martedì 29 luglio 2008

Morire a 20 anni....


Atroce destino per Daniele Iannotta, figlio di un Brigadiere Capo della Guardia di Finanza in servizio a Piedimonte Matese.
Una morte atroce e oltremodo assurda quella che ha visto la giovane vita di Daniele Iannotta (nella foto) poco più che 20enne spezzarsi. Il ragazzo era molto ben voluto in paese, così come l’intero suo nucleo familiare, tra cui il papà Franco Brigadiere Capo della Guardia di Finanza in servizio a Piedimonte Matese era conosciuto e stimato da tutti. Ancora da chiarire bene quanto occorso al giovane 20enne, ma più o meno i fatti sono andati così. Il giovane Daniele, da poco aveva aperto un negozietto a Vairano Patenora di frutta e verdura e quindi, per renderlo più accattivante amava girare per la provincia e la regione anche con l’intento di trovare oggettistiche particolari e meglio abbellire la sua nuova attività. Sabato pomeriggio si era recato a Napoli per fare compere e verso sera, mentre stava rientrando alla Stazione per prendere il treno, parrebbe sia stato fermato da un gruppo di balordi che lo hanno ripulito di tutto, soldi e telefonino. Solo nella serata di sabato, i carabinieri di Arzano avvertivano il papà di Daniele, cioè Franco Sottufficiale della GdF, il quale immediatamente si recava proprio sul luogo ove avvenuto il presunto pestaggio a scopo di rapina. Interveniva anche l’ambulanza che trasportava il ferito all’ospedale San Giovanni di dio di Frattamaggiore, laddove i sanitari provvedevano ad esperire tutti gli accertamenti del caso. In ogni caso verso le quattro di ieri mattina, Daniele Iannotta pareva essersi ripreso, tant’è che era comunque abbastanza lucido e riusciva ad interagire con suo padre che lo riaccompagnava a casa a Vairano Patenora. Ieri mattina, il padre del giovane Daniele, verso le sette dava un ulteriore occhiata al figlio che intanto stava dormendo nel letto suo di casa e la situazione pareva sotto controllo. Purtroppo però intorno alle dieci, in maniera repentina, le condizioni del giovane Daniele si aggravavano, poiché secondo anche quanto si evince dal referto del medico stilato nell’occasione, il cuore del giovane non ha retto alla sequela di violenza che dei barbari assassini gli avevano gratuitamente scatenato addosso e quindi moriva tra le braccia dei suoi genitori, letteralmente distrutti dal dolore immane per la perdita del loro amato figlio. E’ inutile affermare che appena si è sparsa la voce della tragedia occorsa a Daniele Iannotta, tutto il paese si è mobilitato e soprattutto la notizia ha lasciato sgomenti un’intera cittadinanza. Arrivavano a Vairano Patenora anche i vertici della Guardia di Finanza di Piedimonte matese, con in testa il Luogotenente Liberato Liliano e i Marescialli Aiutanti Giacomo Federico e Nicola Goglia, da anni in servizio con il loro collega. I funerali si svolgeranno oggi pomeriggio alle 17.00 e saranno presenti anche gli Ufficiali della Finanza provenienti dal capoluogo Caserta, atteso che Iannotta era ben voluto da tutti i suoi Superiori, anch’essi sconvolti per la tragedia.
FONTE: CORRIERE DI CASERTA




Devo dire che la notizia, appresa da Internet, mi ha molto colpito nel profondo del mio cuore... vuoi perchè ha colpito un collega... vuoi per la gratuità della violenza... vuoi perchè sono padre anche io... e mai.. dico mai.. vorrei trovarmi a dover piangere un figlio in giovane età per una morte così assurda....


Esprimo il mio sgomento per quello che è successo, un saluto commosso a Daniele e un fraterno abbraccio al papà e alla famiglia.

Spero che la Giustizia punisca con severità i delinquenti che si sono macchiati di questa ripugnante vigliaccata.

Ex Alto Fulgor

Poveri poliziotti o poliziotti poveri?? - (dalla prima pagina di "Torino Cronaca qui " del 29 luglio 2008)


TORINO 29/07/2008 - Vigilano sulla nostra sicurezza. Eppure, guadagnano meno di un maestro elementare. Per i poliziotti, parlare di allarme povertà non è più un tabù. Perché di questo si tratta, quando si è costretti a tirare avanti con una busta paga che in un caso su due non supera i 1.200 euro al mese. L’indagine condotta dall’Ugl Polizia fotografa in modo impietoso una questura sull’orlo del baratro, con agenti strangolati da debiti e mutui, costretti addirittura ad allontanarsi dagli affetti più cari per non far gravare i costi familiari sul loro striminzito bilancio mensile. Esattamente come accade per i vigili del fuoco, le guardie carcerarie e quelle forestali. «E la nostra società non può permettere che a impoverirsi sia chi detiene e esercita un potere», sottolinea il vicesegretario dell’Ugl Luca Pantanella. Perché un poliziotto che non arriva a fine mese è un poliziotto demotivato. Perché un poliziotto che non arriva a fine mese è un poliziotto a rischio corruzione. E l’Italia è il secondo paese europeo più esposto al dilagare delle “bustarelle”.

Come un operaio
Il contratto nazionale degli operatori di Ps parla di una retribuzione lorda annua di 15.776, 78 euro. In soldoni, chi ogni giorno rischia la vita sulle strade si ritrova in tasca poco più di 1.200 euro. E questo accede per il 61 per cento degli agenti intervistati dall’Ugl. Soltanto nel 27 per cento si raggiunge la soglia dei 1.500. E un risicato 12 per cento può ambire a un’entrata mensile di 1.800 euro. Che è poi quella di un impiegato di fascia bassa della pubblica amministrazione. Un assunto che porta con sé una sfilza di corollari che sono poi quelli dell’allarme povertà. Uno su tutti: l’81 per cento dei poliziotti si è rivolto a una finanziaria per fare ricorso a qualche forma di credito al consumo. E più di uno su due (il 51 per cento) ha chiesto un prestito per far fronte a debiti contratti in precedenza. Di conseguenza, solo il 36 per cento degli agenti è proprietario del proprio alloggio, quasi sempre acquistato (e qui la percentuale è addirittura del 93 per cento) con i soldi garantiti da un mutuo. Finanziamento che per 9 uomini su 10 incide per più di metà del proprio stipendio. Non c’è quindi da stupirsi se ancora oggi - e siamo nel 2008 - un poliziotto su tre chiama “casa” la propria caserma. Solo il 18 per cento degli agenti si dice quindi contento della propria retribuzione. Ma l’altra faccia della medaglia è una passione che travalica qualunque ristrettezza economica. Il 62 per cento, infatti, si dice soddisfatto della propria mansione e il 68 di essere un agente.

