
15/07/2008 - È il 13 maggio del 1991 quando la Gazzetta Ufficiale pubblica il testo del decreto 152, convertito in legge due mesi dopo, dal titolo “Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”. A firmarlo il presidente della Repubblica Cossiga, su proposta dell’allora presidente del consiglio, Giulio Andreotti, di concerto con il ministro dell’Interno, Vincenzo Scotti, quello di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, oltre ai ministri Formica, Carli e Prandini, rispettivamente alle Finanze, al Tesoro e ai Lavori Pubblici.L’“urgenza”, riportata nel titolo del provvedimento, suona oggi come una beffa. Ancora di più il richiamo alla “trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”, viste le lungaggini amministrative che riguardano, a distanza di diciassette anni, le due palazzine di via Gaidano 103. Betoniere, macchine movimento terra e operai inizieranno i lavori a Mirafiori solo dieci anni dopo. L’appalto è stato assegnato nel 1999 alla “Cooperativa Acacia”, con regolare gara e stipula di una convenzione tra il Ministero delle Infrastrutture e il Comune di Torino.Nel 2003 le palazzine sono pronte, completate in ogni loro parte ma i primi nodi vengono al pettine solo nel 2005 quando il collaudo preliminare rivela che mancano ancora alcuni elementi strutturali e ulteriori integrazioni ai lavori già svolti. Soltanto nel 2007 una secondo collaudo sancirà definitivamente quello che è, ad oggi, il destino dei novantasei appartamenti destinati agli uomini dell’antimafia. Bloccando il passaggio di proprietà al Comune di Torino e all’Atc. Troppi i lavori da rifare, troppe le spese da sostenere per consegnare in affitto o mettere in vendita quegli alloggi di cui nessuno sembra volersi fare carico.
TORINO 15/07/2008 - Fatti, finiti e mai assegnati. Come nella migliore tradizione italiana degli sprechi colossali e delle contorte lungaggini burocratiche, la vicenda dei novantasei appartamenti di via Gaidano 103 non sembra destinata ad avere una soluzione. Dal Senato agli uffici della Prefettura, dall’Atc, al Comune di Torino, negli ultimi cinque anni la patata bollente è passata di mano in mano. Approdando anche tra i faldoni della Corte dei Conti che tenterà ora di fare chiarezza su una vicenda che, di anno in anno, si complica sempre di più.DIVORATE DAL DEGRADO Via Gaidano, all’alba, è semideserta. Le uniche auto che accendono il motore sono quelle degli impiegati e degli operai che si recano al lavoro. Il paesaggio attorno alle palazzine, non fosse per il sole appena spuntato, è spettrale. L’accesso è libero, la sorveglianza inesistente. Per entrare si passa dai sotterranei o dal cortile. Lì sono accatastati sacchi di cemento e rotoli di enormi tubi di plastica, come se il cantiere fosse ancora in piena attività, a un passo dalla conclusione dei lavori. Le erbacce crescono a dismisura tra i mattoncini dei vialetti d’accesso. Dal soffitto dei garage penzolano neon e cavi dell’elettricità, fatti a pezzi. Centraline e salvavita semidistrutti accumulano polvere nel sottoscala. Stesso destino per i campanelli e le pulsantiere degli ascensori, del tutto rimossi o semplicemente vandalizzati. Di alcune delle porte a vetri, delle finestre e dei portoncini d’ingresso, resta soltanto il ricordo. I lampioni, mai accesi, sono scardinati dal terreno e inclinati a forza di calci. Le porte di alcuni alloggi portano invece le tracce dei numerosi tentativi di occupazione, mentre ad altre non è stato nemmeno tolto il cellophane. Ringhiere e cancelli arrugginiscono da anni.SPRECO MONUMENTALE Uno spreco da oltre tre milioni e ottocentomila euro. Soldi provenienti dai fondi ministeriali che hanno finanziato le due palazzine fantasma all’interno di un programma straordinario di edilizia «da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio». Così recita il decreto legge 152 articolo 18. Peccato, però, che in quelle case gli agenti dell’antimafia non siano mai arrivati. Nonostante la lista d’attesa per l’assegnazione di una casa agli uomini delle forze dell’ordine superi, da tempo, le trecento richieste.CALDAIE E GARAGE DA RIFARE Parte del mistero di via Gaidano verrebbe chiarito dalle valutazioni per il collaudo, dalle carte bollate in mano agli avvocati delle imprese che hanno messo mano ai lavori. Negli appartamenti, completi di tutto, mancherebbero soltanto le caldaie. Installarle, ora, sarebbe assolutamente inutile. Almeno secondo quella che, da un anno e mezzo a questa parte, è la normativa in materia che costringerebbe l’eventuale assegnatario - Atc o Comune di Torino, passando per la Prefettura che dovrà stabilire a chi consegnare le chiavi degli appartamenti - a metter mano alla cassa per la creazione di un impianto di riscaldamento centralizzato e l’installazione di pannelli solari termici per la produzione dell’acqua calda. Niente caldaie, insomma, ma oneri di riprogettazione e ristrutturazione che si aggirano attorno agli 800mila euro. Spese delle quali, naturalmente, nessuno vuol farsi carico. Altra gatta da pelare la pendenza delle rampe d’accesso dei garage e dei sotterranei, sbagliata sulle carte del progetto e nell’esecuzione dei lavori. Proprio quei sotterranei dai quali, scavalcato il cancello di ingresso, si può accedere ai piani delle palazzine. Monumento allo spreco.
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