venerdì 29 agosto 2008

I militari non sono tutti uguali difronte alla Costituzione ed alle leggi


Roma, 22 AGO - "I militari non sono tutti uguali difronte alla Costituzione ed alle leggi". Lo dice Luca Marco Comellini, responsabile del Dipartimento dei rapporti con le forze armate della Democrazia cristiana che spiega: "I casi dei delegati della rappresentanza militare Antonello Ciavarelli, Cocer della Marina militare, e Amedeo Berdozzo, Coir dell'Arma dei Carabinieri, si sono conclusi in modo diametralmente opposto mettendo in evidenza la mancanza di regole univoche applicabili a tutti i dipendenti militari del ministero della Difesa. Recentemente questi hanno occupato ripetutamente le pagine di alcuni quotidiani a carattere nazionale e siti web specializzati per essere stati i destinatari di severi procedimenti disciplinari, avviati dall'amministrazione militare a seguito della pubblicazione delle loro dichiarazioni. I due casi, perfettamente simili, hanno avuto percorsi ed epiloghi differenti. In un caso, quello di Ciavarelli, reo di aver criticato la politica del governo in merito alla sicurezza, i suoi colleghi dei Cocer e dei sindacati di Polizia hanno inscenato una levata di scudi con tanto di proclami e comunicati stampa per difendere il suo diritto alla libertà di pensiero, nell'altro, quello di Berdozzo, anche lui incriminato di aver parlato con i giornalisti per difendere l'onore ed il prestigio dell'Arma dei carabinieri dalle assurde accuse fatte nel corso della trasmissione Anno Zero, vi e' stato l'assoluto silenzio e il più totale disinteresse in quanto non si trattava del diritto di un delegato del Cocer ma più semplicemente di uno di livello inferiore: un 'minus habens'. Non meno di qualche giorno fa - racconta Comellini - ho letto da alcuni siti web che si preoccupano di diffondere tali notizie, che, mentre il Ciavarelli a seguito del procedimento disciplinare è stato prosciolto da ogni accusa, al Berdozzo è stato riservato un trattamento diametralmente opposto: è stato sanzionato con estrema durezza. Ora, guardando la questione un po' più da vicino, cercando di resistere alla nausea che potrebbe arrecare una simile vicenda, è possibile anche scoprire che la discriminazione messa in atto nei confronti di Berdozzo non si è limitata alla grave sanzione disciplinare. Al Ciavarelli, infatti, e' stato consentito di avvalersi di un carabiniere - suo collega del Cocer - per essere difeso in sede disciplinare mentre, sempre al povero Berdozzo, e' stato imposto il difensore in quanto quello da lui scelto per svolgere le sue difese e' stato rifiutato perché di un'altra forza armata e quindi appartenente ad una amministrazione che non ha nulla a che vedere con l'Arma dei carabinieri. Ci troviamo, quindi - sottolinea l'esponente della Dc -, difronte ad un caso emblematico dove un appartenente all'Arma dei carabinieri può svolgere l'ufficio del militare difensore a favore di un militare di un'altra forza armata ma, se incolpato, non può avvalersi, parimenti, della medesima possibilità in totale spregio dell'art. 24 della Costituzione, nonostante la stessa Corte Costituzionale abbia affermato, nel lontano 1992, che proprio per poter assicurare, non soltanto una difesa a tutela degli interessi del militare sottoposto a procedimento disciplinare, ma soprattutto una difesa che possa essere svolta in condizioni di imparzialità e di indipendenza anche nei confronti delle pressioni che possano derivare dall'ambiente di vita militare, deve essere prevista la possibilità di poter scegliere liberamente il proprio difensore, anche scegliendolo tra i militari in servizio presso altri enti. In conclusione, quindi - spiega Comellini -, non posso non rilevare che, a prescindere dalle vicende narrate - quella di Ciavarelli e quella di Berdozzo, entrambi militari dipendenti dalla medesima amministrazione - il ministero della Difesa -, i fatti confermano ancora una volta che la fruibilità dei diritti costituzionali da parte dei militari e' troppo spesso vittima di evidenti discriminazioni che, ove non possono o non vogliono essere eliminate, finiscono col favorire solo ed esclusivamente determinate categorie i cui componenti sembrano essere gli unici a godere di speciali diritti o privilegi. Gli altri, quelli che non appartengono alla 'Casta', è meglio che tacciano ogni rivendicazione per i propri diritti, soprattutto se questi sono chiesti per mantenere alto il prestigio delle forze armate, finirebbero certamente come il Berdozzo". (Il Velino)