Famiglie strangolate
Indossare la divisa della polizia non significa solo mettere a repentaglio la propria vita. Vuol dire anche gettare sul piatto la propria vita privata. Mogli, mariti o figli che magari vivono sull’altro capo della penisola. Matrimoni immolati sull’altare del dovere di servizio, con una percentuale di divorzi che raggiunge il 47 per cento. E non a caso, l’82 per cento degli intervistati alla domanda «Qual è stata la principale causa del suo divorzio» ha risposto: «Il lavoro». E non si parla solo di turni massacranti e di una tensione che non passa mai. In quella risposta c’è anche - e soprattutto - uno stipendio così basso da precludere qualunque progetto di vita coniugale. Il 52 per cento delle famiglie degli agenti si riuniscono solo nei fine settimana o durante le licenze, perché il componente in divisa lavora in una regione diversa da quella di origine. Scritto da: Paolo Varetto - varetto@torinocronaca.it

mercoledì 23 luglio 2008

Le forze di Polizia ... i nuovi poveri - (dalla prima pagina de "La Stampa" del 23 luglio 2008)


Le forze di polizia sono vittime dei bassi salari e di un eccessivo ricorso al credito al consumo, così come tanti altri lavoratori che soffrono della crisi economica in atto. Il 61% dei dipendenti che si occupano della sicurezza dello stato vive infatti con meno di 1.200 euro al mese e l’81% di loro ha impegnato parte dello stipendio per comprare beni e servizi a rate. Il 51%, invece, ha avviato procedure per il consolidamento del debito.

Sono questi alcuni dei dati emersi dal Rapporto sulle condizioni socio-economiche delle forze di polizia elaborato dal Coordinamento per le politiche per la sicurezza dell’Ugl. Novemila gli intervistati (il 92% proviene dal centro-sud) tra Polizia di stato, Corpo forestale, Polizia penitenziaria e corpo dei Vigili del fuoco. Il dato è allarmante: «In questa situazione è in pericolo anche l’integrità morale dei nostri lavoratori, a cui è vietato fare un secondo lavoro», ha evidenziato Renata Polverini, segretario dell’Ugl, nel corso della presentazione dei dati. L’82% degli intervistati non è soddisfatto del proprio stipendio, «inferiore del 50% rispetto a quello percepito da un agente francese».

Un altro dato preoccupante è l’invecchiamento delle forze dell’ordine: l’età media, infatti, si aggira attorno ai 40 anni. Ancora, i problemi che riguardano la mobilità: gli agenti sono spesso costretti a vivere lontani dalle famiglie, perchè lo spostamento non è sempre assistito con strutture messe a disposizione e lo stipendio è troppo basso per affittare una casa. Il 64% non è, infatti, proprietario della casa in cui vive, ma il 93% ha acceso un mutuo e per il 91% degli intervistati questo incide di oltre la metà sul reddito. Anche per questo motivo l’82% dichiara che il lavoro, con i suoi ritmi, le sue esclusioni dalla vita sociale, è la causa principale del proprio disastro familiare e l’81% farebbe più figli se avesse la possibilità di avere maggiori infrastrutture su cui poter contare.

«Abbiamo creduto in un programma elettorale, ma i provvedimenti finora intrapresi dimostrano che gli investimenti in questo campo non sono quelli preventivati, come la mancata defiscalizzazione degli straordinari - ha aggiunto la Polverini - e vengono effettuati dei tagli dallo Stato proprio in un momento in cui è scarsa la sicurezza soprattutto nelle grandi città e nelle aree del nord del paese, a causa dei flussi migratori non controllati».

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200807articoli/35020girata.asp

martedì 22 luglio 2008

RICORSO COLLETTIVO SUI BENEFICI ECONOMICI DA NASCITA FIGLI


BENEFICI ECONOMICI DA NASCITA FIGLI, RICORSO COLLETTIVO DE "LA RETE LEGALE" AL TAR LAZIO. COSTO PER I SOCI FICIESSE: 40 EURO. TERMINE PER LA DOCUMENTAZIONE A ROMA: 15.10.2008




Dopo gli approfondimenti pubblicati ieri e il 23 maggio scorso su questo sito, La Rete Legale ha dato notizia del ricorso collettivo al Tar Lazio per ottenere il riconoscimento dei benefici economici da nascita di figli (pari a uno scatto stipendiale per ciascun figlio) al personale in servizio e in congedo della Guardia di finanza.

Il costo del ricorso è stato fissato, a titolo definitivo, per i soci Ficiesse in 40 euro.

Per scaricare la scheda di adesione, la procura alle liti e i dati per il versamento allo Studio legale incaricato bisogna collegarsi al sito http://www.laretelegale.it/.

Riportiamo di seguito l'avviso di ricorso pubblicato sul sito de La Rete Legale.

DA LARETELEGALE.IT

NASCITA FIGLI, RICORSO COLLETTIVO AL TAR LAZIO PER PERSONALE NON DIRIGENTE IN SERVIZIO E IN CONGEDO DELLA GDF

La nota del Comando Generale GDF n. 0167471/08 del 22.05.2008 ha affermato che i benefici economici per la nascita di figli (uno scatto stipendiale per ciascun figlio dal momento della nascita) si applicano soltanto in favore del ruolo dirigenti e non agli altri ruoli. Per rimuovere tale evidente disparità di trattamento, La Rete Legale organizza un ricorso collettivo al TAR Lazio per dipendenti della Guardia di finanza, in servizio e in congedo, che hanno avuto figli e ai quali vengono negati gli scatti dovuti. Costo della partecipazione al ricorso per soci e sostenitori de La Rete Legale e per i soci Ficiesse: 40 euro. Termine per l’invio della documentazione a Roma: 15 ottobre 2008.

