giovedì 28 maggio 2009

SICUREZZA: SILP, DA BRUNETTA PAROLE IN LIBERTA'



(ANSA) - ROMA, 28 MAG - Delle due, l'una: o ''alcuni
esponenti di governo, sulla sicurezza, pronunciano parole in
liberta', oppure si vuole aprire una questione istituzionale con
la polizia''. Cosi' il segretario del Silp-Cgil Claudio
Giardullo risponde al ministro Brunetta, sottolineando comunque
che ''in entrambi i casi e' doveroso un chiarimento da parte
dell'esecutivo''.
''Nel nostro paese gli operatori di polizia e i cittadini -
dice Giardullo - attendono ancora di sapere qual e' la raffinata
strategia di sicurezza che sta dietro i tagli alle forze
dell'ordine, la riduzione delle volanti, la chiusura dei
commissariati, la riduzione del personale, con inevitabile
aumento dell'eta' media degli operatori, l'impiego dei militari
in compiti per i quali non sono preparati o l'apertura del
mercato della sicurezza privata con le ronde''. E in questo
scenario ''il ministro Brunetta non trova di meglio che
discettare sui poliziotti 'panzoni' - conclude Giardullo -
dimenticando il contributo, professionale e personale, delle
forze di polizia nella lotta alla criminalita', e dimenticando
di onorare i propri impegni di ministro della Funzione Pubblica,
come quello sulla tutela del personale che subisce infermita' a
causa dell' impegno operativo''.(ANSA).

Commenta anche su:
FORUM del Laboratorio Polizia Democratica

STATALI: BRUNETTA, NO AL LOOK CASUAL E LAVORINO FINO A TARDI

(AGI) - Roma, 28 mag. - "Anche il venerdi' i dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono vestire in giacca e cravatta. Quando si e' un'azienda pubblica e si ha a che fare con il pubblico, si hanno doveri maggiori rispetto al privato". Questo il parere del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta commentando nel corso della trasmissione 'Klauscondicio' l'abitudine del 'friday casual' in uso presso alcune aziende italiane e straniere.Sempre a proposito delle abitudini dei dipendenti pubblici, il ministro ha spiegato di puntare "a far lavorare i dipendenti pubblici tutta la giornata: e' un mio obbiettivo. Mi piacerebbe che lavorassero tutti i pomeriggi fino a tardi, in primis il settore giustizia. Io amo tantissimo il tempo pieno e i turni. Ma perche' - si e' chiesto Brunetta - tanti edifici pubblici vengono utilizzati solo per mezza giornata? Perche' non usare le scuole anche oltre l'orario normale? Far lavorare gli statali anche di pomeriggio e' un mio obiettivo di questa legislatura".Stoccata anche nei confronti del Cnr: "E' inefficiente e non funziona perche' e' diventato burocrazia - ha evidenziato -. Si spende tantissimo per funzioni burocratiche e stipendi, pochissimo, invece, per la ricerca. Ci sono dei bravi ricercatori. Pero' un ricercatore deve vivere sulla frontiera, non in un baraccone burocratico".
PA. PODDA: BRUNETTA VUOLE INTRODURRE L'INDENNITÀ CRAVATTA?
(DIRE) Roma, 28 mag. - "Negli ultimi giorni, mentre la politica dovrebbe concentrarsi sullo schema di decreto attuativo presentato da Brunetta dopo la farsesca vicenda delle 'dimissioni', il ministro continua la sua attivita' di riformista chiacchierone. Oggi si scaglia contro il look dei dipendenti che, a suo dire, dovrebbero sempre vestire in giacca e cravatta". Carlo Podda, segretario generale Fp Cgil, si chiede se Brunetta "pensi di introdurre un'apposita indennita' vestiario o indennita' cravatta, per integrare i magri stipendi dei dipendenti pubblici, e permettere loro di mantenere un look piu' consono ai suoi gusti, oppure se la permanenza a Palazzo Vidoni lo abbia ispirato a reintrodurre le divise per i dipendenti pubblici tanto in voga nel Ventennio".

mercoledì 27 maggio 2009

POLIZIA, ALLARME ROSSO PER GLI INCIDENTI STRADALI

Il 70% delle vittime su strada e non per conflitti a fuoco o altro: mancanza dell'uso delle cinture e macchine in stato pietoso le cause principali


di VINCENZO BORGOMEO

Riconoscono al buio il crepitio di un AK 47, il tonfo sordo dei colpi di una Beretta. Ma i poliziotti dovrebbero imparare a temere di più il rombo del 5 cilindri della Fiat Marea, la loro macchina d'ordinanza: il rischio più grave sono gli incidenti stradali. Dal 2000 a oggi 51 agenti - su 74 vittime totali - sono morti proprio su strada. Quindi più dei conflitti a fuoco o di qualsiasi altra cosa i poliziotti sono vittime del fatto che non indossano le cinture di sicurezza, del pietoso stato di manutenzione delle Marea da 200 mila km (in media) e del fatto che nessuno viene più preparato alla guida veloce con appositi corsi in pista. L'incredibile dato arriva dall'inchiesta pubblicata sul Centauro di giugno, la rivista dell'Asaps, associazione amici polizia stradale. Ma quanti di questi agenti si sarebbe potuti salvare se solo avessero indossato le cinture di sicurezza? "Probabilmente molti - spiega Giordano Biserni, presidente dell'Asaps - perché spesso le "divise" non le indossano ritenendole d'impaccio per una possibile fase operativa. Inoltre l'elevata velocità, in emergenze per servizio, sarebbe meglio gestita in termini sicurezza dopo un'apposita formazione con corsi di guida sicura, che una volta si facevano ma che nel tempo si sono persi. A noi preme - continua Biserni - la sicurezza di tutti, quindi anche degli agenti e la perdita di una vita non in un conflitto a fuoco, ma in un drammatico incidente stradale non ci consola di più. Anzi, ci fa ancora più rabbia"
In ogni caso una cosa è certa: il 70% dei casi un poliziotto perde la vita in un incidente stradale. E stupisce come nessuno si ponga il problema se una piccola associazione di volontari sia l'unica che solleva un problema tanto grave: anche queste sono morti bianche e non si può negare che un uomo o una donna in divisa siano lavoratrici e lavoratori come tutti gli altri. "Ma quando un difensore dello Stato ci lascia la vita - spiegano all'Aspas - non è sempre detto che l'evento che ha cagionato un esito letale non debba essere studiato a fondo per evitarne una dolorosa ripetizione. Prendiamo il caso di uno spericolato inseguimento: è sempre necessario correre a rotta di collo per fermare un sospetto?". Torniamo quindi ai numeri: in quei 51 agenti (68,9% di poliziotti) che hanno perso la vita in incidenti stradali sono compresi sia gli eventi occorsi durante l'espletamento dei servizi d'istituto (28 morti, il 37,8% del totale) che quelli in itinere (23 decessi, 31,1%). Su 51 incidenti stradali in 28 casi lo scontro mortale è avvenuto in auto, in 11 sinistri l'agente era in moto. Sono stati invece 12 i poliziotti travolti e uccisi sulla strada mentre erano operativi per soccorrere persone o per effettuare rilievi di un precedente sinistro.

