Il diritto costituzionale è purtroppo come un chewing-gum
di Cesare Maffi
Per quanto dalla Corte costituzionale si siano premurati di dare smentita con ovvia secchezza, conteggi e previsioni sui voti dei singoli giudici costituzionali nei confronti dell'ammissibilità dei referendum elettorali continuano a sprecarsi nel mondo politico. Proprio quelle che a palazzo della Consulta sono definite «fantasiose illazioni» (correttezza linguistica avrebbe voluto che si fossero dette «congetture» o «supposizioni») sono correnti nel mondo politico.
Le voci sulla possibile collocazione di Tizio e Caio sono ben più numerose, e perfino ricche di testimonianze dirette, di quanto non si siano profusi alcuni giornali, dal Corriere alla Repubblica, nei propri schemini.
Va, semmai, specificato che, nel corso delle settimane, le previsioni sono mutate più volte. Nell'autunno scorso, pochi reputavano possibile che i referendum ottenessero il via libera dei giudici costituzionali. Poi, man mano ci si avvicinava al giorno della decisione, è cresciuto il favore attribuito, invece, all'ammissibilità di una delle due proposte referendarie (le differenze fra i due quesiti sono esclusivamente formali, concepite proprio per superare le possibili obiezioni). Anzi, possiamo dire che intorno a Natale le ipotesi parevano convergere sulla chiamata alle urne referendarie per la primavera.
Poi, nel breve volgere di una settimana, ecco spuntare invece un teorico orientamento per il no. Ovviamente gli orientamenti dei singoli giudici erano, di volta in volta, individuati con un eccesso di semplificazione, cosicché allo stesso magistrato venivano, nel volgere dei mesi, attribuite posizioni mutevoli e anzi contraddittorie.
Va detto che le dotte dissertazioni finora emerse sulla reviviscenza o meno della precedente legge, detta mattarellum, hanno confermato che nel diritto costituzionale non v'è nulla di scontato. Le posizioni politiche prevalgono spesso su considerazioni schiettamente giuridiche, mentre le questioni, più sono intricate, più permettono di sottilizzare, coprendo con elucubrate riflessioni i fini immediati e concreti.
Sarà poi
curioso segnalare che sono tornate alcune voci concernenti i possibili
gradimenti del Quirinale, , sull'esito del pronunciamento della Corte.
Va rammentato che, quando palazzo della Consulta bocciò il referendum
sulla smilitarizzazione della Guardia di finanza, si sprecarono, da
destra e da sinistra, le polemiche sul supposto intervento dell'allora
presidente Oscar Luigi Scàlfaro, che avrebbe portato a mutare opinione
due giudici costituzionali, presidente della Corte compreso, cosicché
dall'ammissibilità la Corte sarebbe inattesamente passata
all'inammissibilità.
Attualmente, le voci si limitano a rilevare
una concordanza di pareri tra il relatore Sabino Cassese e i soliti
«ambienti del Quirinale» avvalorando l'ipotesi di una decisione
contraria all'ammissibilità, ma motivata con riferimenti a elementi di
dubbia costituzionalità nella legge istitutiva del porcellum. D'altra
parte, tali elementi la Corte non aveva già mancato di farli rilevare.
Ricordiamo, infatti, quanto scritto con chiarezza nella sentenza n. 15
del 2008, su «aspetti problematici di una legislazione che non subordina
l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una
soglia minima di voti e/o di seggi».ItaliaOggi Numero 008 pag. 5 del 10/1/2012
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