(16 luglio 2008)

1) MOTIVI E SCOPO DEL RICORSO

L’art. 22 del R.D.L. 21.08.1937, n. 1452, così come modificato dalla legge 03.01.1939,n.1, prevede che “Nei riguardi dei dipendenti delle Amministrazioni statali, comprese quelle ad ordinamento autonomo, forniti di stipendio, paga o retribuzione suscettibile, secondo le disposizioni vigenti, di aumenti periodici, il periodo in corso di maturazione alla data di nascita di un figlio si considera compiuto dal 1° del mese in cui avviene la nascita, se questa si verifica entro il giorno 15 e in caso diverso dal 1° del mese successivo”.
Dal 1° gennaio del 1987, in coincidenza con la sostituzione del sistema di progressione economica basato sugli scatti con quello basato sulla Retribuzione Individuale di Anzianità (R.I.A.), l’Amministrazione della Guardia di finanza ha sospeso il riconoscimento e la corresponsione dei benefici di cui sopra.
Con parere n.742/1992, il Consiglio di Stato ha già avuto modo di chiarire che la disposizione sopra riportata ed i benefici dalla stessa previsti non sono stati superati dal nuovo sistema stipendiale introdotto nel 1987, precisando anche come, nel mutato contesto, possa e debba procedersi al calcolo di quei benefici.

(Per un approfondimento sul tema si rinvia agli articoli dal titolo:
- “I cosidetti benefici convenzionali (combattentistici, missioni Onu, demografici e per causa di servizio) collegati al sistema di calcolo stipendiale per classi e scatti: la risposta de La Rete Legale”;
- “Prima risposta del Comando Generale della Guardia di Finanza sui benefici economici c.d. demografici per nascita dei figli”
pubblicati rispettivamente in data 20.05.2006 e in data 16.07.2008 sui siti internet http://www.laretelegale.it/ e http://www.ficiesse.it/.)

Nonostante ciò, l’Amministrazione della Guardia di finanza continua a ritenere che il nuovo sistema stipendiale (ulteriormente modificato con l’introduzione dei parametri) non sia compatibile con il mantenimento dei benefici di cui sopra, in quanto, ad avviso della medesima Amminiostrazione e diversamente da quanto affermato nel citato parere del Consiglio di Stato, “requisito inderogabile per l’attribuzione del beneficio in parola risulta essere una progressione economica articolata in periodici aumenti biennali” (v. nota Comando Generale GDF, I Reparto – Ufficio Trattamento Economico Personale in Servizio, prot. 0167471/08 in data 22.05.2008).
I ricorsi collettivi promuovendi sono finalizzati all’accertamento del diritto di coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’art.22 del R.D.L. n.1452/1937 (ossia, COLORO CHE, NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI, HANNO AVUTO UNO O PIÙ FIGLI) a percepire i benefici (UNO O PIÙ SCATTI STIPENDIALI, A SECONDA DEL NUMERO DI FIGLI AVUTI) dallo stesso previsti e la conseguente condanna della Amministrazione al loro pagamento.

2) CHI PUÒ ADERIRE

Possono aderire tutti coloro che, negli ultimi 4 anni e 9 mesi (occorre tenere conto dei tempi tecnici di avvio del ricorso, peraltro irrilevanti nel caso in cui si sia già fatta istanza per ottenere i benefici di che trattasi) abbiano avuto uno o più figli.
ATTENZIONE: i ricorrenti devono essere soci o sostenitori di La Rete Legale (informazioni sull’iscrizione nel menù di sinistra del sito www.laretelegale.it), oppure soci dell’Associazione Ficiesse.


3) QUANTO COSTA

Il contributo di adesione al ricorso al TAR è di EURO 40,00 ed è a titolo definitivo, cioè non sarà più chiesto alcunché.


4) COME ADERIRE

Si aderisce all’iniziativa:
1) compilando e sottoscrivendo la scheda di adesione;
2) rilasciando la procura ad litem;
3) effettuando un bonifico di 40 euro a favore dello Studio legale che ha ricevuto l’incarico;
4) facendo pervenire il tutto entro il 15 ottobre 2008 PER POSTA indirizzata a “La Rete Legale”, c/o Associazione Ficiesse, via Palestro n. 78, 00165 Roma, o anche tramite CONSEGNA A MANO (in questo caso previo appuntamento telefonico da richiedere ai numeri 06.4742965, 340.2813453 e 340.2993001) unitamente a:
- la ricevuta del bonifico eseguito;
- una copia di un documento di identità e del codice fiscale;
- un certificato di stato di famiglia, dal quale risulti la nascita e la relativa data del o dei figli avuti;
- eventuali istanze interruttive della prescrizione aventi data certa (es.: protocollo di ricevimento o avviso di ricevimento della raccomandata da parte dell’Amministrazione).

Scarica la scheda di adesione
Scarica la procura alle liti
Scarica gli estremi del versamento allo Studio legale incaricato


5) COME AVERE INFORMAZIONI PRIMA DI ADERIRE AL RICORSO

Basta collegarsi al sito internet http://www.laretelegale.it/.
Si può anche scrivere all’indirizzo “La Rete Legale, c/o Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà, via Palestro n. 78, 00165 Roma”o telefonare ai n. 06.4742965, 340.2813453 e 340.2993001.


6) COME AVERE INFORMAZIONI DURANTE LA PENDENZA DEL RICORSO

Nei periodi di pendenza del ricorso saranno forniti elementi generali di informazione sul sito http://www.laretelegale.it/. Inoltre, saranno inviate email da La Rete Legale agli interessati che avranno indicato i loro recapiti di posta elettronica nella scheda di adesione.
Informazioni potranno essere richieste via posta ordinaria all’indirizzo “La Rete Legale, c/o Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà, via Palestro n. 78, 00165 Roma”, oppure telefonando ai n. 06.4742965, 340.2813453 e 340.2993001.

7) LA COMUNICAZIONE SULL’ESITO FINALE DEL RICORSO

L’esito del ricorso sarà comunicato a cura da La Rete Legale:
- sul sito http://www.laretelegale.it/;
- con email ai ricorrenti che avranno indicato i recapito di posta elettronica;
- con lettere individuali a ciascun ricorrente agli indirizzi indicati nelle schede di adesione.

ATTENZIONE: è necessario che eventuali cambiamenti di indirizzo e di posta elettronica siano tempestivamente segnalati a La Rete Legale.