Fonte:
http://www.grnet.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1808

mercoledì 27 agosto 2008

NOTE CARATTERISTICHE: E’ IMPUGNABILE L'ABBASSAMENTO INCOERENTE DELLE VOCI INTERNE








Provvedimento amministrativo
Sulla motivazione dei giudizi valutativi delle forze armate e della Guardia di Finanza
Roberto Proietti - magistrato amministrativo in servizio presso il TAR del Lazio








I giudizi valutativi degli appartenenti alle forze armate o della Guardia di Finanza, nel caso di contrasto interno tra le valutazioni espresse dai revisori impongono la presenza di una idonea motivazione e di una precisazione degli elementi che, in concreto, abbiano determinato i convincimenti critici espressi circa il servizio svolto dal dipendente.
Con sentenza 8 luglio 2008, n. 1513, la Prima Sezione del TAR Piemonte, ha affermato che i giudizi valutativi delle forze armate e della Guardia di Finanza, nel caso di contrasto interno tra le valutazioni espresse dai revisori impongono la presenza di una idonea motivazione e di una precisazione degli elementi che, in concreto, abbiano determinato i convincimenti critici espressi circa il servizio svolto dal dipendente, in modo da consentire verificare il corretto esercizio del potere tecnico – discrezionale esercitato dalla P.A., sia sotto il profilo della congruenza logica, sia sotto quello dell’accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento; ogni valutazione caratteristica degli Ufficiali, infatti, deve avere ad oggetto le qualità del servizio e le professionali e personali capacità rivelate nel periodo di riferimento.
Più in generale, i giudici piemontesi hanno opportunamente chiarito che l’ampio potere discrezionale nella valutazione del servizio reso dal dipendente nel periodo di riferimento per la redazione del rapporto informativo, fa sì che il sindacato del giudice amministrativo sul corretto esercizio di tale potere, debba riguardare solo profili di manifesta illogicità o di assenza di motivazione in relazione al contesto in cui si inserisce il giudizio; sicchè è onere dell’Amministrazione motivare determinate valutazioni, quando le stesse appaiano "prima facie", illogiche o, comunque, inspiegabili, in assenza di una congrua motivazione.


(TAR Piemonte, Sentenza, Sez. I, 08/07/2008, n. 1513)



N. 01513/2008 REG.SEN.
N. 00059/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente



SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 59 del 2006, proposto da: ********, rappresentato e difeso dagli avv. ************************;
contro
- Ministero dell’Economia e Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, presso cui domicilia in corso Stati Uniti, 45; - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante pro tempore, non costituito;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della scheda valutativa per ufficiali 24 ottobre 2005 della Guardia di Finanza, Comando Generale della Guardia di Finanza – Comando Tutela dell’Economia, redatta con riferimento agli incarichi ricoperti dal Maggiore ********(matr. mecc. ***********) nel periodo 1 settembre 2004 – 4 agosto 2005 e comunicata al ricorrente in data 7 novembre 2005;
nonchè per l’annullamento
di ogni ulteriore atto preordinato, consequenziale e comunque connesso del relativo procedimento, e per ogni ulteriore consequenziale statuizione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17/04/2008 il dott. Franco Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO


Con ricorso notificato il 28 dicembre 2005, il dott. ********, Maggiore della Guardia di Finanza, ha impugnato, dinanzi a questo Tribunale, la scheda valutativa per ufficiali redatta nei suoi confronti per il periodo 1 settembre 2004 – 4 agosto 2005, nonchè ogni altro atto preordinato, conseguenziale, e comunque connesso.
Richiamate le principali circostanze di fatto afferenti l’oggetto della controversia, il ricorrente ha dedotto, a fondamento del gravame, i seguenti motivi di illegittimità:
I) - Violazione dell’art. 3, Legge 8 giugno 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.
L’impugnato giudizio finale contenuto nella scheda valutativa è quello reso dal secondo revisore, il Generale di Divisione C., il quale, pur riconoscendo il rendimento costantemente elevato e meritevole di apprezzamento del ricorrente, ha omesso l’aggettivazione laudativa (“il vivissimo apprezzamento”) nonchè la lode, confermando la qualifica finale di “eccellente”.
Nessuna motivazione emerge dal giudizio stesso circa le ragioni che hanno indotto il secondo revisore ad una flessione in negativo dei giudizi formulati dal compilatore e dal primo revisore, in particolare, alcuna ragione è posta a fondamento dell’affermazione che il ricorrente avrebbe conseguito “risultati non in linea con le aspettative”. Il provvedimento impugnato non consente di comprendere la peggior valutazione finale espressa nei confronti dell’ufficiale, il quale nel periodo di riferimento, non è stato oggetto di alcun procedimento disciplinare nè è stato giudicato dai suoi superiori negativamente per singoli comportamenti, avendo sempre improntato la propria azione di comando al conseguimento di un rendimento d’eccezione.
Da ciò l’illegittimità del giudizio impugnato, che non fornisce alcuna indicazione dei presupposti di fatto dai quali possa essere scaturito, secondo un criterio di conseguenzialità logica, un peggioramento del giudizio finale.
II) - Violazione dell’art. 3, Legge 8 giugno 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Contraddittorietà.
L’impugnato giudizio peggiorativo appare altresì contraddittorio in riferimento alle singole voci interne della documentazione caratteristica con conseguente ulteriore ragione di illegittimità per eccesso di potere sub specie di difetto di istruttoria e motivazione. Il compilatore dell’impugnato giudizio finale non ha contestato in alcun modo le valutazioni di assoluta eccellenza compiute dal compilatore e dal primo revisore, sicchè nel caso di specie non vi è corrispondenza tra le valutazioni positive espresse sulle singole voci ed il giudizio complessivo peggiorativamente espresso per avere il ricorrente conseguito “risultati non in linea con le aspettative”. Appare quindi contraddittorio l’impugnato giudizio finale che mentre ritiene i risultati ottenuti dall’ufficiale “non in linea con le aspettative”, non pone in discussione le valutazioni d’eccellenza sulle singole qualità professionali dell’ufficiale stesso. In particolare, è evidente la contraddittorietà interna dell’impugnato giudizio nella parte in cui si afferma che il maggiore ********* ha raggiunto “risultati non in linea con le aspettative” dei suoi superiori pur essendo qualificato nel giudizio stesso come “esecutore intelligente degli ordini” dei suoi superiori verso i quali ha avuto atteggiamento “impeccabile, generoso, sollecito”, in tutti i casi dimostrando “eccellente” capacità d’organizzazione, “versatile e previdente” capacità amministrativa e “previdente” governo del personale.
III) - Violazione dell’art. 3, legge 8 giugno 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.
L’impugnato giudizio finale è altresì carente di istruttoria e di motivazione quanto alla “motivazione al lavoro”, valutata come “eccezionale” dal compilatore e dal primo revisore e “spiccata” in sede di giudizio finale. Sul punto, nessun elemento di fatto giustifica il diverso giudizio.
IV) – Violazione dell’art. 3 Legge 8 giugno 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, atteso che nel periodo oggetto della scheda di valutazione, il ricorrente ha svolto per 76 giorni circa le funzioni di Comandante interinale, ma di tale servizio non è fatto cenno nè sul frontespizio, nè nel giudizoo finale del secondo Revisore.
V) – Violazione dell’art. 6 D.P.R. 13 febbraio 1967, n. 429. Incompetenza.
Il primo revisore (C.P.) della impugnata scheda valutativa era Ufficiale con grado di Generale di Brigata, talchè il suo giudizio sul ricorrente non avrebbe potuto essere oggetto di ulteriore revisione da parte del II Revisore (il Generale di Divisione C.) con il quale il ricorrente non ha avuto rapporti di servizio diretti, attesa l’espressa conforme previsione della norma in epigrafe, il cui secondo alinea precisa, altresì, che “comunque, non si fa luogo a seconda revisione da parte di Autorità di grado più elevato di quello di Generale di Brigata”. Nella specie, il giudizio del II Revisore poteva essere rivisto, semmai, soltanto da un Genrale di Corpo d’Armata,. ai sensi del comma 5 dell’art. 6 D.P.R. n. 429/1964 cit.
Per gli anzidetti motivi, il ricorrente ha conclusivamente chiesto l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento dell’impugnato giudizio finale e con vittoria di spese ed onorari di causa.
Per resistere all’impugnativa, con il patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale ha confutato in fatto ed in diritto le avverse difese, sulla base di puntuali argomentazioni svolte nell’apposita Relazione dell’Amministrazione, cui l’Avvocatura si è riferita.
In particolare, qunato alla dedotta incompetenza del II Revisore ad esprimere il giudizio finale sul ricorrente, l’Avvocatura Erariale ne ha esposto l’infondatezza, alla stregua del 5° comma dell’invocato art. 6 D.P.R. n. 429/67, il quale dispone “per gli Ufficiali superiori fino al grado di tenente colonnello non si fa luogo a revisione nei casi in cui il compilatore o il primo revisore rivesta il grado di Generale di Corpo d’Armata”.
Nella fattispecie di causa deve ritenersi, quindi, legittima la seconda revisione del giudizio valutativo operata dal Gen. C., non vertendosi in alcuna delle ipotesi ostative previste dalla citata norma, in quanto nè compilatore nè il I Revisore del giudizio rivestivano il grado di Gen. di Corpo d’Armata.
Ha conseguentemente chiesto il rigetto del ricorso, con ogni conseguenza di legge, anche in ordine alle spese di lite da porre a carico di parte ricorrente.
Il ricorrente, con memoria illustrativa ha, ulteriormente e diffusamente illustrato tutti i motivi di doglianza, insistendo nelle conclusioni di accoglimento del gravame, già rassegnate.
Alla Pubblica Udienza del 17 aprile 2008, su richiesta dei Difensori delle parti presenti, il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
E’ oggetto del presente giudizio la scheda valutativa relativa al periodo 1 settembre 2004 – 4 agosto 2005, compilata nei confronti del ricorrente, Maggiore della Guardia di Finanza, il quale, nel periodo anzidetto, aveva ricoperto un incarico di Comandante della ****************.
La scheda valutativa era stata compilata dal diretto Responsabile del Gruppo, il quale aveva giudicato conclusivamente il rendimento dell’Ufficiale subalterno “costantemente elevato e meritevole di vivissimo apprezzamento e della più convinta lode”.
Con tale giudizio aveva concordato il Primo Revisore della scheda (Gen. di Brigata P.) il quale aveva conclusivamente valutato il redimento dell’Ufficiale “...costantemente elevato, meritevole di vivissimo apprezzamento e della più convinta lode”.. avendo lo stesso Ufficiale, “con pari rendimento, retto, congiuntamente, i comandi interinali del Gruppo ************ intellettuale e della II Sezione dello stesso Gruppo, per complessivi giorni 92”.
Il Secondo Revisore (Gen. di Divisione C.) dichiarava di “concordare in parte” con i giudizii espressi dal compilatere e dal primo revisore, giudicando l’Ufficiale (ricorrente) “di ottime qualità complessive”, per aver espresso “..spiccata motivazione al lavoro”.
Lo stesso Revisore ha altresì ritenuto che l’ufficiale ha conseguito “...risultati non in linea con le aspettative”. Il giudizio afferma conclusivamente che il ricorrente “in servizio ha fornito rendimento costantemente elevato e meritevole di apprezzamento”, non confermando il “vivissimo apprezzamento” e soprattutto “la più convinta lode”, attribuiti, invece, dal compilatore e dal Primo revisore.
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia l’illegittimità dell’impugnato giudizio finale – espresso dal secondo compilatore – per difetto d’istruttoria e di motivazione, nella parte in cui, pur riconoscendo il rendimento costantemente elevato e meritovole di apprezzamentodel ricorrente, omette la l’aggettivazione laudativa, (il vivissimo apprezzamento) nonchè la lode, confermando la qualifica finale di “Eccellente”, senza indicare le ragioni della peggior valutazione finale espressa nei confronti dell’Ufficiale.
Il motivo è fondato.
Nessuna motivazione emerge dall’impugnato giudizio circa le ragioni che hanno indotto il Secondo Revisore ad una flessione in negativo dei giudizi formulati dal compilatore e dal Primo Revisore; in particolare, alcuna ragione è posta a fondamento dell’affermazione che il ricorrente avrebbe conseguito “risultati non in linea con le aspettative”. Restano, quindi, sconosciuti i pressupposti di fatto dai quali possa essere scaturito, secondo un criterio di conseguenzialità logica, un peggioramento del giudizio finale. In tal luogo, si è precluso al ricorrente di avere certezza sia delle eventuali carenze, eventualmente dimostrate nello svolgimento del servizio, sia negli elementi di riscontro circa fatti e circostanze oggetto di eventuali e specifiche contestazioni o addebiti.
I giudizi valutativi, nel caso di contrasto interno tra le valutazioni espresse dai revisori impongono, per uniforme giurisprudenza, la presenza di una idonea motivazione e di una precisazione degli elementi che, in concreto, abbiano determinato i convincimenti critici espressi circa il servizio svolto dal dipendente, in modo da consentire al Giudice amministrativo di sindacare il corretto esercizio del potere tecnico – discrezionale esercitato dalla P.A., sia sotto il profilo della congruenza logica, sia sotto quello dell’accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento impugnato. (T.A.R. Lazio, I Sez. bis, 19/5/04 n. 5547). Ogni valutazione caratteristica degli Ufficiali deve avere ad oggetto le qualità del servizio e le professionali e personali capacità rivelate nel periodo di riferimento.
La necessaria ragionavolezza delle valutazioni in esame impone, in via generale, agli esaminatori di indicare espressamenrte nella valutazione quali sono gli elementi fattuali sfavorevoli da cui far discendere una peggiore valutazione complessiva o parziale, riferita ad aspetti rilevanti nello sviluppo di carriera del dipendente.
L’ampio potere discrezionale nella valutazione del servizio reso dal dipendente nel periodo di riferimento per la redazione del rapporto informativo – riconosciuto saldamente da una costante giurisprudenza – fa sì che il sindacato del Giudice Amministrativo sul corretto esercizio di tale potere, debba riguardare solo profili di manifesta illogicità o di assenza di motivazione in relazione al contesto in cui si inserisce il giudizio; sicchè è onere dell’Amministrazione motivare determinate valutazioni, quando le stesse appaiano “prima facie”, illogiche o, comunque, inspiegabili, in assenza di una congrua motivazione (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 4/3/2008 n. 368).
Tale indirizzo giurisprudenziale è applicabile al caso in esame, ove è impossibile trarre dalla scheda valutativa le ragioni della peggior valutazione resa dal secondo revisore, avuto riguardo specificamente all’affermazione secondo cui il ricorrente avrebbe conseguito “risultati non in linea con le aspettative”, non deducendosi nè le aspettative riposte dalla Superiore Gerarchia nè le eventuali carenze nei risultati conseguiti dal Magg. ***********.
Il peggioramento del giudizio interno, rispetto al giudizio finale, costituisce – come detto – possibile dato negativo nella successiva carriera dell’Ufficiale il quale ha ugualmente diritto di conoscere (ancorchè abbia conseguito il giudizio più elevato di “eccellente”) le ragioni ed i persupposti di fatto capaci di evidenziare la conseguenzialità logica del giudizio stesso interinalmente peggiorato.
E’ ugualmente fondato il secondo motivo con il quale si deduce la contraddittorietà dell’assegnato giudizio finale peggiorativo, in rapporto alle singole voci interne della documentazione caratteristica. Per tali voci, l’interessato ha conseguito valutazioni di eccellenza, che lo stesso secondo Revisore non ha attenuato, alle quali non è conseguenziale il giudizio impugnato, in difetto di ragioni che non risultano affatto percepibili.
Un contrasto immediato emerge palesemente dal raffronto tra le valutazioni altamente positive espresse nelle singole voci ed il giudizio complessivo internamente peggiorativo reso dal II Compilatore, in particolare ove egli afferma che il ricorrente ha conseguito “risultati non in linea con le aspettative”.
Il ricorso merita, dunque, di essere accolto, con conseguente annullamento, “in parte qua”, degli atti impugnati. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di gravame.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, definitivamente pronunciando sul Ricorso n. 59/2006 proposto da ***********, come in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti di cui in motivazione.
Spese di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 17/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:

domenica 24 agosto 2008

CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DEL MARESCIALLO VERSACI


Si sono svolti alle 15,30 del 18 agosto in Magliano Alpi, nella Parrocchia della Madonna del Carmine, i funerali del Maresciallo Aiutante della Guardia di Finanza Salvatore Versaci, in servizio a Torino, presso il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Piemonte. Erano presenti, oltre ai familiari, il Comandante del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Piemonte della Guardia di Finanza, il Cappellano Militare Capo Mons. Jean Pierre Ravotti, che ha officiato la funzione e rappresentanze dei Reparti di Torino e Cuneo.
Appassionato di equitazione, aveva trasmesso l’amore per lo sport al figlio. A ferragosto, mentre osservava gli esercizi di salto ostacoli che il ragazzo stava eseguendo, è stato colto da un grave malore e per lui non c’è stato più nulla da fare. Avrebbe compiuto 41 anni il giorno dopo.
Nato a Como, era cresciuto in Sicilia dove il padre, Appuntato del Corpo ora in pensione, svolgeva il suo servizio.
Arruolatosi nelle Fiamme Gialle a vent’anni e fregiatosi ben presto della specializzazione di Istruttore di Tiro di secondo livello, ha prestato servizio dapprima presso il Battaglione Allievi Finanzieri di Mondovì, poi in forza alla Tenenza di Saluzzo, per giungere, infine, al Reparto T.L.A. Piemonte, dove si occupava dell’addestramento al tiro dei militari presso il locale Poligono.
L’Ispettore, che risiedeva a Magliano Alpi, lascia la moglie ed un figlio di 14 anni, ai quali vanno i sentimenti di vivo cordoglio e sentita partecipazione di tutte le Fiamme Gialle.
http://www.targatocn.it/it/internal.php?news_code=53389&cat_code=1

sabato 23 agosto 2008

AGENTE FERITO NELLA RIVOLTA ALL'EX CPT, LA POLIZIA: PRONTI A SCIOPERARE



CronacaQui: CRONACA
Al Brunelleschi

TORINO - Materassi e tavoli di legno incendiati, oggetti scagliati contro le forze dell’ordine e un agente contuso. È il bilancio dell’ultima rivolta al Cie, l’ex Cpt di corso Brunelleschi. La prima per gli alpini della Taurinense. L’ennesima per quei poliziotti che ora annunciano proteste clamorose e valutano la possibilità di indire uno “sciopero bianco”.

Sommossa nella notte La tensione è esplosa domenica notte, attorno alla mezza, quando un giovane straniero, sedicente marocchino, ha dato in escandescenze mentre attendeva di entrare nella sala medica. Trasferito nei giorni scorsi a Torino da Modena, dove pare si fosse già reso protagonista di episodi simili, il nordafricano avrebbe incominciato ad inveire contro il personale. Gli altri immigrati, a questo punto, avrebbero colto la palla al balzo, sfruttando la confusione venutasi a creare per dare il via a tumulti che per essere sedati hanno richiesto l’intervento di numerosi poliziotti, carabinieri, alpini e vigili del fuoco. Gli immigrati, dopo aver colpito gli uomini delle forze dell’ordine con un fitto lancio di oggetti, si sono barricati nei moduli abitativi e, rispettando un copione ormai consolidato, hanno tentato, invano, di incendiare i materassi fatti di un materiale ignifugo. La rabbia degli stranieri (57 in tutto), si è allora concentrata sui tavoli di legno della sala mensa, dati alle fiamme. L’intervento degli uomini delle forze dell’ordine ha evitato il peggio e, dopo circa un’ora, la situazione è tornata alla calma.

I sindacati minacciano lo sciopero Durante i tumulti, un poliziotto è rimasto contuso. E mentre la Lega, attraverso l’onorevole Allasia, sostiene che «questi comportamenti non possono più essere tollerati», il Sap si rivolge direttamente a Maroni e paventa proteste «clamorose». «Abbiamo chiesto da tempo al ministro dell’Interno di rinforzare l’organico in forza alla struttura - ha detto Massimo Montebove, portavoce nazionale - si è preferito invece, impiegare la Taurinense e lasciare fuori i poliziotti e i carabinieri, salvo poi richiedere il loro aiuto per sedare risse e risolvere problemi. A queste condizioni non ci stiamo più. O arrivano risposte concrete, o altrimenti le forze dell’ordine e la polizia di Stato sono pronte a mettere in pratica forme di protesta anche clamorose». I poliziotti, in particolare, stanno valutando due possibilità. «Potremmo mobilitarci con presidi fissi di colleghi fuori servizio davanti ai Cie, ma anche mettere in pratica uno sciopero bianco. In pratica, i poliziotti si atterrebbero alla rigorosa esecuzione degli ordini di servizio. Senza fare nulla in più. E i cittadini se ne accorgerebbero subito. Perché se possono dire di sentirsi sicuri, è grazie al buonsenso degli agenti che quotidianamente fanno più di quello per cui sono pagati».

L’altra versione dei fatti Tornando alla rivolta, anche questa volta i siti web dell’anarchia torinese hanno lanciato la notizia. E la versione dei fatti, come al solito, contrasta con quella ufficiale. «Un detenuto dell’area rossa - hanno scritto - ha fatto notare che gli sono stati dati farmaci sbagliati. La discussione tra i due si è accesa, al che la crocerossina ha ordinato a tutti di mettersi in fila e di andare in infermeria per prendere la terapia. Il primo ad entrare è stato il ragazzo che si era lamentato, ma quando è uscito non riusciva a camminare perché i poliziotti lo hanno picchiato. I detenuti hanno iniziato ad urlare e a bruciare tutto».

s.tam.
19/08/2008
http://www.cronacaqui.it/news-agente-ferito-nella-rivolta-allex-cpt-la-polizia-pronti-a-scioperare--_11133.html

giovedì 14 agosto 2008

CONCLUSO IL CASO CIAVARELLI!


da http://www.forzearmate.org/

Come atteso, in data 9 agosto u.s. si è svolto il procedimento disciplinare a carico del delegato Co.Ce.R. Antonio Ciavarelli.


Alta è stata l’attenzione sul caso in quanto, oltre a colpire umanamente un collega per aver legittimamente espresso il suo personale e costruttivo pensiero, l’azione disciplinare partita su segnalazione dello Stato Maggiore Marina poteva essere interpretata come pretestuosa, al fine di limitare il lavoro di uno dei più attivi delegati Co.Ce.R.. Infatti, unanimi sono state le azioni a tutela e solidarietà dell’attività del delegato, espresse dai tanti scritti sul blog, dalle delibere a suo favore dei Consigli di tutti i livelli della rappresentanza (Interforze e Marina compresi) e da tutti i Sindacati di Polizia.


L’avvio di una azione disciplinare, che si fosse conclusa in maniera negativa per il delegato, sarebbe stato un grave precedente che avrebbe condizionato tutta la Rappresentatività dei militari e il suo processo evolutivo.


Dopo quasi tre ore di lavori il Comandante di Corpo di Taranto (Comando presso il quale Ciavarelli presta servizio) sentita il parere della Commissione costituita, ha sancito che il comportamento del delegato Ciavarelli non è risultato disciplinarmente sanzionabile.


Ci si augura che da questo caso si prenda spunto perchè finalmente i delegati, la parte politica e gli Stati Maggiori percepiscano l’esigenza di una urgente riforma del sistema di rappresentatività dei militari.

mercoledì 13 agosto 2008

PATTO TRA COMUNE-GDF CONTRO I «FURBETTI»

DOMODOSSOLA, FIRMATO PROTOCOLLO DI INTESA

L’accordo siglato consentirà di scambiarsi dati per individuare le persone che usufruiscono di servizi sociali e contributi senza averne alcun diritto, danneggiando in questo modo chi ne avrebbe davvero bisogno

Domodossola. Si sente spesso parlare di falsi invalidi, finti poveri, e di persone che nonostante se la passino più che bene fingono di essere poco abbienti, magari per ottenere agevolazioni pubbliche delle quali in realtà non avrebbero diritto. Proprio per contrastare questo fenomeno il Comune di Domodossola e il Comando Provinciale di Verbania della Guardia di Finanza del Vco hanno siglato un patto di ferro. Il protocollo di intesa siglato è proprio finalizzato ad attivare tutta una serie di procedure per i controlli individuali ed a campione sui redditi e i patrimoni di chi beneficia delle prestazioni pubbliche agevolate.

L’obiettivo della collaborazione è duplice: assicurare che i benefici vengano erogati a chi ne abbia effettivo diritto e tutelare gli interessi finanziari degli Enti sui quali grava l’erogazione degli aiuti.
In base all’accordo il Comune di Domodossola si impegna a fornire al Comando Provinciale della Guardia di Finanza elenchi di nominativi dei beneficiari sui quali emergano fondati dubbi sulla veridicità delle rispettive dichiarazioni oltre che a fornire, dietro specifica richiesta, documentazione ed assistenza per l’approfondimento dei controlli.

Tutte queste procedure, come hanno garantito Comune e Fiamme Gialle, avverranno sempre e comunque nel massimo rispetto della privacy e nel diritto alla riservatezza dei cittadini. I reparti della Guardia di Finanza, incaricati dei controlli, daranno comunicazione, nei modi e termini previsti, al Comune di Domodossola delle violazioni di natura amministrativa, penale e tributaria riscontrate, al fine di migliorare l’efficacia complessiva dell’azione di controllo e di verifica svolte dalla stessa amministrazione.

L’attività delle Fiamme Gialle rientra nei compiti di controllo della spesa pubblica espressamente assegnati al corpo della Guardia di finanza dal decreto legislativo 68 del 2001. In questo ambito si collocano gli interventi sulle prestazioni sociali agevolate, un tipo di attività per la quale sono già state impartite opportune direttive dal comando generale della Guardia di Finanza. Per ottimizzare l’impiego di risorse e del personale vengono stipulati, come in questo caso, protocolli d’intesa, finalizzati proprio ad ottenere informazioni selezionate relative a situazioni sospette. Proprio quelle che poi vengono utili per orientare in modo efficace l’azione di controllo

lunedì 11 agosto 2008

RICORSO CONTRO IL MANCATO AVVIO PREVIDENZA COMPLEMENTARE (C.D. "LEGGE DINI")

MANCATO AVVIO PREVIDENZA COMPLEMENTARE (C.D. "LEGGE DINI"), RICORSO DE “LA RETE LEGALE” AL TAR DEL LAZIO PER APPARTENENTI A FF.AA. E FF.PP. IN REGIME CONTRIBUTIVO. COSTO PER I SOCI FICIESSE: 10 EURO. TERMINE PER LA DOCUMENTAZIONE A ROMA: 31.10.2008

La Rete Legale ha pubblicato sul suo sito internet (http://www.laretelegale.it/) l’avviso di due ricorsi collettivi per il mancato avvio della previdenza complementare riservati:
- uno agli appartenenti alle Forze di Polizia civili e militari (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato e Polizia Penitenziaria) in regime contributivo;
- l’altro agli appartenenti alle Forze Armate tradizionali (Esercito, Marina e Aeronautica) anch'essi in regime contributivo.
Può quindi aderire il personale delle Forze Armate e di Polizia che alla data del 31.12.1995 avevano un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni o che sono stati assunti dopo il 31.12.1995.

Gli scopi dei ricorsi sono quelli di:
1) obbligare il Governo a dare immediata attuazione a quanto obbligatoriamente previsto, da ben 10 anni, dall’art. 26, comma 20, della legge n. 448/1998, cioè ad avviare le procedure di negoziazione / concertazione con le Organizzazioni sindacali e gli Organismi della rappresentanza militare per:

a. pervenire al risultato della trasformazione del TFS in TFR;

b. dare finalmente definitiva attuazione alla previdenza complementare con l’attivazione dei fondi pensione;

c. trovare adeguate e soddisfacenti "soluzioni-ponte" affinché il gravissimo ritardo (ben 10 anni) di cui si sono resi responsabili i Governi succedutisi nel tempo, non scarichi i suoi effetti negativi sulle future pensioni dei lavoratori in regime contributivo delle Forze Armate e di Polizia e sulle loro famiglie, già fortemente pregiudicati rispetto ai colleghi che godono del regime retributivo;

2) presentare i due ricorsi al Tar del Lazio per sostenere tali legittime richieste, che trovano ragione e fondamento in leggi, inattuate, dello Stato.

Si tratta, come si vede, di iniziative completamente diverse da quelle proposte da altre organizzazioni e sulle quali La Rete Legale e l’esperto previdenziale del Silp per la Cgil, Camillo BRUNO, hanno espresso nei mesi scorsi motivate riserve (si vedano gli approfondimenti pubblicati alle pagine http://www.ficiesse.it/popup.asp?id=2165 e http://www.ficiesse.it/popup.asp?id=2172.

I due ricorsi proposti oggi da La Rete Legale, infatti:

- chiamano di fronte al giudice amministrativo la parte pubblica datoriale (cioé l'Autorità di Governo) e non il legislatore (che non è suscettibile di subire azione giudiziaria);
- si basano su precisi inadempimenti a disposizioni di legge da parte del Governo (il mancato avviare la negoziazione / concertazione con i sindacati e i Cocer) e non su ipotetiche illegittimità costituzionali, che, quand’anche fossero fatte proprie dal Tar, non si ritiene possano portare a esiti positivi perché vertenti su questioni che incidono sul bilancio dello Stato e caratterizzate da una evidente valenza politica.


In ogni caso, considerata la diversità del “petitum”, possono aderire ai ricorsi de La Rete Legale anche coloro che hanno partecipato alle altre iniziative nei confronti della cosidetta "legge Dini".

Sarà comunque nostra cura pubblicare sul sito http://www.ficiesse.it/ aggiornamenti, informazioni e contributi sul tema.

ATTENZIONE:

Il termine per l'invio della documentazione a Roma è fissato al 31 OTTOBRE 2008.

I moduli di partecipazione si scaricano dal sito http://www.laretelegale.it/.

Per informazioni è possibile telefonare a La Rete Legale ai numeri 06.4742965 (anche fax), 340.2813453, 340.2993001 (a decorrere dal 28 agosto 2008, data di riattivazione degli uffici al termine delle ferie) o inviare e-mail a info@laretelegale.it.

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