(26 maggio 2009)

http://www.repubblica.it/2009/05/motori/maggio3-09/polizia-incidenti/polizia-incidenti.html

A CHI CONVIENE LA PROROGA DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE?

A margine delle trattative per la definizione del coda contrattuale il Cocer Carabinieri chiedeva al Governo la proroga del mandato allo scopo di seguire l’iter legislativo della riforma della rappresentanza militare. Già allora (http://www.ficiesse.it/news.php?id=2850), avemmo modo di definire tale richiesta inopportuna e priva di giustificazioni.
Apprendiamo oggi, non senza stupore e forte preoccupazione, che in Commissione Affari Costituzionali del Senato in sede di discussione del disegno di legge 1167 (tanto per capirci, quello che all’articolo 14 prevede la “specificità” del Comparto sicurezza e difesa), il relatore di maggioranza Sen. Saltamartini (PDL) ha presentato il seguente emendamento n. 22.0.103:
Dopo l'articolo 22, inserire il seguente:«Art. 22-bis.(Proroga del mandato dei consigli della rappresentanza militare)1. Il mandato dei componenti in carica del consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Arma dei carabinieri, dell'Esercito, della Marina, dell'Aereonautica e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale permanente e volontario, è prorogato fino al 30 luglio 2011.
Quindi il Governo intenderebbe accogliere quella richiesta e prolungare per legge il mandato degli attuali Consigli di oltre un anno.
Un simile provvedimento, però, verrebbe ad impedire agli elettori di svolgere il fondamentale controllo democratico dei rappresentanti valutandone l'operato alle scadenze naturali stabilite, porrebbe i delegati “prorogati” in una condizione di maggiore debolezza nei confronti del potere politico e delle rispettive amministrazioni e non appare giustificabile, a nostro avviso, da alcun tipo di circostanza o finalità né, tanto meno, da una riforma della rappresentanza militare il cui iter non è stato ancora nemmeno calendarizzato.
Si tratterebbe di un'ulteriore occasione nella quale tale motivazione viene accampata per ottenere qualche mese di incarico. Ricordiamo, infatti, che anche il 7° ed il 9° mandato furono prorogati proprio per "meglio seguire l’iter della riforma della rappresentanza militare" (che infatti è sempre la medesima dal 1978) o "per occuparsi al meglio del riordino delle carriere" (idem come sopra).
Si tratta, a nostro avviso, di argomenti speciosi, come insegna la pluridecennale storia della rappresentanza militare. Quale sarebbe il fondamentale e irrinunciabile vantaggio della proroga rispetto all’iter della riforma della rappresentanza militare? Non c'è il rischio che si stia cercando di mantenere in carica organismi la cui maggioranza già si sa essere favorevole a una riforma fondamentale come quella della rappresentanza militare?
Negli ultimi giorni l’argomento è stato oggetto di discussione in alcuni Consigli di rappresentanza, che si sono espressi in modo negativo. Sarebbe interessante conoscere anche gli orientamenti dei Cocer e le opinioni dei singoli delegati.

GIANLUCA TACCALOZZI
Segretario Sezione Ficiesse Roma
SIMONE SANSONI
Presidente Direttivo Sezione Ficiesse Torino

giovedì 21 maggio 2009

RIFORMA BRUNETTA: IL CONTRATTO ECONOMICO PASSA DA BIENNALE A TRIENNALE


DECRETO LEGISLATIVO DI ATTUAZIONE DELLA RIFORMA BRUNETTA

La durata dei contratti nazionali diventerà triennale sia per le norme giuridiche (ora quadriennio) che per la parte economica (ora biennio): art. 61, comma 2, dello schema di decreto legislativo. Si tratterebbe dell'unica novità per i lavoratori del comparto sicurezza e difesa.



x il testo completo dello schema di decreto:

http://www.innovazionepa.gov.it/ministro/pdf_home/dercreto.pdf

mercoledì 20 maggio 2009

ASTI - INAUGURATA LA NUOVA CASERMA DELLA GUARDIA DI FINANZA

ASTI. È stato il comandante regionale della Guardia di Finanza in persona, il generale Vincenzo Basso, ad inaugurare ieri mattina la nuova caserma astigiana delle Fiamme Gialle. L’edificio che ora ospita il comando provinciale, il nucleo e la compagnia faceva parte della caserma «Colli di Felizzano» che, dismessa dall’esercito, dopo un breve periodo di abbandono è stata finalmente data in uso dal Comune proprio alla Guardia di Finanza. I lavori
di ristrutturazione dell’intero complesso, durati oltre dieci anni, hanno consentito di adeguare l’immobile alle esigenze del Corpo. L’intervento, lungo e complesso, rispettoso dell’architettura originaria dello stabile, ha permesso con un investimento economico esiguo di recuperare efficacemente un immobile dello Stato, consentendo di creare una sede moderna ed efficiente per la Guardia di Finanza di Asti. Oggi, finalmente, le Fiamme Gialle astigiane dispongono di ampi locali e uffici idonei a svolgere al meglio i numerosi compiti istituzionali a cui è chiamata. La cerimonia di inaugurazione, alla quale hanno partecipato tutte le autorità civili astigiane, si è poi conclusa con l’intitolazione della caserma al finanziere astigiano Aldo Zappa, decorato di medaglia di bronzo al valor militare. Il finanziere, oltre ad aver vissuto con indomito coraggio l’esperienza della guerra (è stato catturato dai russi e poi anche dai partigiani di Tito nonostante il conflitto sia ormai finito e viene destinato a ricostruire i ponti distrutti), ha saputo testimoniare le virtù morali e spirituali che ispirano la quotidiana e leale operosità della Guardia di Finanza al servizio dell’Italia e dei suoi cittadini.

il Giornale del Piemonte
Martedì 19 maggio 2009

martedì 19 maggio 2009

UNIVERSITA': TORINO, DUE MANIFESTANTI FERMATI E 19 FERITI TRA FORZE DELL'ORDINE

Torino, 19 mag. - (Adnkronos) - Due manifestanti fermati e 19 feriti fra le forze dell'ordine. E' il bilancio dei disordini scoppiati durante il corteo contro il G8 dell'Universita' davanti al Castello del Valentino, dove era in corso il vertice dei rettori. I fermati, la cui posizione e' al vaglio degli inquirenti, sarebbero due studenti di Milano. Fra i feriti 17 sono poliziotti, alcuni dei quali hanno riportato lievi intossicazioni dovute ai fumogeni, e due carabinieri, uno dei quali ferito al naso. Non ci sarebbero invece feriti fra i manifestanti.