8) TERMINE PER L’INVIO DELLA DOCUMENTAZIONE

Si ripete che la scheda di adesione con i relativi allegati e la procura alle liti e il versamento del contributo di adesione DEVONO PERVENIRE A LA RETE LEGALE ENTRO IL 15 OTTOBRE 2008.

venerdì 18 luglio 2008

giovedì 17 luglio 2008

La droga per il week end

Alla stazione Lingotto, le unità cinofile della Guardia di Finanza individuano un passeggero proveniente da Ancona in possesso di mezzo chilo di cocaina purissima
TORINO
Da Ancona a Torino, in treno, con mezzo chilo di cocaina purissima nascosta nel marsupio.
Droga pronta a invadere le strade della disperazione del capoluogo piemontese se non fosse stato per Ogly e Terry, un pastore tedesco e un meticcio di 4 e 7 anni.
Sono stati i due animali, in servizio alla Guardia di Finanza, ad annusare quel carico pericoloso, consentendo alle fiamme gialle di arrestare l’uomo che lo trasportava.
Il trafficante, di origine albanese, è stato bloccato alla stazione di Torino Lingotto, appena sceso dall’interregionale che aveva preso nelle Marche. La cocaina è stata sequestrata. L’operazione antidroga si inserisce nei controlli che i baschi verdi attuano d’abitudine presso le stazioni ferroviarie della provincia di Torino.


http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200807articoli/7645girata.asp

mercoledì 16 luglio 2008

GdF ferma i pirati torinesi “con le mani nell’hardware”





Campagna di verifiche sulle imprese del torinese in collaborazione con BSA: oltre 780.000 euro di sanzioni e 25 denunce a imprenditori che i militari del Nucleo Operativo della Guardia di Finanza di Torino
hanno scoperto a utilizzare software illegale

Torino, 14 luglio 2008 - Il Nucleo Operativo della Guardia di Finanza di Torino ha condotto una serie di verifiche su piccole imprese e studi professionali del capoluogo piemontese e della provincia: nel corso delle indagini, 16 realtà imprenditoriali sono risultate in possesso di software illegale, ossia duplicato e utilizzato al di fuori dei regolari contratti di licenza. Alle verifiche hanno collaborato i consulenti tecnici di BSA Italia (Business Software Alliance).

Venticinque responsabili sono stati pertanto denunciati all'Autorità Giudiziaria: 24 di loro per l'art. 171 bis della legge sul Diritto d'Autore (633/41 e successive modifiche), ossia per detenzione e utilizzo di software abusivo in ambito imprenditoriale; uno anche per inquinamento probatorio: infatti è stato colto in flagrante mentre tentava di cancellare i programmi "pirata" dal computer aziendale.
Per questi reati ora rischiano multe cospicue oltre a condanne da sei mesi a tre anni, mentre sono già state loro irrogate sanzioni amministrative per oltre 780.000 euro e sequestrati ben 67 hard disk contenenti software pirata (che comprendevano prodotti di Microsoft, Adobe, Autodesk, Corel ecc.). Le aziende interessate sono infatti studi professionali operanti prevalentemente nei settori dell’architettura e dell’ingegneria, oltre che piccole e medie imprese del settore manifatturiero.

Le operazioni sono state guidate dal Comandante del Nucleo Operativo del Gruppo di Torino, Capitano Mauro Masala. Ne commenta i risultati il Comandante Provinciale, Generale di Brigata Carmine Lopez: “Purtroppo, dobbiamo constatare che oltre l’84% delle realtà imprenditoriali sottoposte a verifica si trovavano in condizioni di illegalità. Un dato molto grave non solo come valore assoluto, in quanto supera largamente la media nazionale (attualmente assestata al 49%, dati IDC), ma in particolar modo se pensiamo che un’analoga campagna di verifiche era stata condotta dal nostro comando solo due anni fa con risultati analoghi”.

Arnaldo Borsa, Responsabile Antipirateria che ha coordinato i consulenti di BSA, prosegue: “Questi inquietanti riscontri ci impongono di mantenere costantemente e capillarmente monitorato il territorio e il relativo bacino imprenditoriale, risultato che possiamo ottenere solo potenziando una già ottima collaborazione come quella che s’è stabilita nel tempo con il Comando Provinciale GdF di Torino”.

“BSA è impegnata a tutto campo in questa direzione, anche a scopo preventivo: ad esempio, stiamo collaborando con la GdF ad iniziative di taglio educational, per aiutare le persone a comprendere l’importanza della proprietà intellettuale e del suo rispetto come elemento di creazione di un ‘ambiente più civile, legale e sicuro’”, conclude Borsa. “Siamo certi, infatti, che – almeno a livello di comportamenti sociali – non esista una reale differenza fra utente professionale e persona comune: chi assimila un concetto nella vita di ogni giorno, poi lo rispetta anche sul lavoro e viceversa”.

Case di via Gaidano - parte seconda ( da Torino Cronaca Qui del 15/07/2008)


15/07/2008 - È il 13 maggio del 1991 quando la Gazzetta Ufficiale pubblica il testo del decreto 152, convertito in legge due mesi dopo, dal titolo “Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”. A firmarlo il presidente della Repubblica Cossiga, su proposta dell’allora presidente del consiglio, Giulio Andreotti, di concerto con il ministro dell’Interno, Vincenzo Scotti, quello di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, oltre ai ministri Formica, Carli e Prandini, rispettivamente alle Finanze, al Tesoro e ai Lavori Pubblici.L’“urgenza”, riportata nel titolo del provvedimento, suona oggi come una beffa. Ancora di più il richiamo alla “trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa”, viste le lungaggini amministrative che riguardano, a distanza di diciassette anni, le due palazzine di via Gaidano 103. Betoniere, macchine movimento terra e operai inizieranno i lavori a Mirafiori solo dieci anni dopo. L’appalto è stato assegnato nel 1999 alla “Cooperativa Acacia”, con regolare gara e stipula di una convenzione tra il Ministero delle Infrastrutture e il Comune di Torino.Nel 2003 le palazzine sono pronte, completate in ogni loro parte ma i primi nodi vengono al pettine solo nel 2005 quando il collaudo preliminare rivela che mancano ancora alcuni elementi strutturali e ulteriori integrazioni ai lavori già svolti. Soltanto nel 2007 una secondo collaudo sancirà definitivamente quello che è, ad oggi, il destino dei novantasei appartamenti destinati agli uomini dell’antimafia. Bloccando il passaggio di proprietà al Comune di Torino e all’Atc. Troppi i lavori da rifare, troppe le spese da sostenere per consegnare in affitto o mettere in vendita quegli alloggi di cui nessuno sembra volersi fare carico.

TORINO 15/07/2008 - Fatti, finiti e mai assegnati. Come nella migliore tradizione italiana degli sprechi colossali e delle contorte lungaggini burocratiche, la vicenda dei novantasei appartamenti di via Gaidano 103 non sembra destinata ad avere una soluzione. Dal Senato agli uffici della Prefettura, dall’Atc, al Comune di Torino, negli ultimi cinque anni la patata bollente è passata di mano in mano. Approdando anche tra i faldoni della Corte dei Conti che tenterà ora di fare chiarezza su una vicenda che, di anno in anno, si complica sempre di più.DIVORATE DAL DEGRADO Via Gaidano, all’alba, è semideserta. Le uniche auto che accendono il motore sono quelle degli impiegati e degli operai che si recano al lavoro. Il paesaggio attorno alle palazzine, non fosse per il sole appena spuntato, è spettrale. L’accesso è libero, la sorveglianza inesistente. Per entrare si passa dai sotterranei o dal cortile. Lì sono accatastati sacchi di cemento e rotoli di enormi tubi di plastica, come se il cantiere fosse ancora in piena attività, a un passo dalla conclusione dei lavori. Le erbacce crescono a dismisura tra i mattoncini dei vialetti d’accesso. Dal soffitto dei garage penzolano neon e cavi dell’elettricità, fatti a pezzi. Centraline e salvavita semidistrutti accumulano polvere nel sottoscala. Stesso destino per i campanelli e le pulsantiere degli ascensori, del tutto rimossi o semplicemente vandalizzati. Di alcune delle porte a vetri, delle finestre e dei portoncini d’ingresso, resta soltanto il ricordo. I lampioni, mai accesi, sono scardinati dal terreno e inclinati a forza di calci. Le porte di alcuni alloggi portano invece le tracce dei numerosi tentativi di occupazione, mentre ad altre non è stato nemmeno tolto il cellophane. Ringhiere e cancelli arrugginiscono da anni.SPRECO MONUMENTALE Uno spreco da oltre tre milioni e ottocentomila euro. Soldi provenienti dai fondi ministeriali che hanno finanziato le due palazzine fantasma all’interno di un programma straordinario di edilizia «da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio». Così recita il decreto legge 152 articolo 18. Peccato, però, che in quelle case gli agenti dell’antimafia non siano mai arrivati. Nonostante la lista d’attesa per l’assegnazione di una casa agli uomini delle forze dell’ordine superi, da tempo, le trecento richieste.CALDAIE E GARAGE DA RIFARE Parte del mistero di via Gaidano verrebbe chiarito dalle valutazioni per il collaudo, dalle carte bollate in mano agli avvocati delle imprese che hanno messo mano ai lavori. Negli appartamenti, completi di tutto, mancherebbero soltanto le caldaie. Installarle, ora, sarebbe assolutamente inutile. Almeno secondo quella che, da un anno e mezzo a questa parte, è la normativa in materia che costringerebbe l’eventuale assegnatario - Atc o Comune di Torino, passando per la Prefettura che dovrà stabilire a chi consegnare le chiavi degli appartamenti - a metter mano alla cassa per la creazione di un impianto di riscaldamento centralizzato e l’installazione di pannelli solari termici per la produzione dell’acqua calda. Niente caldaie, insomma, ma oneri di riprogettazione e ristrutturazione che si aggirano attorno agli 800mila euro. Spese delle quali, naturalmente, nessuno vuol farsi carico. Altra gatta da pelare la pendenza delle rampe d’accesso dei garage e dei sotterranei, sbagliata sulle carte del progetto e nell’esecuzione dei lavori. Proprio quei sotterranei dai quali, scavalcato il cancello di ingresso, si può accedere ai piani delle palazzine. Monumento allo spreco.


sabato 12 luglio 2008

"ARRESTI DOMICILIARI" PER GLI AMMALATI


"ARRESTI DOMICILIARI" PER GLI AMMALATI

Con il Decreto Legge n. 112 pubblicato sulla G.U. n.147 del 25.06.2008, si scatena la furia ideologica del governo Berlusconi nei confronti del pubblico impiego in generale, e dei militari in particolare.

Andiamo a leggere e commentare alcuni dei passaggi più sconcertanti, e socialmente più odiosi del decreto:

Art. 65 (Forze armate)

1. In coerenza al processo di revisione organizzativa del Ministero della difesa e della politica di riallocazione e ottimizzazione delle risorse, da perseguire anche mediante l’impiego in mansioni tipicamente operative del personale utilizzato per compiti strumentali, gli oneri previsti dalla tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000 , n. 331, nonché dalla tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, così come rideterminati dall’articolo 1, comma 570, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dall’articolo 2, comma 71, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 sono ridotti del 7 per cento per l’anno 2009 e del 40 per cento a decorrere dall’anno 2010.

2. A decorrere dall’anno 2010, i risparmi di cui al comma 1 per la parte eccedente il 7 per cento, possono essere conseguiti in alternativa anche parziale alle modalità ivi previste, mediante specifici piani di razionalizzazione predisposti dal Ministero della difesa in altri settori di spesa.

3. Dall’attuazione del comma 1 devono conseguire economie di spesa per un importo non inferiore a 304 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010. Al fine di garantire l’effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio di cui al presente comma, in caso di accertamento di minori economie, si provvede a ridurre le dotazioni complessive di parte corrente dello stato di previsione del Ministero della difesa ad eccezione di quelle relative alle competenze spettanti al personale del dicastero medesimo.

Viene apportato un taglio strutturale ai fondi stanziati dalla legge 14 novembre 2000 , n. 331 (Norme per l'istituzione del servizio militare professionale), pari al 7 per cento per l’anno 2009 e al 40 per cento a regime dall’anno 2010

Questi tagli si aggiungono a quelli già operati dal governo Prodi, che diminuì del 15% le risorse allocate per la professionalizzazione. I risultati di quei tagli causarono effetti disastrosi, ad esempio,sugli arruolamenti: venne operato un taglio di 6-7 mila unità per la truppa e ridusse enormemente l'operativita’ delle accademie ufficiali e marescialli. L'anno successivo però vennero stornati dal governo Prodi 30 mln di euro, che attestarono il taglio effettivo a circa l’11%. Immaginate quindi quali effetti sortirà questo taglio deciso dal governo Berlusconi, che sottrarrà in media circa 380 mln di euro di cui 75 sul finanziamento specifico, e piu’ di 300 sul bilancio ordinario della difesa. la riduzione di gran lunga superiore a quella attuata dal precedente governo rimettera’ in discussione tutto il quadro di alimentazione sia in termini di nuove assunzioni sia in termini di transito in servizio permanente degli attuali volontari in rafferma da 5/7 anni (VFB) e quelli che ne era pianificato la stabilizzazione a partire dal 2012 (VFP4).

Articolo 66 (Turn over)

L'articolo, che si compone di 14 commi, richiama espressamente le norme previste per il reclutamento contenute nella già citata legge 331/2000 (Norme per l'istituzione del servizio militare professionale), e pone una serie di pesantissime limitazioni e sbarramenti in materia di assunzioni nelle forze di polizia ad ordinamento militare e civile, che costituiscono la naturale destinazione del personale “precario” delle forze armate (VFP1 e VFP4).

Come diretta conseguenza dell'applicazione del decreto legge, le donne e gli uomini che prestano servizio in qualità di VFP, saranno collocati in congedo al termine della ferma nelle forze armate. contrariamente a quanto disposto dalle norme del precedente governo Prodi, che ne prevedeva l’assunzione nella pubblica amministrazione per tutti coloro che, nell’arco di un quinquiennio, avevano prestato servizio per almeno 36 mensilità.

Art. 67 (Contrattazione Integrativa)

Si compone di 13 commi, nei quali si prevedere uno stanziamento di 20 milioni di euro, destinato esclusivamente al personale della Guardia di Finanza, e una riduzione dei fondi destinati agli istituti retributivi tipici della contrattazione/concertazione integrativa (fondi di efficienza e assimilati) riducendo inoltre le risorse destinate, dalle procedure negoziali già concluse, all’incentivazione della produttività del personale. Gli effetti che questo articolo produrrà, saranno quelli di introdurre una sperequazione retributiva tra il personale del comparto Difesa e Sicurezza.

Art. 69 (Progressione triennale)

1. A decorrere dal 1° gennaio 2009 la progressione economica degli stipendi prevista dagli ordinamenti di appartenenza per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si sviluppa in classi ed aumenti periodici triennali con effetto sugli automatismi biennali in corso di maturazione al 1° gennaio 2009 ferme restando le misure percentuali in vigore.

....omissis....

Mani in tasca anche ai dirigenti delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, che si vedono spalmati su tre anni (anzichè due), gli scatti stipendiali, con l'effetto di ridurre di un terzo la struttura stipendiale.

ART. 70 (Esclusione di trattamenti economici aggiuntivi per infermità dipendente da causa di servizio)


1. A decorrere dal 1 gennaio 2009 nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai quali sia stata riconosciuta un’infermità dipendente da causa di servizio ed ascritta ad una delle categorie della tabella A annessa al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, fermo restando il diritto all’equo indennizzo è esclusa l’attribuzione di qualsiasi trattamento economico aggiuntivo previsto da norme di legge o pattizie.

2. Con la decorrenza di cui al comma 1 sono conseguentemente abrogati gli articoli 43 e 44 del Regio Decreto 30 settembre 1922, n. 1290 e gli articoli 117 e 20 del Regio decreto 31 dicembre 1928, n. 3458 e successive modificazioni ed integrazioni.

Scompare la pensione privilegiata concessa a tutti coloro i quali sia stata riconosciuta un’infermità discendente da causa di servizio. L'istituto della pensione privilegiata - che non è affatto un "privilegio" - era una forma di tutela per quel personale che nell’esercizio delle specifiche funzioni riporta ferite e/o lesioni permanenti tali da non renderlo più idoneo al servizio. Se si considera che le norme e i regolamenti disciplinari obbligano i militari ad esporsi ai pericoli "sino all’estremo sacrificio", non c'è male come ringraziamento da parte del governo Berlusconi!

Art. 71 (Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni)


1. Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio. Resta fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. I risparmi derivanti dall’applicazione del presente comma costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per a contrattazione integrativa.

2. Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.

3. L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, è dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.

Questo articolo prevede che, per i primi 10 giorni di malattia sofferta dal dipendente pubblico, militari inclusi, vengano decurtate tutte le indennità. Se si considera che per i militari il 60% dello stipendio è composto da indennità fisse e/o continuative, questo significherà ricevere solo il 40% del proprio stipendio. Ma non basta!

Se il dipendente pubblico si ammala, per qualsiasi ragione, sarà costretto ad un regime simile agli "arresti domiciliari" in quanto dovrà restare a disposizione delle visite fiscali dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20 di tutti i giorni, festivi e non lavorativi compresi. Proviamo quindi ad immaginare lo stato di prostrazione patito da tutti coloro che per varie ragioni (single, ammogliati che vivono - per servizio - da soli a causa della lontananza dal proprio nucleo familiare) non potranno chiedere l'aiuto di nessuno per i bisogni primari, come sottoporsi ad analisi cliniche, fare la spesa od acquistare farmaci.

Non solo quindi i dipendendi pubblici dovranno patire le conseguenze dirette della malattia, ma anche la furia vendicativa di uno Stato ingrato che li criminalizza, e che non concede nemmeno il diritto di godere del proprio medico di famiglia in caso di successive malattie occorse nello stesso anno solare, perchè il decreto impone la "certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica". I militari e i dipendenti pubblici dovranno quindi chiamare il medico del pronto soccorso per farsi certificare la malattia?

Perchè, infine, questo accanimento solo a danno dei pubblici dipendenti? Perchè rispetto a tutti quanti gli altri sono i più vessati sotto l'aspetto fiscale?

Nemmeno nei tempi più bui del fascismo avveniva tutto questo!

Art. 72 (Personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo)


Articolo composto da 11 commi fra i quali quello di maggior rilievo è il Comma 11 che recita:

"Nel caso di compimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto lavoro con un preavviso di sei mesi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell’interno e della difesa sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza e difesa, tenendo conto delle rispettive peculiarità ordinamentali. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano a magistrati e professori universitari."

Questa norma, caratterizzata anch'essa dall'accanimento autoritario verso i più deboli, dà la possibilità alle amministrazioni, di risolvere il rapporto di lavoro dei dipendenti che abbiano raggiunto i 40 anni di contribuzione, indipendentemente dal limite di età, per di più senza alcuna forma di riconoscimento.

La norma avrà inoltre l'effetto di pensionare in maniera coatta più di 11.000 militari, 6.000 carabinieri e di ulteriori 20.000 tra finanzieri, poliziotti, penitenziari e forestali, proprio in un momento storico che ha reso urgente l’emanazione del cosiddetto "decreto sicurezza” e in un quadro generale di riduzione anche degli arruolamenti.

Non c'è che dire. Gli appartenenti al comparto Difesa e Sicurezza che hanno votato questa coalizione, sono stati davvero ben ripagati. E questo è solo l'inizio.

Giuseppe PARADISO

LEGGI IL DECRETO FISCALE



fonte:http://www.grnet.it/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1

SICUREZZA: SINDACATI, 40.000 PS E MILITARI IN MENO IN 3 ANNI


ROMA, 11 LUG - (Ansa) In tre anni la manovra finanziaria ridurra' l'organico delle forze di polizia e delle forze armate di circa 40.000 unita': ci saranno cosi' migliaia di pattuglie in meno sul territorio con conseguente riduzione dei servizi e dei controlli. L'allarme lo lanciano, in un documento congiunto, tutti i sindacati di polizia ed i Cocer delle forze armate, che oggi in una conferenza stampa annunciano mobilitazioni contro il Governo.
Il decreto legge 112 sulla manovra correttiva di bilancio, rilevano i sindacati, prevede tagli per oltre 3 miliardi di euro sui capitoli di spesa della sicurezza e della difesa. Cio', denunciano, 'impedira' l'acquisto di autovetture, mezzi, nonche' la possibilita' di avere risorse sufficienti per l'addestramento, per rinnovare le armi in dotazioni, per l'acquisto di munizioni, divise e per la ordinaria manutenzione degli uffici'.
Per giovedi' prossimo e' annunciato un volantinaggio di protesta davanti alle questure ed alle caserme di tutta Italia e, in caso di mancato accoglimento delle richieste da parte del Governo, ci sara' una grande manifestazione a Roma.

fonte:http://www.grnet.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1708&Itemid=0

mercoledì 2 luglio 2008

Uso improprio dell’arma da parte dell’agente: paga anche l’amministrazione che non ha dettato le opportune istruzioni


Definire il caso come ordinario sarebbe irriguardoso delle autorità militari, dire che non accade mai è fare un torto ad una incontrovertibile verità statistica. Fatto sta, che l’episodio cui ci riferiamo è tragico e riguarda due giovani in divisa i quali, complice certamente l’inesperienza, sono rimasti coinvolti, uno di loro purtroppo fatalmente, in un banale scherzo giocato con le armi. Lo scenario è la caserma dei Carabinieri dove i due giovani stavano assolvendo il servizio di leva; l’occasione futile; la conclusione paradossalmente luttuosa: molto semplicemente uno insiste per convincere l’altro a giocare a pallavolo, per scherzo lo minaccia con la pistola d’ordinanza, ma parte un colpo. Tutto il resto è lacrime, disperazione ed inevitabilmente dibattimento nelle aule di giustizia. Una lunga querelle per il risarcimento del danno approdata alla soluzione definitiva solo il 17 gennaio 2008, con la sentenza della Cassazione Civile, Sezione III, n. 864. La massima che se ne ricava è che “dei danni causati dal proprio dipendente - nella fattispecie cui è affidata un’arma - risponde anche la pubblica amministrazione se non ha impartito le necessarie direttive, idonee ad impedire il fatto”. Non è poco, se immaginiamo il principio appena espresso esteso alla responsabilità di tutti coloro che, per motivi istituzionali affidano ai loro sottoposti armi da fuoco o assimilati (esempio: la pistola agli agenti di polizia locale o lo spray al peperoncino). Ma veniamo al nodo controverso sciolto dalla Suprema Corte: a pagare danni dovrà essere solo chi ha, sia pure per fatale negligenza, premuto il grilletto, oppure anche la sua amministrazione di appartenenza? Pagherà solo il carabiniere o l’Arma gloriosa, il poliziotto o l’Amministrazione di PS, il vigile o anche il suo Comandante. Per non fare riferimento solo alle storie tragiche, pensiamo ai casi in cui, per quanto concerne la polizia locale, gli agenti utilizzino i nuovi strumenti di difesa, come la mazzetta di segnalazione o lo spray al peperoncino, provocando danni alla persona, meno gravi, ma pur sempre risarcibili. Tornando alla sentenza n. 864/2008, già nel processo di primo grado il Ministro della Difesa, citato accanto al responsabile, aveva svolto domanda di manleva nei confronti del carabiniere ausiliario, ottenendone però il rigetto. Condannati tanto il ragazzo che il Ministero, vengono risarciti sia i genitori che le sorelle della vittima. In appello la situazione rimane pressoché confermata. Il Ministero, quindi, tenta la via della Cassazione e denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della Costituzione e dell’art. 2049 c.c. La sentenza impugnata - secondo l’Avvocatura dello Stato ha fatto cattiva applicazione dei principi e delle norme applicabili in materia di responsabilità dello Stato per il fatto dei propri dipendenti. La stessa Corte di Cassazione, in passato, ha affermato che l’attività del dipendente costituisce fonte di responsabilità diretta per la P.A, quando sia volta a conseguire fini istituzionali e si svolga nell’ambito delle attribuzioni dell’ufficio o del servizio al quale il dipendente è addetto. Pertanto deve escludersi che l’uso improprio di un’arma costituisca attività svolta nell’ambito del servizio affidato o per il raggiungimento di finalità istituzionali dell’Amministrazione. Se, infatti, il dipendente è lo strumento attraverso il quale l’Amministrazione si muove, quel dipendente deve agire secondo gli scopi che essa si propone; in mancanza di tale circostanza il comportamento di tale agente non può in alcun modo essere riferito alla P.A.. In altre parole giocare col collega non rientra affatto tra i compiti del carabiniere, né nel momento in cui agì, lo sfortunato militare rappresentava in alcun modo l’Arma cui apparteneva. In realtà, in quel momento era un privato che utilizzava la pistola d’ordinanza per fini estranei al suo ruolo. Se così è, secondo il Ministero della Difesa, si deve ritenere sicuramente reciso il nesso organico che consentirebbe di estendere la sua responsabilità civile allo Stato, e delle conseguenze del suo gesto deve rispondere soltanto lui. Detto questo, perché condannare l’amministrazione? Perché sostenere che l’Arma non avrebbe dimostrato di avere impartito adeguate disposizioni in materia di custodia ed uso delle armi e di necessità di scaricarle a fine servizio? Perché, soprattutto, rimarcare che “non era previsto nemmeno l’obbligo di deposito della pistola in armeria una volta terminati i turni di servizio”? E ancora, può il Giudice stabilire, sostituendosi all’Amministrazione, che l’Arma dei Carabinieri deve disporre che i suoi appartenenti depongano le armi al termine dell’orario di servizio e che non debbano, invece, tenerle con sé anche dopo. Si tratta di valutazioni e regolamenti che soltanto l’Amministrazione può fare, in ragione del suo incontestabile diritto di autodeterminarsi e darsi l’organizzazione che ritiene migliore. La Corte di merito sembrava voler attribuire la responsabilità alla P.A. a titolo di culpa in vigilando ex art. 2049 c.c; ma la P.A. risponde a titolo di responsabilità diretta per i comportamenti illeciti dei propri dipendenti ex art. 2043 c.c, essendovi identità e non diversità di soggetti, e pertanto, per definizione, deve ritenersi escluso ogni riferimento alla responsabilità indiretta ex art. 2049 e segg. c.c. Amministrazione e pubblico dipendente che agisce per suo conto sono un soggetto unico perché il secondo impersonifica il primo. L’assunto è molto pregevole, ma non ha convinto la Cassazione. Sul punto era già stata piuttosto chiara la Corte d’Appello che affermava “…Come correttamente sottolineato in prime cure, risulta pure provata la responsabilità del Ministero della Difesa, individuata nel fatto di “non aver vigilato sull’uso delle armi e sulla disciplina dei militi”: Nel caso in oggetto non solo l’Amministrazione non ha dimostrato di avere dato adeguate direttive ed istruzioni in ordine agli adempimenti riguardanti la custodia e l’uso delle armi alla fine del servizio, particolarmente in ordine alla necessità di scaricare l’arma, ma risulta anzi che non era previsto nemmeno l’obbligo di deposito della pistola in armeria una volta terminati i turni di servizio. È dunque palese che il Giudice di secondo grado ha affermato la responsabilità diretta della P.A. per il comportamento illecito dei superiori gerarchici del carabiniere consistito nel non aver dato le opportune direttive ed istruzioni vigilando poi sulla loro applicazione. Conseguentemente la responsabilità in questione è responsabilità diretta della P.A. per una condotta di detti dipendenti (superiori gerarchici del carabiniere) che indubbiamente rientrava in pieno nelle attribuzioni loro proprie, essendo essi certamente chiamati ad organizzare al meglio le attività dei militari subordinati nell’ambito dei fini istituzionali dell’Arma. È appena il caso di aggiungere che il rilievo secondo cui si trattava “…di valutazioni e regolamenti che soltanto l’Amministrazione può fare, in ragione del suo incontestabile diritto di autodeterminarsi e darsi l’organizzazione che ritiene migliore…” non solo non vale ad escludere la responsabilità in questione, ma afferma una situazione di discrezionalità della P.A. che costituisce invece proprio il fondamento della responsabilità medesima, per violazione delle regole di comune prudenza. Infatti (premesso in linea generale che i superiori gerarchici di soggetti che debbono usare armi nel normale esercizio del loro lavoro, violano le regole stesse se non emanano direttive volte a scongiurare incidenti o se tali direttive non sono adeguate) nella fattispecie, se detti superiori si fossero trovati vincolati da norme di legge sul punto e se avessero a queste obbedito non sarebbe stata configurabile una loro colpa. Invece proprio la circostanza che avevano tra l’altro il compito di disciplinare l’attività della truppa con le opportune direttive (anche in tema di cautela, e prevenzione di sinistri, nell’uso delle armi da fuoco), vigilando poi sulla loro applicazione, costituisce il fondamento essenziale della responsabilità in questione. Da tutto ciò si ricava un principio di diritto, molto importante per ogni ente che dota i propri dipendenti di strumenti offensivi: “nel caso che un dipendente della Pubblica Amministrazione abbia commesso un atto illecito e si accerti che ciò è avvenuto in quanto i superiori gerarchici del dipendente stesso hanno omesso di emanare le direttive opportune per prevenire la commissione, da parte dei lavoratori ad essi subordinati, di atti come quello predetto (vigilando poi sull’applicazione delle direttive medesime), vi è responsabilità diretta della P.A. per il comportamento omissivo di detti superiori, sussistendo sia la riferibilità di tale atto alla stessa P.A. (una volta assodato che nella fattispecie concreta la predetta emanazione rientrava tra i compiti di chi aveva funzioni dirigenziali nella struttura amministrativa in questione), sia l’esistenza di un rapporto di causalità tra il comportamento omissivo di detti superiori e l’evento dannoso (una volta assodato che nella fattispecie concreta senza l’omissione in questione non vi sarebbe stato l’atto illecito del dipendente subordinato direttamente produttivo del danno) in base al principio secondo cui causa causae est causa causati”.
Ugo Terracciano
Funzionario della Polizia di Stato e Docente di Politiche della Sicurezza Presso l’Università di Bologna


martedì 1 luglio 2008

VARESE - ANTONINO MAGGIORE È IL NUOVO COMANDANTE PROVINCIALE DELLA GDF


Il colonnello arriva da Torino dov'era Capo di Stato Maggiore del comando regionale Piemonte. A luglio incontrerà tutti i reparti dipendenti
Un nuovo comandante per la Guardia di Finanza della provincia di Varese. Dal 27 giugno scorso al posto del colonnello Marcello Ravaioli, trasferito a Bergamo a dirigere l’accademia del Corpo con il ruolo di Capo di Stato Maggiore, in piazza don Giuseppe Tornatore si è insediato il colonnello Antonino Maggiore, nuovo comandante provinciale della Guardia di Finanza di Varese.
Il colonnello Maggiore (presto diventerà generale) è uomo di grande esperienza, proviene da Torino, dove negli ultimi tre anni ha ricoperto l’incarico di Capo di Stato Maggiore del comando regionale Piemonte. In precedenza è stato comandante provinciale di Lecce, comandante del gruppo verifiche speciali dei nuclei di polizia tributaria di Torino e Palermo, ha frequentato il corso superiore di polizia tributaria, è stato comandante della compagnia di Imperia, comandante di compagnia e di plotone presso la scuola sottufficiali e la scuola nautica di Gaeta e comandante di sezione presso la compagnia mobile di Napoli.
Il nuovo comandante è coniugato ed è originario della provincia di Cuneo. Nel corso della carriera ha conseguito tre lauree: in giurisprudenza, scienze politiche e scienze della sicurezza economico-finanziaria. Come primo atto di gestione interna che il colonnello Maggiore vuole realizzare, nel corso del mese di luglio, c’è la visita di tutti i reparti dipendenti, per incontrare il personale e prendere visione diretta della relativa situazione operativa ed infrastrutturale. A lui l'augurio di buon lavoro da parte di tutta la redazione di VareseNews.
Martedi 1 Luglio 2008 - redazione@varesenews.it
http://www3.varesenews.it/

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno