milioni di euro ed evasione dell'Iva per 15 milioni».http://www.blogger.com/img/blank.gif
«In particolare, è stato sequestrato il palazzo sede del Liceo Francese, a Torino, in Corso Casale, - ha aggiunto il Generale Gerli - che ha un valore immobiliare pari a 10 milioni di euro. Sequestrati anche oggetti di antiquariato e di arredo all'interno dell'abitazione di una delle persone arrestate».
Le compravendite immobiliari con prezzi gonfiati si riferiscono a costruzioni di pregio, residenze di lusso e palazzi di interesse storico, tra le quali spiccano, oltre al Liceo Francese, le Ville Roddolo, complesso in stile liberty, risalente all’inizio del secolo scorso, oggi casa di cura situata nelle colline di Moncalieri, il Palazzo UTET, sede della casa editrice di Corso Raffaello, la sede storica della Fiat, in Corso Dante, e un immobile nei pressi di Porta Palazzo.
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/431222/
martedì 22 novembre 2011
MISSIONI: GIRO DI VITE SUI RIMBORSI
venerdì 11 novembre 2011
Giocattoli e farmaci contraffatti, maxi sequestro della GDF aTorino
In un magazzino poco lontano da piazza della Repubblica, oltre 100mila giocattoli, farmaci e vestiti con marchi contraffatti
Giocattoli e farmaci contraffatti maxi sequestro a Porta Palazzo
Oltre 100mila giocattoli sequestrati a Porta Palazzo. L’opehttp://www.blogger.com/img/blank.gifrazione porta la firma della Guardia di Finanza. Si tratta del più grosso quantitativo mai trovato a Torino.
I falsi sequestrati a Porta Palazzo
In un magazzino di via Priocca 6, poco lontano da piazza della Repubblica, le Fiamme Gialle si sono imbattute in centinaia di scatoloni con dentro oggetti contraffatti. Vestiti, medicinali, ma soprattutto giocattoli: dai personaggi dei cartoni animati a “Hello Kitty”, fino agli ultimi beniamini dei più piccoli. Tutti privi di certificato Cee, tutti potenzialmente pericolosi.
http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/11/10/news/giocattoli_e_farmaci_contraffatti_maxi_sequestro_a_porta_palazzo-24806069/
domenica 6 novembre 2011
I TRENT'ANNI DALLA SMILITARIZZAZIONE DELLA POLIZIA
POLIZIA LA FORZA DEL CAMBIAMENTO
«Fiorai senza scontrino e la Finanza non interviene»

Lettere alla rubrica "Specchio dei tempi" del quotidiano "La Stampa" del 04-11-2011
Una lettrice scrive:
«Mattina del 30 ottobre, ingresso laterale di Cimitero Parco. I banchi dei fiorai presi d'assalto da una varia umanità, costi alle stelle, fiori dalla dubbia durata, più dubbia del solito.
«L'unica certezza è che nessun scontrino viene rilasciato a nessuno.
«Ho visto pagare non meno di 20 euro, la media era ben più alta, da decine di persone prese nella morsa della catena di montaggio.
«Questa evasione totale la paghiamo tutti.
«I Vigili Urbani se ne disinteressano. La Guardia di Finanza mi ha detto che devo fare un "esposto scritto". Anche ammesso che la prepari ora e che riesca a portarla a mano, e che me l'accettino (presumo si debba fare come raccomandata a/r), i banchi non ci saranno più, o non muoveranno più tutto questo denaro.
«Il 117 ho smesso di chiamarlo; ci ho provato anche altre volte, ottenendo sempre la stessa risposta: "Faccia un esposto scritto". Forse potrebbe essere sostituito da un messaggio registrato.
«La crisi c'impone la tolleranza-zero verso questi comportamenti. Sempre inaccettabili, ma ora più che mai. Come fare però per ottenere attenzione e per richiedere interventi?»
LAURA BIASON
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=195&ID_articolo=1474&ID_sezione=395
sabato 5 novembre 2011
venerdì 4 novembre 2011
lunedì 31 ottobre 2011
ORARIO DI LAVORO: FORSE NON TUTTI SANNO CHE…
domenica 30 ottobre 2011
sabato 29 ottobre 2011
La strage silenziosa delle forze dell’ordine
C’è però una strage silenziosa, che non viene quasi mai pubblicizzata (meritorio, in tal senso, è l’impegno controcorrente della rivista Carabinieri d’Italia, attenta al problema), e che ha raggiunto dimensioni allarmanti. Sono sempre più numerosi, infatti, i Carabinieri che decidono di porre fine alla loro vita, suicidandosi. I numeri di tale fenomeno sono poco noti, ma tali da non consentire di ritenere in alcun modo che rientrino nella normale statistica dei suicidi dei depressi, dei patologici, dei malati di mente. Tutt’altro.
Spesso dietro il suicidio di un Carabiniere vi è la frustrazione nello svolgere il proprio lavoro, le vessazioni subite (preoccupante è quanto sta emergendo in questi giorni riguardo al corpo dei Nocs), le legittime aspettative deluse. Significativo è che talvolta i parenti delle vittime – di questo si tratta – non vogliono la partecipazione ai funerali dei superiori del corpo di appartenenza.
A mio avviso, in queste dinamiche gioca un ruolo determinante anche la giustizia amministrativa che, troppo spesso, non rende giustizia a provvedimenti che andrebbero vagliati ben più a fondo, trincerandosi invece dietro tesi oltremodo restrittive o, addirittura, nella teoria dell’”ordine amministrativo”, cioè un atto che non può di fatto essere messo in discussione, in quanto giustificato da prioritarie e prevalenti esigenze di organizzazione correlate alla sicurezza. Ma siamo proprio sicuri che sia sempre così? O con tale atteggiamento giurisprudenziale non si finisce per legittimare, piuttosto, anche trasferimenti punitivi, disciplinari vessatori e dinieghi ingiusti di progressione in carriera?
Se i vertici di tali istituzioni, come dimostrano talune inchieste, sono stati talvolta coinvolti in inchieste per gravissimi fatti, credo sia legittimo sospettare che anche dietro le carriere, i procedimenti disciplinari e i trasferimenti coatti possa esservi in alcuni casi una decisione non esclusivamente meritocratica e trasparente.
E allora, forse è il momento di iniziare a proteggere le forze dell’ordine anche sotto il profilo della legittimità dei provvedimenti, e di scandalizzarsi veramente dei tanti, allarmanti, suicidi, di cui non abbiamo spesso adeguata notizia, domandandoci il perché di tale crescente fenomeno e individuandone le cause e, se del caso, i responsabili.
venerdì 28 ottobre 2011
domenica 23 ottobre 2011
ADUNANZA PLENARIA GDF, IL COBAR PIEMONTE APRE IL DIBATTITO

ADUNANZA PLENARIA GDF, IL COBAR PIEMONTE APRE IL DIBATTITO: IL DOCUMENTO UNITARIO DELL’AQUILA NON SI TOCCA, DIVERSAMENTE CHIEDEREMO LA SMILITARIZZAZIONE
Guardia di Finanza
COMANDO REGIONALE PIEMONTE
Consiglio di Base di Rappresentanza
DELIBERA NR. 1/76/X
OGGETTO:Prossima assise plenaria della Rappresentanza Militare della Guardia di Finanza.
IL COBAR
PREMESSO che tutta la rappresentanza militare della Guardia di Finanza il 23 gennaio 2008 approvò a L’Aquila, per acclamazione, il documento “…PER UNA MODERNA RAPPRESENTANZA” col quale si chiedeva una riforma in senso sindacale per la tutela degli interessi del personale del Corpo;
CONSIDERATO che, con tale documento, è stata raggiunta una formula di compromesso tra le varie anime della rappresentanza e che questa linea di equilibrio, che una politica attenta dovrebbe immediatamente raccogliere in quanto segnale di senso di responsabilità, è quella necessaria per evitare la spaccatura: è la linea invalicabile del Piave!
LETTO il testo base in materia di “riforma della rappresentanza militare” proposto dal Relatore alla Commissione Difesa del Senato ed adottato a maggioranza;
LETTO il disegno di legge 3163, con primo firmatario il Presidente della Commissione Difesa della Camera, recante “Modifica all’articolo 37 del codice penale militare di pace, concernente la definizione di reato militare", teso ad allargare a dismisura le competenze della giurisdizione penale militare, nonché le condivisibili considerazioni in proposito del CoCeR contenute nella Delibera n. 03/184/10°;
LETTO il D.L.vo n. 66/2010 “Codice dell’Ordinamento Militare”, in particolare ove si limitano ulteriormente le libertà dei cittadini militari;
LETTE le diverse manovre economiche finanziarie, che hanno comportato gravi danni economici al personale del Corpo, e contro le quali, nell’attuale contesto non è possibile esercitare alcuna difesa dei diritti comunque acquisiti o chiedere il rispetto degli impegni assunti;
LETTA la Legge nr. 79/2010 recante “Norme in materia di nomina del Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza e di attività di concorso del medesimo Corpo alle operazioni militari in caso di guerra e alle missioni militari all'estero”, unica norma di sistema che interessa il Corpo ma che nulla incide sulle generali condizioni del personale;
LETTA la norma che ha previsto la specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei Vigili del Fuoco;
ATTESO che l’unico intervento legislativo finora realizzato in materia di rappresentanza militare ha riguardato due proroghe del mandato con motivazioni ritenute inconsistenti e che ne sarebbero assolutamente inaccettabili ulteriori;
CONSIDERATO che la condizione militare degli appartenenti alla Guardia di Finanza non comporterà alcun vantaggio rispetto ai colleghi delle Forze di Polizia civili senza riforme positive all’orizzonte, mentre si moltiplicano sempre più i tentativi e gli attacchi alle libertà ed alle progressioni economiche fin qui duramente conquistate dai colleghi che ci hanno preceduto, come evidenziato nella delibera di questo CoBaR nr. 3/63/X;
DELIBERA
di dare mandato ai delegati che rappresenteranno questo COBAR all’Assise plenaria, di esprimere il convincimento che, qualora il Parlamento e gli Stati Maggiori persistessero nell’atteggiamento di chiusura nei confronti della Rappresentanza Militare e dei diritti civili dei Finanzieri, l’unica strada da percorrere per raggiungere la reale tutela del personale sarebbe la smilihttp://www.blogger.com/img/blank.giftarizzazione del Corpo della Guardia di Finanza.
La presente delibera, approvata all’unanimità (assenti: Col. Borgia, App.sc. Pansitta), in data 12/10/2011, attesi i tempi previsti per l’adunanza, viene inviata direttamente al CoCeR ai sensi della vigente normativa.
http://www.ficiesse.it/home-page/5709/adunanza-plenaria-gdf_-il-cobar-piemonte-apre-il-dibattito_-il-documento-unitario-dell%E2%80%99aquila-non-si-tocca_-diversamente-chiederemo-la-smilitarizzazione
sabato 22 ottobre 2011
Manca la benzina alla polizia. Dal Pd arrivano 7mila euro

I parlamentari piemontesi consegnano i buoni per alleviare la carenza di carburante e garantire la sicurezza alla città di Torino
Un gruppo di parlamentari piemontesi del Pd ha consegnato questa mattina buoni benzina per 7.000 euro al questore di Torino con l’obiettivo di contribuire ad alleviare la carenza di risorse da destinare al carburante, denunciata dai sindacati di polizia. Il gesto è però rimasto solo simbolico: il questore ha spiegato infatti di non poter accettare i buoni per motivi tecnici e amministrativi.
Lo riferisce Anna Rossomando, che insieme a Stefano Esposito, Antonio Boccuzzi e Giorgio Merlo, più l’esponente dei Moderati Mimmo Portas, componeva la delegazione. L’iniziativa è partita da sette parlamentari (vi hanno aderito infatti anche Pietro Marcenaro e Francesca Ciluffo), che per acquistare i buoni si sono tassati di mille euro a testa.
Dall’incontro, spiega Rossomando, è emersa l’ipotesi di collaborare in altre forme, promuovendo la riattivazione di nuovi patti per la sicurezza che coinvolgano gli enti locali. I sette parlamentari solleciteranno i sindaci del torinese che intendono mobilitarsi e la Provincia di Torino.
«Il centrodestra - afferma Rossomando - utilizza la questione della sicurezza come propaganda, ma poi non fa nulla di concreto per garantirla. Per noi invece la sicurezza è un diritto che va garantito con azioni concrete. È necessario intervenire contro l’inerzia del Governo, il gesto di oggi ha avuto un valore simbolico ma vuole dimostrare la nostra vicinanza alle forze dell’ordine e il nostro interesse per le condizioni di lavoro in cui operano».
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/425967/
venerdì 14 ottobre 2011
RECENSIONE GASTRONOMICA
mercoledì 12 ottobre 2011
NUOVE PROSPETTIVE PER IL DIRITTO DEI MILITARI DI COSTITUIRE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI
C’è chi, maliziosamente, sostiene che il Codice dell’Ordinamento Militare prevede la facoltà, e non l’obbligo, per l’Amministrazione di esercitare il potere disciplinare nei confronti di chi svolge propaganda politica, in quanto l’esercizio di quel potere dipenderebbe dal partito a favore del quale viene svolta la propaganda.
SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Il superamento del monopolio della Corte Costituzionale sul sindacato delle leggi nazionali – 3. Conclusioni.
1. Introduzione
Come noto, il 13 dicembre 1999, il giorno in cui si ricorda la “Santa della luce”, i militari italiani videro calare il buio sulle loro legittime aspettative di riunirsi in associazioni liberamente costituite, alla pari di qualsiasi altro lavoratore. In quella data, infatti, la Corte Costituzionale con la sentenza nr. 449/99 ritenne legittimo il divieto imposto ai militari di costituire associazioni professionali
A lasciare più l’amaro in bocca, fu il travagliato iter che portò alla controversa sentenza.
Vale la pena ripercorrerlo sinteticamente.
Il Consiglio di Stato, dopo aver preso atto dei principi stabiliti, fino ad allora, dalla stessa giurisprudenza costituzionale, giunse a dichiarare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del divieto imposto ai militari “di costituire associazioni professionali a carattere sindacale”,
Di seguito si riassumono tali punti fermi, precedentemente, stabiliti dai Giudici delle leggi:
1. la pacifica manifestazione di dissenso dei militari non esula dai dettami costituzionali;
2. i reclami collettivi e le riunioni a carattere non sedizioso non sono illecite, anzi possono rappresentare un mezzo di promozione e di sviluppo in senso democratico dell’Ordinamento delle Forze armate;
3. l’espletamento di un mandato richiede un’indipendenza ed un’imparzialità che mal si conciliano con i condizionamenti derivanti dal vincolo di subordinazione gerarchica;
4. in nome della tutela dei valori della disciplina e della gerarchia non possono essere sacrificate le libertà fondamentali e la stessa democraticità dell'Ordinamento militare.
Preso atto di un tale orientamento della giurisprudenza costituzionale, il Consiglio di Stato giunse all’unica conclusione possibile, cioè che “NON SI RAVVISANO MOTIVI PLAUSIBILI PER SOPPRIMERE PER I MILITARI UNO TRA I DIRITTI COSTITUZIONALMENTE GARANTITI, DI CUI LO STESSO ART. 3 DELLA L. 382/78 PREVEDE SOLTANTO LIMITAZIONI NELL’ESERCIZIO”.
La Corte Costituzionale, dal canto suo, in premessa, non contraddisse i principi da lei stessa sanciti in precedenza. Al contrario, li rafforzò, spingendosi ad affermare:
1. “l’art. 52, terzo comma, della Costituzione parla di ordinamento delle Forze armate, non per indicare una sua (inammissibile) estraneità all’ordinamento generale dello Stato, ma per riassumere in tale formula l’assoluta specialità della funzione”….;
2. la normativa dell’Ordinamento militare “non è avulsa dal sistema generale delle garanzie costituzionali” ….;
3. “LA GARANZIA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DI CUI SONO TITOLARI I SINGOLI CITTADINI MILITARI NON RECEDE QUINDI DI FRONTE ALLE ESIGENZE DELLA STRUTTURA MILITARE; SI’ CHE MERITANO TUTELA ANCHE LE ISTANZE COLLETTIVE DEGLI APPARTENENTI ALLE FORZE ARMATE, AL FINE DI ASSICURARE LA CONFORMITA’ DELL’ORDINAMENTO MILITARE ALLO SPIRITO DEMOCRATICO”.
Dopo tali premesse, la Corte fece un clamoroso dietrofront e dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, primo comma, della legge 382/78, ritenendo legittimo il divieto imposto ai militari di costituire associazioni professionali.
I giudici delle leggi ritennero che “la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8, nella parte denunciata, aprirebbe inevitabilmente la via ad organizzazioni la cui attività potrebbe risultare non compatibile con i caratteri di coesione interna e neutralità dell’ordinamento militare”. Giunsero a tali conclusioni, dopo aver affermato che “rileva nel suo carattere assorbente il servizio, reso in un ambito speciale come quello militare (art. 52, primo e secondo comma, della Costituzione)”.
Chi scrive ritiene che la Corte abbia espresso un giudizio di valore; ovvero, abbia attribuito giuridicità a ciò che è solamente un’opinione.
La Corte, a sostegno delle sue tesi, infatti, afferma che “il legislatore ha sì riconosciuto una circoscritta libertà sindacale alla Polizia di Stato, ma ciò ha disposto contestualmente alla smilitarizzazione di tale Corpo, il quale ha, oggi, caratteristiche che lo differenziano nettamente dalle Forze armate”.
Da una simile affermazione sembrerebbe derivare che il riconoscimento del diritto sindacale per la Polizia di Stato è avvenuto solo a seguito della perdita del requisito di “specialità”, avvenuta con la smilitarizzazione.
Ma un’attenta riflessione sulla natura giuridica dei due ordinamenti avrebbe dovuto condurre la Corte a conclusioni diametralmente opposte.
Il Giudice Costituzionale, infatti, ha ignorato completamente l’art. 3, 1° comma della L. 181/81, a mente del quale “L’Amministrazione della Pubblica Sicurezza è civile ed ha un ordinamento speciale”. In altre parole, la Corte ha ignorato che sia la Polizia di Stato che le forze di polizia militarmente organizzate e le FF.AA. hanno un ordinamento “speciale” finalizzato allo svolgimento di un servizio “speciale”.
Ora come allora, non si può non condividere il pensiero della dottrina più attenta a tali problematiche, secondo la quale “il riconoscimento del diritto per gli appartenenti alle Forze armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA “SPECIALITA’” DEL SERVIZIO, NE’ CON LA COESIONE INTERNA E LA NEUTRALITA’ DELL’ORDINAMENTO MILITARE …. Si può tranquillamente affermare che mentre il Consiglio di Stato, con la questione di legittimità costituzionale sollevata, ha motivato le ragioni giuridiche dell’incostituzionalità dell’art. 8, 1° co. L. n. 382 cit., la Corte Costituzionale si è sottratta ai suoi compiti, ricorrendo, per giustificare la propria decisione, a ragioni che giuridiche non sono” (Prof. S. Riondato).
La Corte, negando ai militari il diritto di costituire associazioni professionali, ha creato le condizioni affinché “i valori della disciplina e della gerarchia si avvantaggino di un eccesso di tutela in danno delle libertà fondamentali e della stessa democraticità dell’Ordinamento delle FF.AA.”; circostanza che la stessa Corte, in altra occasione, aveva inteso scongiurare, probabilmente perché foriera di pericoli di diversa natura.
Una cosa è vietare l’esercizio del diritto di sciopero, ben altra cosa è vietare l’esercizio del diritto di costituire associazioni professionali.
Se è fuor di dubbio che il primo diritto, se abusato, potrebbe incidere sulla coesione interna e neutralità dell’ordinamento militare, non si può escludere che la negazione del secondo, non stia già incidendo sul concetto di giustizia e legalità, influenzando i principi di efficienza, trasparenza e buon andamento di così vitali apparati dello Stato.
2. Il superamento del monopolio della Corte Costituzionale sul sindacato delle leggi nazionali
La legittimità del divieto imposto ai militari di costituire associazioni professionali, di cui al paragrafo precedente, fortunatamente, è storia passata, in quanto superata dalla normativa europea.
Nell’anno 2001, infatti, una riforma costituzionale ha stabilito che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario” (art. 117, 1°comma, Cost.).
Da allora, il diritto europeo ha acquisito una forza sempre più penetrante rispetto alle fonti nazionali.
Alle fonti comunitarie, infatti, è stata riconosciuta una efficacia tale da prevalere non solo sulle leggi interne, ma anche sulle norme nazionali di rango costituzionale, mediante la diretta applicazione da parte dei giudici comuni.
Una tale intrusione del diritto ultranazionale nell’ordinamento giuridico dei singoli Paesi membri ha modificato la collocazione gerarchica delle fonti normative, ma soprattutto l’equilibrio dei poteri di controllo sulle leggi nazionali. Si è aperta per il giudice nazionale comune la possibilità di sbrigliarsi dal giogo della Corte Costituzionale con la possibilità di disapplicare le leggi nazionali che sono in contrasto con il diritto comunitario. Cosa che qualche decennio fa era impossibile, a causa del disposto dell’art. 134 Costituzione.
La vera svolta, però, è avvenuta il 01 dicembre 2009, quando è entrato in vigore il Trattato di Lisbona. Il Trattato di Lisbona ha recato importanti modifiche all’art. 6 del Trattato dell’Unione europea sul rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini europei.
Il primo paragrafo del Trattato di Lisbona riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza).
In particolare al par. 1 si afferma che: “L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”.
E’ a tutti evidente il diverso valore giuridico che viene ad assumere la Carta di Nizza a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il quale ha rafforzato la tutela all’interno dei singoli Paesi dei diritti fondamentali, attribuendo alla Carta di Nizza il medesimo valore giuridico dei trattati.
La carta di Nizza, acquisendo “lo stesso valore giuridico dei trattati”, diviene diritto comunitario e comporta tutte le conseguenze, in termini di prevalenza sugli ordinamenti nazionali. In altre parole, a seguito del Trattato di Lisbona, una legge interna che contrasta con una norma della Carta di Nizza ben potrà essere disapplicata dal giudice comune nazionale; il quale è, pertanto, tenuto a dare applicazione diretta al diritto dell’Unione, di cui sospetta il contrasto con un diritto fondamentale, sancito sia nella CEDU che nella Carta di Nizza, in base al principio, fondato sull’art. 11 Cost. secondo cui “le norme di diritto comunitario sono direttamente operanti nell’ordinamento interno”.
L’ovvia conseguenza di questa rivoluzione copernicana è l’ampliamento sia della libertà di manovra dei giudici comuni nazionali che del patrimonio dei diritti dei singoli cittadini europei.
A seguito di tale modifica, che ha spostato in avanti i confini dei giudici nazionali, le prese di posizione da parte della giurisprudenza dei singoli Paesi membri non si sono fatte attendere.
Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza nr. 1220/2010, per esempio, ha affermato che, le disposizioni della CEDU sono “divenute direttamente applicabili nel sistema nazionale”. L’affermazione, è stata ripresa ed amplificata dalla giurisprudenza successiva di alcuni TAR.
Il TAR Lazio, sez. II, per esempio, in una rivoluzionaria sentenza, la nr. 11984/2010, ha affermato che “fra le più rilevanti novità correlate all’entrata in vigore del Trattato [di Lisbona], vi è l’adesione dell’Unione alla CEDU”, cui va ad aggiungersi la riformulazione della disposizione per cui i diritti fondamentali, quali garantiti dalla CEDU e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, “fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali” (art. 6, par. 3, TUE). Ne deriva, a mente del TAR Lazio, che “le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati (…), e quindi nel nostro ordinamento nazionale, in forza del diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi dell’art. 11 della Costituzione”. Lo stesso TAR conclude, affermando che al giudice comune si dà il potere “di procedere in via immediata e diretta alla disapplicazione (delle leggi statali contrastanti) in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell’accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno”.
Come se non bastasse, è giusto il caso di evidenziare che nei primi 18 mesi di vigenza del Trattato di Lisbona, si possono rinvenire almeno sessanta decisioni della Corte di Cassazione (sia civili che penali) che contengono un riferimento alla Carta di Nizza. Spiccano quelle in tema di danni da demansionamento. In esse si impone al giudice del rinvio di ispirarsi anche al principio consacrato dall’articolo 1 della Carta, a mente del quale “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”. Si badi bene, l’art. 1 della Carta non tratta in maniera diretta dei danni da demansionamento, eppure viene invocato.
3. Conclusioni
A questo punto, parafrasando un noto politico, ci si chiede: “Ma che c’azzecca tutto il ragionamento fin qui fatto con il superamento della sentenza 449/99 e segnatamente con la libertà di riunione e di associazione dei cittadini europei militari residenti in Italia?”Si riporta, di seguito, prima il testo dell’art. 1475 del Decreto Legislativo nr. 66/2010 e, subito dopo, quello l’art. 12 della Carta di Nizza, la quale risponde alla necessità di definire un gruppo di diritti e di libertà di eccezionale rilevanza che fossero garantiti a tutti i cittadini dell’Unione, nessuno escluso.
Articolo 1475 del D.Lgs 66/2010 - LIMITAZIONI ALL’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ASSOCIAZIONE E DIVIETO DI SCIOPERO1. La costituzione di associazioni o circoli fra militari è subordinata al preventivo assenso del Ministro della difesa.
2. I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali.
3. I militari non possono aderire ad associazioni considerate segrete a norma di legge e a quelle incompatibili con i doveri derivanti dal giuramento prestato.
4. I militari non possono esercitare il diritto di sciopero.
Articolo 12 della Carta di Nizza - LIBERTA’ DI RIUNIONE E DI ASSOCIAZIONE1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
2. I partiti politici a livello dell’Unione contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione”.
Com’è evidente, il contrasto tra la norma statale ed il diritto comunitario è talmente chiaro che non ammette alcuna possibilità d’interpretazione, a meno che non si voglia sostenere che i militari non sono individui. La lettera della norma non offre lo spunto per elaborazioni che consentano di esprimere giudizi di valore, né il pretesto per attribuire valore giuridico a delle opinioni prive di tale carattere.
E’ giusto il caso di ricordare, prima delle conclusioni, che “la partecipazione a riunioni o manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, o lo svolgimento di propaganda a favore o contro partiti, associazioni politiche o candidati ad elezioni politiche e amministrative”, PUO’ESSERE PUNITA CON LA CONSEGNA DI RIGORE, ai sensi dell’art. 751, punto 10, DPR 90/2010. Si badi bene, la consegna di rigore, nell’Ordinamento militare, è sinonimo di arresti domiciliari, a seguito di un giudizio sommario da parte di un organo privo del requisito di terzietà e, per giunta, in assenza di un difensore abilitato; è sinonimo, altresì, di carriera certamente devastata e rischi per la conservazione del posto di lavoro.
C’è chi, maliziosamente, sostiene che il Codice dell’Ordinamento Militare prevede la facoltà, e non l’obbligo, per l’Amministrazione di esercitare il potere disciplinare nei confronti di chi svolge propaganda politica, in quanto l’esercizio di quel potere dipenderebbe dal partito a favore del quale viene svolta la propaganda (“A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina” - G. Andreotti). Se così fosse, la norma rappresenterebbe una grave minaccia per la democrazia del nostro Paese, che andrebbe contrastata con gli strumenti offerti dall’Ordinamento.
In conclusione. Se la legittimità del divieto imposto ai militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale fosse nuovamente presa in esame dalla Corte Costituzionale, i Giudici delle leggi non potrebbero ignorare il disposto dell’art. 12 della Carta di Nizza; ciò nel caso in cui non sia direttamente il Consiglio di Stato a procedere alla disapplicazione della norma in contrasto con il diritto europeo.
Cleto IAFRATE