Memorial Day

elaborato grafico studenti VdAOggi avevo una giornata poco impegnativa in ufficio e così ho deciso di accettare un invito ad una manifestazione chiamata Memorial Day, in onore dei giudici Falcone e Borsellino e di tutte le vittime della mafia e del dovere. In genere non amo queste manifestazioni, perché rischiano sempre di finire nell' autocommiserazione, nell'autocompiacimento o nella recriminazione: tutti sentimenti a me insopportabili. Oggi, però, ho fatto la miglior cosa degli ultimi mesi ed ho potuto assistere ad una manifestazione bellissima, organizzata dal C.E.S.P. e dal S.A.P.: erano stati coinvolti gli studenti delle scuole superiori valdostane, nella realizazione di elaborati scritti, grafici e video, di grandissimo impatto. Non ho timori a dire che ho goduto di due bellissime ore di arte, di proposta e di ricordo, senza mai scadere nella retorica di basso livello e con i politici che, per una volta, hanno saputo stare al loro posto, intervenendo "quanto basta".
Complimenti al segretario regionale del S.A.P., Massimo DENARIER, per il bel taglio dato e per il respiro europeo, ma anche perché questa volta ha seminato nelle menti delle future generazioni: bravo!
Mi è stato detto che i video realizzati dagli studenti saranno presto messi a disposizione su YOU TUBE ed invito tutti a cercarli nei prossimi giorni: non ve ne pentirete.
Infine, una riflessione sui tempi: guardando quegli studenti adolescenti, non ho potuto non confrontarli con quelli della mia generazione, notando come una simile manifestazione sarebbe stata allora impensabile; allora i poliziotti erano i servi del potere e gli si doveva sparare, oggi un sindacato di categoria, il S.A.P., era in grado di lavorare con loro in stretta cooperazione! Come non riflettere per l'ennesima volta sull'enorme salto culturale fatto dalla POLSTATO, grazie anche alla smilitarizzazione ed alla sindacalizzazione. A' bien tot, Nick.

domenica 17 maggio 2009

UTILIZZO IMPROPRIO DEL PERSONALE DI SICUREZZA ALL'AEROPORTO DI TORINO CASELLE

La sicurezza degli aeroporti è sempre stata una priorità in quanto per la loro stessa natura
risultano essere obiettivi sensibili da difendere con particolare attenzione; dopo l’11 Settembre 2001 con l’attacco alle Twin Towers di New York le procedure di sicurezza negli aeroporti sono state giustamente incrementate per cercare di limitare al massimo possibili infiltrazioni terroristiche.
Alla minaccia terroristica va ovviamente aggiunta la criminalità ordinaria, il traffico di stupefacenti e tutte le altre tipologie criminali esistenti sul mercato che per varie ragioni usufruiscono di un aeroporto.
La sicurezza negli scali aeroportuali è affidata in primis alla Polizia di Stato che oltre ad applicare il PNS (Piano Nazionale di Sicurezza) assicura unitamente alla Guardia di Finanza l’applicazione delle norme emanate dall’ENAC (contenute nelle schede di sicurezza che essa emana in ambito aeroportuale), le ordinanze del Direttore dell’aeroporto e la corretta applicazione del D.M. 85/99.
Ebbene tutto questo “corpus legis” dovrebbe rendere l’idea di quanto sia importante la sicurezza in un aeroporto ma purtroppo come spesso accade dalla teoria alla pratica le cose cambiano; infatti a nostro parere all’aeroporto Sandro Pertini di Torino Caselle le norme di sicurezza sono disattese. L’affermazione può sembrare eccessiva all’impatto ma trova riscontro documentato nella presente; infatti nonostante il predetto corpus legis elenchi con molta chiarezza ed anche dettagliatamente quali sono i compiti per ciascun soggetto operante in ambito aeroportuale qualcuno si trincera dietro un vuoto normativo che si annida tra l’ormai datato D.M. 85/99.
Il problema riguarda il varco c.d. Vip e di servizio ed il varco dell’Aviazione Generale:
• Il varco denominato VIP si trova al piano terra lato arrivi adiacente alle postazioni degli arrivi internazionali; il varco è munito di porta detector CEIA per le persone e di macchina radiogena Gilardoni per il controllo bagagli; da qui transita principalmente il personale di servizio munito di apposito tesserino ed equipaggi; secondo le direttive tutti coloro che entrano in area sterile devono essere sottoposti a controlli di sicurezza secondo lo standard operativo ovvero che ad ogni postazione/varco vi siano 4 operatori (…Guardie particolari giurate) di cui uno di sesso femminile per svolgere al meglio il controllo sui passeggeri; infatti esse provvedono a radiogenare i bagagli a mano e ad eseguire i controlli addosso alla persona con la supervisione della Polizia di Stato; giova puntualizzare che nessun operatore di Polizia è abilitato all’uso di queste macchine radiogene non avendo frequentato nessun corso di abilitazione e/o istruzione e non essendo formato né tantomeno informato circa i rischi potenziali di un macchinario che emette raggi X; purtroppo al varco VIP sono impiegati h24 dai 3 a i 4 operatori di Polizia e basta (difficilmente è presente un operatore di sesso femminile), in quanto il gestore aeroportuale SAGAT, supportato da singolari interpretazioni dell’ENAC (che sembra avere potere di Cassazione), non dispone l’impiego di guardie particolari giurate.
• Al varco presso l’Aviazione Generale si applicano le procedure esplicitate nella scheda ENAC nr. 8; da qui transitano tutti i passeggeri di aviazione non commerciale che viaggiano con aereo privato, personalità autorizzate anche sottobordo e personale ed allievi della locale scuola di volo. Qui abbiamo ovviamente la porta detector CEIA e la solita macchina radiogena Gilardoni per i bagagli, ma l’impiego degli operatori scende ad 1 per turno dalle 06 alle 22.00 più un responsabile sul quadrante 08/14; quindi l’operatore in servizio quando è da solo DEVE usare una macchina radiogene di cui sconosce l’uso ed i pericoli per controllare i bagagli oppure in alternativa procedere all’apertura delle borse e valigie per una ispezione manuale. Tale operazione risulta difficoltosa per la mancanza di locale idoneo all’ispezione e poi perché per forza di cose deve abbandonare la postazione per recarsi in Ufficio cosa che peraltro è obbligato a fare per svolgere il controllo documentale; dopodiché torna alla porta CEIA per controllare (da solo!!) i passeggeri che il più delle volte per la tipologia dell’Aviazione Generale sono persone di ceto sociale alto che “ovviamente” mal digeriscono la violazione della privacy figuriamoci le ispezioni sui loro effetti personali.
Inoltre il poliziotto di turno deve vigilare le telecamere di sicurezza ed i relativi allarmi che scattano quotidianamente ed infine rispondere al telefono …. (ci viene in mente una scena di un vecchio film anni 80 dove un noto attore pugliese oberato da mille compiti affidatigli dal capo ufficio alla fine dava di matto).
Anche in questo caso l’uso della macchina radiogena è improprio in quanto non esiste abilitazione e non si conoscono i rischi derivanti dall’emissione dei raggi X così come previsto dal D.Lgs. 81/2008; infine capita che si creino falsi allarmi generati dalle simulazioni della macchina che fa apparire bombe e pistole all’interno dei bagagli allertando il poliziotto polifunzionale. Sollecitata più volte dal Dirigente della Polaria, la SAGAT risponde che non ci sono i presupposti per l’impiego di guardie giurate in postazione fissa e che qualora sia necessario si deve contattare i Terminal Supervisor SAGAT manifestando la necessità di una Guardiam che se disponibile, e solo se, verrà inviata per il tempo strettamente necessario a radiogenare i bagagli. Questo può apparire paradossale ma purtroppo accade quotidianamente e prima o poi qualche programma satirico ci farà fare una bruttissima figura come è accaduto qualche tempo fa in un altro aeroporto, vanificando l’operato serio e professionale che la Polizia di Stato svolge quotidianamente nonostante tutto…..
Questa O.S. chiede pertanto l’immediato intervento presso il Dipartimento della P.S. affinché questa situazione venga sanata venendo a mancare la sicurezza dei passeggeri e degli operatori di Polizia.
In attesa di un cortese sollecito riscontro alla presente si porgono distinti saluti.

venerdì 15 maggio 2009

La Corte di giustizia europea invita l'Italia a conformarsi all'obbligo di localizzazione delle chiamate al 112


14/05/2009
In Italia i servizi di soccorso continuano a non disporre delle informazioni che permettono di identificare il luogo da cui provengono le chiamate al 112 effettuate a partire da telefoni cellulari, contrariamente a quanto prevede la normativa comunitaria e nonostante la sentenza della Corte di giustizia del gennaio scorso.


La Corte di giustizia europea invita l'Italia a conformarsi all'obbligo di localizzazione delle chiamate al 112

La Commissione europea ha deciso oggi di inviare all’Italia una lettera di costituzione in mora invitandola a conformarsi alla sentenza della Corte e a rendere disponibili ai servizi di soccorso le informazioni sull’ubicazione del chiamante per tutte le chiamate al 112. L’Italia rischia una multa se il caso dovesse approdare di nuovo dinanzi alla Corte.

“Per un funzionamento efficace del numero unico europeo di emergenza 112 è fondamentale che i servizi di soccorso possano conoscere l’ubicazione del chiamante”, ha affermato Viviane Reding, Commissaria europea alletelecomunicazioni.“Nella maggior parte degli Stati membri questo servizio è già operativo e non ci sono motivi per cui l’Italia non possa metterlo a disposizione dei suoi cittadini. La Commissione deve portare avanti il procedimento di infrazione contro l’Italia, sia per garantire l’osservanza della sentenza della Corte di giustizia sia perché la possibilità di conoscere l’ubicazione esatta di chi chiama il 112 è uno strumento che può contribuire a salvare vite umane in situazioni di emergenza.”

Il 15 gennaio 2009 la Corte di giustizia europea ha statuito che l’Italia aveva omesso di mettere a disposizione delle autorità responsabili dei servizi di soccorso le informazioni relative all’ubicazione del chiamante per tutte le chiamate telefoniche al 112. L’informazione sull’ubicazione del chiamante non è ancora disponibile in tutta Italia per le chiamate al 112 effettuate da telefoni cellulari: fa eccezione la provincia di Salerno.

La Commissione prende atto delle misure adottate dalle autorità italiane per garantire la disponibilità dell’informazione sull’ubicazione del chiamante il 112, ma invita il governo italiano ad accelerare la messa a disposizione di tale informazione per tutte le chiamate al 112 in tutto il territorio italiano. Qualora non si conformi entro due mesi a questa richiesta, l’Italia corre il rischio di essere multata per mancato rispetto della sentenza della Corte.

La trasmissione ai servizi di soccorso dell’informazione che permette di localizzare chi chiama il 112 contribuisce alla sicurezza dei cittadini di tutta Europa. I cittadini, italiani e europei, in viaggio per turismo o per motivi professionali nel loro paese o in altri paesi dell’UE, devono poter contare sulla capacità dei servizi di soccorso italiani di localizzarli quando fanno una chiamata di emergenza e non sono in grado di precisare la propria ubicazione per l’invio dei soccorsi.

Contesto

A norma della direttiva “servizio universale” (articolo 26) gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire il corretto funzionamento del numero unico di emergenza europeo 112. Tale obbligo significa garantire che i servizi di soccorso conoscano l’esatta ubicazione delle persone che chiamano il numero di emergenza 112 da qualsiasi telefono.

La Commissione ha avviato procedimenti di infrazione nei confronti di 14 Stati membri a proposito dell’ubicazione delle persone che chiamano il 112. Undici casi sono stati archiviati dopo che gli Stati membri hanno posto rimedio alla situazione e hanno reso pienamente disponibile l’informazione sull’ubicazione del chiamante. Oltre all’Italia, la Corte di giustizia europea ha statuito che anche la Lituania e i Paesi Bassi sono venuti meno agli obblighi loro imposti dalla normativa comunitaria per quanto riguarda l’ubicazione del chiamante il 112. I procedimenti per questi due paesi sono tuttora pendenti.

In passato la Commissione aveva avviato procedimenti di infrazione anche nei confronti di altri due Stati membri per indisponibilità del numero d’emergenza europeo 112. L’ultimo caso, che riguardava la Bulgaria, è stato chiuso il 29 gennaio di quest’anno e attualmente il 112 è attivo in tutta l’Unione europea (IP/08/1968) Infine, nel settembre 2008 ha avviato un altro procedimento contro l’Italia sul trattamento delle chiamate al 112( IP/08/1342).

La Commissione europea ha deciso, in applicazione dell’articolo 228 del trattato CE, di inviare una lettera di costituzione in mora in cui chiede all’Italia di informarla dettagliatamente sui provvedimenti presi per conformarsi alla sentenza della Corte del gennaio scorso. La Commissione, se persiste l’inadempimento dell’Italia, trasmetterà al governo italiano un parere motivato e in ultima istanza potrà chiedere alla Corte di infliggere all’Italia il pagamento di una penale.
Link connessi

*

Il comunicato della Commissione su Rapid

Informazioni sui procedimenti di infrazione in materia di telecomunicazioni

Il numero di emergenza 112 funziona ora in tutti gli Stati membri

mercoledì 13 maggio 2009

VELENI SUI CONCORSI: I FIGLI DI DIRIGENTI E COMANDANTI ALLA CORTE DI PAPÀ


Amici e parenti la grande famiglia della Forestale


ROMA Bravi. Anzi, bravissimi. Ma non c’erano dubbi, visto che spesso la sapienza passa di padre in figlio. E così, da una parte il caso, dall’altro le conoscenze e le tante doti è accaduto che tra i 500 vincitori al concorso allievi per il Corpo forestale, molti tra questi sono figli di comandanti, dirigenti, uomini di stretta vicinanza del capo del Corpo, Cesare Patrone. Il fato, infatti, è stato così generoso nei loro confronti, che molti di costoro sono stati, addirittura, assegnati nelle stazioni dove comandano i loro capo famiglia. Non sfugge, infatti, che la sorte abbia riservato a Matteo Colleselli la stazione di Candaten proprio nell’area dove papà, comanda la regione Veneto; e così è accaduto a Stefano Piastrelli figlio del capo di Perugia, o a Massimiliano Giusti discendente diretto del numero due della regione Umbria. Ma le regalie della dea bendata non finiscono qui. Tanto che a trarne beneficio è toccato pure a Matteo Palmieri, «omonimo» del capo della segreteria del Corpo e destinato in Puglia, terra d’origine, a Francesco Polci (figlio del vice comandante d’Abruzzo assegnato a Chieti), a Massimo Priori (omonimo del caposervizio del personale assegnato a Livorno), a Vittorio Scarpelli (figlio del dirigente del servizio ispettivo assegnato nel vicino Abruzzo), nonché al figlio del comandante di Taranto, Pasquale Silletti, assegnato alla stazione di Cassano Murge a Bari, a Dante Stabile, parente del capo di Napoli finito alla stazione di Boscoreale in Campania. E’ chiaro, però, che la fortuna non poteva girare a tutti. Ma dove non osò la sorte, giunsero i «pizzini» del patronato: per Alfonso, figlio di Rosetta, per Emidio figlio di Cesarina di zio Antonio, o per Maria, figlia di Raffaele di zia Maria. E ancora, per Massimiliano, cugino di Rosetta, ma anche per Paolo che è nel cuore di zio Domenico e altri. Del resto si sa, in Italia le cose marciano spedite solo se stanno veramente a cuore a qualcuno. E tra le camicie verdi del Corpo Forestale la regola, stavolta, non fa eccezione. I capisaldi sembrano tre: l’ambiente e il soccorso, il rispetto della legge ma anche la famiglia. Non a caso, infatti, a capo del Corpo è finito Cesare Patrone, figlio dell’ex geometra della Forestale, Michele. Al suo fianco ci sono anche il fratello Amato (sovrintendente), la moglie di quest’ultimo Serena Pandolfini (sovrintendente), Domenico, zio del capo ma ora in quiescenza, dalla fulgida carriera e la figlia di quest’ultimo Rosa, primo dirigente del Corpo, la quale classificatasi quarta al concorso da primo dirigente (i posti erano tre) si è vista riconoscere dall’amministrazione il ruolo, ma senza arretrati per la decorrenza della nomina dal 1 gennaio 2002 (data del posto vacante), secondo quanto stabilito dall’ufficio centrale del bilancio del Ministero. Nomina sì, dunque, ma senza «indennizzo». Ma per la serie, la speranza è l’ultima a morire, ecco che in soccorso di Rosa Patrone, la Camera ha approvato un emendamentino ad hoc che si «applica anche agli idonei nominati, nell’anno 2008, nelle qualifiche dirigenziali» e che risarcisce e stabilisce anche le quantificazioni economiche: oltre 177mila euro per il 2008, 24mila per il 2009 e altri 24 mila per il 2010. Insomma, un indennizzo niente male, che desta non pochi malumori. Così come destano sorpresa i risultati del concorso per 182 posti da vice ispettore. Dopo la prova scritta tra i primi posti a piazzarsi ci sono i più stretti collaboratori del capo del Corpo. Uomini certamente brillanti e qualificati come il suo autista Domenico Zilli (voto 30 su 30), Marco Giurissich della segreteria (30/30), Amato Patrone, fratello del capo (30/30), Noemi La Motta, segretaria del capo (29,5/30), Serena Pandolfini, la cognata di Patrone (29,5/30), Claudio Bernardini, segreteria della cugina del capo del corpo (29/30), Cristiano De Michelis, assistente del capo (29/30), Quintilia Pomponi, segreteria della cugina del capo (29/30), Vania La Motta, sorella di Noemi, cognata di Zilli l’autista del capo. Tanta conoscenza e bravura, nelle prove scritte, ha stupito il parlamentare del Pdl, Marco Zacchera che in una interrogazione spiega «che dall’esame dei 50 concorrenti che hanno superato il punteggio di 28/30 appaiono alcune anomalie, ovvero che ben 32 di essi hanno sede di lavoro a Roma, molti negli uffici dell’ispettorato generale, mentre altri 8 hanno sede di lavoro in Calabria e solo 10 nel resto d’Italia», e quindi chiede «di accertare se i testi dei quiz siano stati resi pubblici a nicchie» e se non si ritenga di «dover sospendere il concorso». Niente da fare, ovviamente. Il concorso va avanti, così come procede spedita anche un’altra interrogazione. Stavolta, a siglarla è il parlamentare leghista, Maurizio Fugatti al quale non sfugge che «dei 29 candidati che hanno riportato voti tra il 29 e il 30, ben 21 provengono dal medesimo ispettorato generale». Attitudini spiccate? Chissà. Di certo, nemmeno Fugatti sembra capacitarsi di «un personale così altamente qualificato in servizio all’ispettorato - scrive - e che sarebbe consigliabile correggere tale squilibrio sul territorio nazionale, assegnando a compiti territoriali almeno parte delle migliori risorse ora collocate a mansioni amministrative». Ma nonostante ciò al Corpo si guarda avanti. L’attenzione nelle ultime ore è rivolta a tutta una serie di promozioni varate in una delle riunioni del cda della Forestale presieduto dal ministro Zaia. Anche qui, la fortuna ha lasciato il segno. Tangibile, ma solo per pochi, «posandosi» sui fascicoli di nove candidati, otto dei quali del nord Italia e Veneto, che così hanno ottenuto il punteggio massimo pur non avendo alcuni titolo speciale valutabile.

PAOLO FESTUCCIA
La Stampa 13/5/2009

lunedì 11 maggio 2009

PIU’ POLIZIE SIGNIFICANO PIU’ SICUREZZA?

Convegno Nazionale SAP

Rimini 4 - 5 - 6 maggio 2009
Relazione del Segretario Generale
La Polizia di Stato è stata riformata, anzi istituita come tale, dalla legge n. 121 del 1981. Il quadro è stato rivisto nel 2001 con il decreto n. 208 del Presidente della Repubblica, mentre per i Carabinieri si è provveduto nel 2000 con il decreto legislativo n. 297, che ne ha ridefinito anche la collocazione all'interno del Ministero della difesa.
Il primo interrogativo che dobbiamo porci riguarda la consistenza delle Forze dell'ordine. Ci si chiede, infatti, se attualmente esse siano troppe o troppo poche.
Per fornire risposte a questo interrogativo è necessario, innanzitutto, effettuare un confronto comparato con gli altri Paesi europei: in Francia, la situazione è sostanzialmente identica a quella italiana per consistenza e dimensioni delle Forze dell’ordine a carattere nazionale (circa 220 mila unità tra gendarmeria e polizia nazionale).
Si tratta di dati, occorre precisare, che non contemplano la consistenza numerica di Guardia di finanza (60 mila unità), Polizia Penitenziaria (39 mila unità) e Polizia Ambientale e Forestale (8 mila unità), ricompresi tra le forze di polizia ai sensi della l. 121/81.
Si rileva, per contro, come in alcuni Stati europei - Inghilterra, Svezia, Danimarca e Svizzera - con i quali è possibile effettuare rigorosi confronti, il numero di poliziotti sia minore che in Italia.
Nell'effettuare confronti, tuttavia, è necessario considerare le diverse funzioni svolte dalle Forze di polizia. Basti pensare che in Italia le Forze di polizia si occupano dell'ordine negli stadi, mentre ciò non avviene in altri paesi.
In questo periodo di tempo, inoltre, a fronte di un fortissimo incremento di alcuni aspetti della criminalità, si è riscontrato un assai minore incremento del numero degli effettivi della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri.
In particolare, gli organici della Polizia di Stato sono rimasti quelli di venti anni fa e all’appello mancano, tra tutte le forze dell’ordine, circa 22 mila uomini.Con l’abolizione della leva, che garantiva assunzioni annue, e con la progressiva diminuzione dei concorsi, l’età media del personale si è alzata, arrivando a 40-45 anni.
Nello stesso tempo alcune funzioni, quali quelle non di controllo del territorio ma puramente amministrative concernenti gli immigrati e il settore dell’amministrativa (rilascio di permessi di soggiorno, passaporti e porto d’armi), vengono massicciamente svolte dalle stesse Forze di polizia, impiegate in attività sì burocratiche, ma essenzialmente legate ai compiti di polizia e che, pertanto, necessitano di competenze specifiche.
Dopo questa necessaria, seppur breve premessa, affrontiamo - cercando di fornire una qualche risposta soddisfacente - l’interrogativo di fondo: più polizie significano più sicurezza?
Il tema della pluralità delle forze di polizia non è una caratteristica esclusiva dello Stato italiano, ma si registra anche in altri paesi. Anche in paesi come la Germania federale, che ha un'impostazione originaria ed evolutiva diversa da quella italiana in quanto Stato federale caratterizzato da Länder con cospicue competenze, l'ordine e la sicurezza pubblica attengono a valori unitari e quindi è stata istituita una polizia federale che prima era limitata solo ad alcuni profili.
Emerge, dunque, la problematica dell'utilizzo delle Forze di polizia. A prescindere dal problema del quantitativo sufficiente o eccessivo delle Forze di polizia italiane, peraltro assai simile a quella francese, con sostanziale parità di popolazione, si rileva quello dell'utilizzo.Innanzitutto, si registra un sovraccarico di compiti, che dipende anche dalla vecchia tradizione del cumulo negli stessi apparati delle funzioni di polizia di sicurezza e di polizia amministrativa.
Alla domanda se più polizie significano più sicurezza non è possibile dare una risposta compiuta senza guardare alle Forze di polizia in un’ottica comunitaria: gli accordi di Schengen, la convenzione di Prüm, a cui l'Italia ha aderito successivamente, la collaborazione tra le forze di polizia dei paesi dell'Unione europea, lo scambio di informazioni, la disciplina di alcuni profili di indagine quali la raccolta delle impronte digitali, il sistema di informatizzazione e così via. L’Unione europea favorisce e auspica a progetti di armonizzazione organizzativa delle polizie europee, senza però nascondere le difficoltà emerse dalla forte asimmetria tra Stati: alcuni hanno una pluralità di forze di polizia (Italia, Francia e Spagna), altri come la Germania conoscono una distinzione di tipo territoriale, altri ancora, come la Gran Bretagna, presentano una forza di polizia avente soprattutto una caratterizzazione locale. Ora, è evidente che pensare ad un progetto di unificazione e compenetrazione delle Forze di Polizia nazionali esistenti sul territorio si pone in un’ottica di sostanziale adesione al progetto, di scala europea, di armonizzazione e cooperazione delle polizie europee.
Noi del SAP abbiamo sempre sostenuto l’importanza e la lungimiranza di un programma di armonizzazione cooperativa delle polizia europee, anche mediante l’adesione, in qualità di membro effettivo, del Consiglio Europeo dei Sindacati di Polizia - CESP – rappresentativo di circa 300.000 agenti di polizia di 18 paesi e in seno al quale il SAP ricopre incarichi di vertice.Un progetto di unificazione delle forze dell’ordine del nostro Paese è importante anche per questo aspetto che potremmo definire “di politica di sicurezza comunitaria”.Il modello è quello francese, dove a gennaio è stato celebrato il matrimonio tra polizia nazionale, presente nelle città, e gendarmeria, per tradizione presente prevalentemente in campagna.Le due forze, 120 mila uomini i primi e 100 mila la seconda, hanno ora una sola guida e sono entrambe alla dipendenza del Ministero dell’Interno. Non solo.E’ in corso di definizione un provvedimento legislativo che perfezionerà gli aspetti tecnici dell’unificazione e permetterà risparmi fino a 5 mila unità.Anche in Spagna è stato creato un organo di pubblica sicurezza “terzo”, che coordina polizia e guardia civil, tutti dipendenti dal Ministero dell’Interno.In Germania esiste, invece, la polizia nazionale investigativa sotto la direzione degli Interni. E in Gran Bretagna alla più nota Scotland Yard, la polizia nazionale, si affiancano la Metropolitan police service, che opera nella provincia di Londra, e i poliziotti locali in ogni città.Ci vuole una riforma anche in Italia.
I tempi sono maturi e la crisi ha reso coscienti che bisogna razionalizzare le risorse. Stiamo già assistendo alla chiusura di caserme, c’è necessità di recuperare fondi e utilizzare gli uomini al meglio.E unire polizia e carabinieri vale quanto una manovra finanziaria.Peraltro, anche il Cocer della Guardia di Finanza ha sostenuto l’idea di inserire sotto l’esclusiva dipendenza del Ministero dell’Interno anche il personale dell’Arma dei Carabinieri.
Non può sfuggire, infatti, che l'ordine e la sicurezza pubblica competono in via esclusiva al Dipartimento di Pubblica Sicurezza, ai sensi della legge 121/1981.
Ormai è chiaro che non è più rispondente ai tempi di oggi una suddivisione delle forze di polizia in cinque corpi, come previsto dalla l. 121/81 (art. 16): Polizia di Stato (108 mila unità), Arma dei Carabinieri (110 mila unità), Corpo della Guardia di Finanza (60 mila unità), Polizia Penitenziaria (39 mila) e Polizia Ambientale e Forestale (8 mila unità).
Siamo il solo paese europeo ad avere cinque forze di polizia, di cui solo due (Polizia di Stato e Carabinieri) impiegate per il controllo del territorio urbano ed extraurbano; fanno eccezione, in qualche caso, solo le fiamme gialle.Occorre avviare un iter di unificazione delle forze dell’ordine, con la creazione di un’unica Polizia Nazionale, composta da circa 325 mila uomini e donne, che ponga fine alle duplicazioni di competenze tra Carabinieri e Polizia di Stato e possa contare sulla specificità delle competenze di Finanza, Penitenziaria e Forestale.
§ § § § §
Per quanto riguarda la legislazione che regola l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica e le Forze di polizia, l'ordinamento italiano non possiede un grado di disomogeneità maggiore di quello di altri paesi. Sotto questo profilo, peraltro, negli ultimi decenni l'ordinamento italiano si è notevolmente razionalizzato. Accanto a questa osservazione, è necessario aggiungerne un'altra concernente i rapporti tra Stato e regioni circa le competenze su queste materie (ordine pubblico e sicurezza pubblica). In tutte le riforme o ipotesi di riforma attuate o discusse nell'ultimo decennio si ravvisa una sostanziale convergenza di impostazione. Dalla riforma del titolo V della parte II della Costituzione emerge con chiarezza come la materia dell'ordine e della sicurezza pubblica appartenga allo Stato, mentre a regioni ed enti locali spetti piuttosto la polizia amministrativa, regionale e locale.In sostanza, in merito al dibattito sul maggiore spazio di regioni e di enti locali in ordine alla pubblica sicurezza, tutti i testi di rilievo costituzionale e le proposte di riforma succedutisi presentano un significativo grado di omogeneità, giacché l'ordine e la sicurezza pubblica sono considerati fattori di rilievo unitario da trattare con metodologia unitaria e, quindi, con il concorso tecnicooperativo di Forze di polizia nazionali.Sembra emergere – dunque - dal riscontro dei dati normativi che ordine, sicurezza pubblica e forze di polizia debbano avere un'impostazione unitaria, che riguarda lo Stato ordinamento nel suo complesso. Anche in Francia, Spagna e Germania si riscontrano le stesse aspirazioni e gli stessi indirizzi emersi in Italia e si annette un grande sforzo al coordinamento non solo tra forze di polizia, ma altresì tra livelli istituzionali, in particolare tra forze di polizia e autorità locali. Da tempo in Francia è sviluppata la materia dei contratti locali di sicurezza, e anche in Italia esistono patti territoriali e accordi per la sicurezza.In sintesi, sembra possibile registrare nell'ultimo decennio, nel quale il problema è stato maggiormente rilevante, un'assoluta convergenza di impostazione tra le varie proposte di riforma o norme costituzionali succedutesi.
§ § § § §
Per ciò che concerne precipuamente l’aspetto criminologico, la rilevanza di fenomeni legati all’ordine pubblico e alla criminalità, quali l'immigrazione, gli stupefacenti, la criminalità organizzata, la criminalità predatoria e il terrorismo, sposta l'attenzione anche dal punto di vista giuridico dai profili dell'organizzazione delle Forze di polizia ai profili relativi alle misure di contrasto di tali fenomeni, rimandando alle politiche materiali in materia di stupefacenti, di immigrazione, di criminalità organizzata o predatoria.
A tale riguardo, sebbene la nostra legislazione abbia il raro dono della chiarezza e negli anni sia stato attuato un tentativo di riorganizzare le funzioni e di coordinarle, emerge la sovrapposizione di funzioni fra le Forze dell'ordine generaliste e quelle di tipo speciale.
Questo è accaduto sia perché da parte delle forze generaliste c'è una ricerca di creare nuclei specialistici, sia perché esiste una sovrapposizione ad opera di alcune forze speciali rispetto alla categoria generale dell'ordine pubblico.
Ed è proprio questo fenomeno di sovrapposizioni, che crea un “doppio binario” di sicurezza, con un evidente e verosimile dispendio delle risorse umane ed economiche destinate a tal fine, fenomeno che il progetto di unificazione delle forze di polizia mira a stigmatizzare e censurare.
Senza contare le problematiche in termini di interferenze di competenze e funzioni che vengono innescate da un sistema così strutturato.
Ciò conduce inevitabilmente ad una sensazione di una superfetazione delle forze di polizia, e non certamente ad una maggiore percezione di sicurezza.
A tal proposito, negli ultimi trent'anni abbiamo assistito ad anda-menti abbastanza diversi. Oggi in Italia si rileva il tasso più basso di omicidi mai registrato Paese negli ultimi secoli, livello raggiunto per un breve periodo di tempo solamente negli anni Sessanta e per la prima volta il tasso degli omicidi relativo al nostro Paese è simile a quello di gran parte dei paesi europei.
Tuttavia, se si analizzano altri reati, l'andamento dei furti e delle rapine appare molto diverso.
Si rileva infatti uno dei livelli più alti di furti raggiunti nella storia degli ultimi cinquant'anni, anche se per motivi spiegabili a seconda dei diversi tipi di furto.
L'aspetto preoccupante, rispetto al quale non esiste una piena consapevolezza dell'andamento di questo fenomeno, è il continuo, straordinario e impressionante aumento delle rapine.
Questo è utile anche per capire il grado e il senso di insicurezza. Per comprendere quanto sta avvenendo nelle città italiane, è necessario rilevare come sul senso di insicurezza influisca anche il cosiddetto degrado, che gli studiosi definiscono disordine sociale, che concerne l'insieme di comportamenti che viola le norme condivise riguardanti l'uso degli spazi pubblici, ovvero i segni di inciviltà sociali e fisici.
I pochi dati in nostro possesso mostrano l'aumento del degrado dei grandi centri urbani italiani. Il senso di insicurezza dei cittadini italiani è dunque giustificato dalla presenza di un alto numero di reati, in particolare di rapine, e di crescenti zone di degrado.
Certamente, per le ragioni esposte, la prolificazione e lo “sdoppiamento” delle forze di polizia non può essere la soluzione.
E’ necessario, invece, utilizzare al meglio ciò che si ha, evitando duplicazioni che recano con sé innegabili sprechi di risorse economiche e di personale. La soluzione non può che passare attraverso un programma di unificazione delle forze dell’ordine, ovviamente coi necessari e dovuti accorgimenti che rispettino la storia e la struttura di ciascuna di esse.Peraltro, la legge n. 121 del 1981, si proponeva di aumentare il grado di coordinamento delle attività fra le Forze dell'ordine.
E’ segno di questa ratio legis l'istituzione del CED molto tempo fa e dell'attuale nuovo sistema, lo SDI, che rappresenta un'attività interforze.È inoltre aumentato il numero degli uffici a composizione interforze - l'Antimafia, l'Antidroga e così via - in cui lavorano circa 3.500 persone, ed esistono comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica. Parimenti, la legge n. 121 del 1981, ha auspicato pure la creazione di sale operative comuni o quantomeno interconnesse tra la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri. Non possiamo che concludere con l’auspicio che anche la volontà politica si convinca della necessità dell’unificazione delle forze dell’ordine sul territorio italiano, perché qui non si discute né di Fiat né di Ferrari, ma di un progetto unitario per la Sicurezza del Paese in un’ottica di razionalizzazione delle risorse

giovedì 7 maggio 2009

UNA PIETRA TOMBALE SUL DISTINTIVO PER LE OLIMPIADI 2006?

Il Comandante Generale della Guardia di Finanza un anno fa scrisse di attendere le decisioni della Polizia di Stato.









Il Ministero dell’Interno sembrerebbe aver infine deciso che il distintivo non s’ha da fare perché i sindacati non si sono accordati.






La Guardia di Finanza questa volta si adeguerà alla Polizia?

mercoledì 6 maggio 2009

SINDACATI PS, MOBILITAZIONE GENERALE CONTRO GOVERNO

(AGI) - Roma 6 mag. - "Mobilitazione generale contro la fallimentare politica del governo sulla sicurezza". A proclamarla e' un "cartello" di sindacati di polizia comprendente Siulp, Siap-Anfp, Silp-Cgil, Ugl-Polizia di Stato, Consap Italia Sicura, Coisp-Up-Fps-Adp-Pnfi-Mps, convinti che l'esecutivo di centrodestra abbia "voltato le spalle agli uomini e alle donne in divisa"."Protestiamo contro l'ulteriore messa in scena di un'opera gia' vista - lamentano - : si promettono risorse, mezzi, strumenti e al momento dei fatti si fa retromarcia e si tradiscono i giuramenti. Nel corso di un'audizione alla presidenza del Consiglio, il governo ha illustrato la sua politica dicendo che prima ci sarebbero stati i tagli e poi gli investimenti. I tagli li abbiamo visti, e tutti gli uffici di polizia sono in crisi e non possono piu' far fronte alle emergenze quotidiane. Gli investimenti invece no: denunciamo anzi ad oggi la pressoche' totale assenza di fondi per il rinnovo contrattuale degli operatori, per la retribuzione delle indennita', per il riconoscimento della specificita' e per il riordino delle carriere che serve a ridisegnare un sistema sicurezza attuale ed adeguato alle accresciute e mutate esigenze di sicurezza del nostro Paese".I sindacati denunciano, in particolare, "i tagli dell'85% sulle spese per l'armamento della polizia di stato, del 56% sulle spese per l'ordine pubblico, del 20% sulle spese di riscaldamento degli uffici" e quelli "per 16 milioni di euro sullo straordinario dei poliziotti". "Per questi motivi - concludono - per poter garantire una sicurezza reale ai cittadini e condizioni di oggettiva agibilita' per i poliziotti, proclamiamo la mobilitazione generale: nei prossimi giorni ulteriori iniziative sul territorio nazionale daranno corpo alla nostra protesta". (AGI)

ANCHE NEL FONDO ASSISTENZA DELLA FORESTALE VI SARANNO RAPPRESENTANTI DEL PERSONALE

Nell'ultima tornata contrattuale i sindacati del Corpo Forestale dello Stato hanno ottenuto l'impegno da parte della loro Amministrazione a prevedere la loro partecipazione alla gestione del Fondo di Assistenza del personale; per quanto riguarda invece la Guardia di Finanza nel contratto non è stato previsto nulla su tale problematica che riguarda anche i Finanzieri, ossia la mancanza di rappresentanti del personale nella gestione del FAF e del Fondo di Previdenza.





domenica 3 maggio 2009

RIFIUTARONO UN SERVIZIO, SANZIONE REVOCATA. IL “NO” A UN TURNO SENZA EMERGENZE


Questura di Cagliari: Annullato dal Capo della polizia il provvedimento disciplinare


Puniti dall'allora questore di Cagliari, Giacomo Deiana, con una “sanzione disciplinare” e redenti dal Capo della polizia che ha annullato il provvedimento. È successo a due agenti della squadra mobile, Marcello Pusceddu e Roberto Casu: multati, era l'accusa del questore, per essersi rifiutati di lavorare in un servizio anti-rapina. Il ricorso dei poliziotti è stato accolto per “eccesso di potere e per l'errata valutazione dei presupposti”. Agli agenti, che sono anche rappresentanti sindacali del Coisp, era stata chiesta la disponibilità di lavorare oltre l'orario di servizio. Un turno straordinario ma senza emergenza. Dunque facoltativo. I poliziotti, per precedenti impegni familiari, non avevano dato la loro disponibilità facendo scattare la reazione e la sanzione firmata dal questore.

IL RIFIUTO L'episodio risale all'anno scorso ed è stato raccontato nel notiziario del Coisp. Il 29 febbraio un funzionario della squadra mobile ha convocato una riunione: c'è da organizzare per la notte una serie di controlli in città dove nell'ultimo periodo si sono verificate diverse rapine. Quando ha chiesto la disponibilità degli agenti, i due rappresentanti sindacali gli hanno fatto notare che, non trattandosi di straordinario dovuto a un'emergenza, sarebbe stato possibile rifiutare. O meglio “non dare la disponibilità”. Così, per esigenze personali, una volta concluso il turno sono tornati a casa.

LA PUNIZIONE Sui due poliziotti si è abbattuta la furia dei vertici della questura. Prima, è la ricostruzione del sindacato del Coisp, sono stati accusati di “non aver voglia di lavorare” e minacciati: “informerò il dirigente del vostro comportamento”, è stato scritto nella relazione. Il caso è arrivato all'ufficio del questore Giacomo Deiana (nel frattempo andato in pensione e sostituito da Salvatore Mulas). È partita così la sanzione disciplinare per “gravi mancanze alla disciplina” e “mancanze lesive della dignità delle funzioni”. Aver messo prima del servizio, non per un'emergenza, i loro impegni personali è costato caro ai due agenti.

SCONTRO SINDACALE Il Coisp ha un'altra chiave di lettura del fatto: il sindacato aveva infatti contestato le parole pesanti del funzionario inviando una lettera al dipartimento di polizia. La sanzione, è l'interpretazione del Coisp, è stata una punizione per i rappresentanti sindacali Pusceddu e Casu, non perché agenti.

IL RICORSO Dopo la sanzione (richiamo e multa) gli agenti, appoggiati dal sindacato, hanno presentato un ricorso al Capo della polizia che lo ha accolto. Trattandosi di una decisione presa dai vertici della polizia la questura di Cagliari non ha rilasciato alcuna dichiarazione.

L'UNIONE SARDA di lunedì 12/01/2009

venerdì 1 maggio 2009

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno