venerdì 30 gennaio 2009

INCHIESTA DI "LIBERO": OSPEDALI MILITARI, MIGLIAIA DI MEDICI SENZA PAZIENTI


LE STRUTTURE SONO UTILIZZATE POCO O NULLA, I DOTTORI INOPEROSI



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PROTOCOLLO DELLA REGIONE PIEMONTE: INTEGRAZIONE TRA MILITARI E SOCIETÀ


PIEMONTE INFORMA

La realizzazione di progetti nei settori dell’edilizia residenziale pubblica, della cultura, dell’assistenza sanitaria e dei trasporti sono i contenuti del protocollo d’intesa per l’integrazione tra comunità militare e società civile siglato il 29 gennaio tra la Regione Piemonte e il Comando Regione Militare Nord.
Alla firma erano presenti l’assessore regionale agli Enti locali, Sergio Deorsola, e il generale Franco Cravarezza, Comandante della Regione Militare Nord.
Il protocollo prevede che l’amministrazione regionale finanzi gli interventi di edilizia agevolata proposti da cooperative di militari impegnati nella lotta alla criminalità e rientranti nel “Programma Casa-10.000 alloggi entro il 2012” e favorisce la presenza di militari “in divisa” a bordo dei mezzi di trasporto pubblico, in modo da consentire una maggiore sicurezza e un’adeguata prevenzione dei reati. Al momento, l’accordo si limita a garantire la libera fruizione del personale impiegato in compiti militari per le esigenze di vigilanza a siti e obiettivi sensibili e di pattuglia in concorso alle forze dell’ordine. Entrambe le amministrazioni si impegnano inoltre ad attuare progetti di comunicazione integrata per la valorizzazione del patrimonio culturale, come i presidi museali, che potranno essere meglio utilizzati dai cittadini, e la fruizione di impianti sportivi e asili nido.
“Si tratta della prima esperienza nazionale - sottolinea l’assessore Deorsola - rivolta a migliorare l’integrazione tra le forze armate e il territorio, nata grazie alla collaborazione tra le associazioni rappresentanti gli enti locali, l’amministrazione regionale e l’Esercito Italiano. Un modello di cooperazione definito in tempi ristretti e qualificato da contenuti concreti in tema di sicurezza sul territorio, sostegno sociale, promozione culturale”. “Un importante traguardo comune - commenta il generale Cravarezza - ma soprattutto un indirizzo ed un impegno per il futuro tra la Regione ed i suoi cittadini militari per la condivisione delle comuni esigenze, l’approfondimento delle tematiche ai diversificati livelli istituzionali decentrati e la traduzione in azioni concrete che possano fornire risposte migliori ai professionisti militari per un loro più efficace servizio a tutti i cittadini del Piemonte”.
aquaglia
29 gennaio 2009

mercoledì 28 gennaio 2009

NON SERVONO I BATTAGLIONI CONTRO GLI STUPRI. PATTUGLIE MISTE TRA SOLDATI E FINANZIERI?


NON SERVONO I BATTAGLIONI CONTRO GLI STUPRI
È solo uno spreco usare i militari per fare le sentinelle

da LIBERO del 27/01/09


Dopo la boutade del premier, dopo i sussurri e i mormorii di disapprovazione che attraversano il mondo militare e quello delle forze di polizia, per una volta concordi, è il momento delle precisazioni, dei distinguo, della marcia indietro.
L'idea di mandare 30.000 soldati per le strade ad occuparsi di ordine pubblico e sicurezza interna invece che di difesa di fatto è già rientrata. Ora si parla di gradualità, di coinvolgere non solo i militari, ma un po' tutti i corpi armati dello Stato, a partire dalla Guardia di Finanza, nonché le Forze di Polizia locali.
E lo scetticismo che promana dal Colle, in vista della riunione del Consiglio Supremo di Difesa di giovedì, suggerisce di smorzare i toni e rinunciare agli slogan. L'idea di "militarizzare" il Paese non ha alcuna giustificazione e non è certo urgente. Piuttosto una maggiore presenza di tutori dell'ordine per le strade può essere ottenuta razionalizzando ed impiegando meglio uomini e quattrini. Perché i tutori dell'ordine non mancano, sono più di 400.000, contando anche forestali, polizia penitenziaria e locale. E non hanno certo bisogno di rinforzi (basta verificare le medie europee) ma solo di essere utilizzati in modo sensato e distribuiti sul territorio tenendo conto dell'evoluzione demografica. economica, sociale. Occorre riordinare le competenze, non vi è dubbio, considerando anche le responsabilità che assumeranno le regioni a federalismo compiuto e rendere più efficiente una macchina colossale, ma che funziona male, anche a causa di competizioni tra corpi e organismi (Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, in primis, ma senza dimenticare Capitanerie di Porto etc.) e duplicazioni. Tutti fanno tutto e lo fanno spesso male. Una razionalizzazione permetterebbe di recuperare migliaia di uomini e donne da impiegare per il controllo del territorio e delle aree urbane. Ed a parità di costi.
Quanto ai soldati... sapete cosa fanno due terzi dei 3.000 militari attualmente impegnati in strade sicure? Fanno le sentinelle, davanti ad ambasciate e obiettivi sensibili. Le sentinelle. Un servizio che la Difesa, soldi permettendo, vorrebbe esternalizzare per le proprie caserme e basi. Ricorrendo ad una combinazione di tecnologia, riduzione del numero dei siti e guardiani. Ed è ironico che i soldati che la Difesa non vuole sprecare come sentinelle, visto quanto costano e la preparazione che ricevono... passino il tempo a svolgere servizi di guardia nelle città. Con quale entusiasmo si può immaginare. Per svolgere compiti di questo tipo o "pattugliare" le città non serve poi chissà quale addestramento. Questi ruoli ai tempi della naja li svolgevano giovanotti con un mese di CAR alle spalle. Mentre i Carabinieri usavano i militari di leva nei battaglioni mobili, le forze dedicate al controllo ordine pubblico in caso di guai.
Ciascuno deve fare il proprio lavoro. I soldati di oggi sono professionisti che devono sempre più essere "proiettabili" all'estero in missioni reali. Per non parlare della difesa dei cieli e dei mari nazionali e degli interessi strategici all'estero. I militari italiani non hanno bisogno di "inventarsi" un lavoro perché sono disoccupati. Tutt'altro. I nostri soldati i "Tartari" li affrontano tutti i giorni, in teatri a rischio o semplicemente di guerra. Non li chiamiamo di guerra solo perché da noi le missioni sono sempre e solo di pace. Se, come previsto, taglieremo del 20% il nostro strumento militare... dovremo ridurre in misura corrispondente le ambizioni nazionali e il ruolo che giochiamo a livello internazionale. Di questo dovrebbe occuparsi il Consiglio Supremo di Difesa (e perché non il Parlamento?).
In realtà in Italia si fa troppa confusione tra Difesa e Sicurezza, funzioni entrambe essenziali in qualunque Stato. Ma che non sono la stessa cosa. Da noi lo hanno capito in pochi.

Andrea Nativi

domenica 25 gennaio 2009

LO STRAORDINARIO DELLA POLIZIA PENITENZIARIA E’ SEMPRE RETRIBUIBILE, ANCHE SE ECCEDE IL MONTE ORE


Dipendente pubblico: retribuibilità di straordinario eccedente il limite di ore annue
TAR Puglia-Lecce, sez. III, sentenza 15.10.2008 n° 3227



La pronuncia del TAR Puglia – Sezione di Lecce, n. 3227/2008 si segnala particolarmente per il principio di diritto espresso in ordine alla affermata retribuibilità delle ore di straordinario svolte dal dipendente pubblico, appartenente a forze dell’ordine (per cui il rapporto di pubblico impiego non è privatizzato), in eccedenza al limite massimo annuo previsto da Accordi Nazionali Quadro.
Nel caso di specie un assistente di polizia penitenziaria era stato comandato a svolgere numerosissime ore di lavoro straordinario, per garantire il servizio di scorta al sottosegretario al Ministero della Giustizia.
Una volta richiesto il pagamento degli emolumenti a titolo di lavoro straordinario, gli era stato opposto dall’Amministrazione il rifiuto in quanto eccedenti il limite massimo stabilito dall’Accordo Nazionale Quadro (ANQ) per il personale della Polizia Penitenziaria del 20 marzo 2004 e delle circolari ministeriali applicative dell’ANQ.
Dette norme, sostiene il TAR Salentino, non comprimono il diritto del dipendente, comandato a superare il normale orario di lavoro, a vedersi riconosciuto il relativo compenso, essendo tra l’altro costretto ad eseguire l’ordine di servizio ricevuto in tal senso. Né d’altra parte l’Amministrazione datrice di lavoro può invocare in sede processuale, al fine di evitare la condanna di pagamento, l’istituto del riposo compensativo, disciplinato sempre dal citato ANQ, risolvendosi il suo utilizzo, a distanza di un lasso di tempo considerevolmente lungo dalla effettiva prestazione del lavoro straordinario, in una “sostanziale frustrazione della ratio del recupero del riposo compensativo”, finalizzato ad un recupero delle energie psicofisiche del lavoratore da riconoscersi a ridosso della aumentato volume quantitativo delle prestazioni lavorative.
(Altalex, 19 gennaio 2009. Nota di Pierluigi D'Urso)

T.A.R.
Puglia – Lecce
Sezione III
Sentenza 15 ottobre 2008, n. 3227
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA PUGLIA
LECCE
TERZA SEZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Terza Sezione di Lecce, nelle persone dei signori Magistrati:
Antonio CAVALLARI Presidente
Tommaso CAPITANIO Primo Referendario, relatore
Silvi CATTANEO Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 1/2008, adottato sul ricorso n. 235/2008, proposto da L. F., rappresentato e difeso dagli avv. ************, e con gli stessi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. **********,
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Lecce, Via F. Rubichi 23, presso la sede della stessa,
per l'accertamento
del diritto del ricorrente a percepire la retribuzione per le ore di lavoro straordinario prestate negli anni 2005-2006,
e per la condanna
dell’intimato Ministero al pagamento della somma di € 14.304,54, oltre a interessi legali e rivalutazione monetaria.
Visto il ricorso per decreto ingiuntivo;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visto il decreto ingiuntivo n. 1/2008, datato 25.2.2008;
Visto l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, notificato in data 11.4.2008 e depositato in data 13.4.2008;
Uditi alla pubblica udienza del 15 ottobre 2008 il relatore, Primo Ref. Tommaso Capitanio, e, per le parti, l’avv. D’Urso e l’avv. dello Stato Marzo.


FATTO E DIRITTO


1. Con ricorso depositato in data 18 febbraio 2008, il sig. F., assistente della Polizia Penitenziaria, ha chiesto la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore della somma indicata in epigrafe, a titolo di compenso per lavoro straordinario effettuato dallo stesso ricorrente nel biennio 2005-2006, allorquando è stato formalmente adibito al servizio di scorta in favore di un sottosegretario di Stato.
Avendo ritenuto la sussistenza dei presupposti di legge, il Presidente della Sezione ha accolto la domanda ed ha emesso il decreto ingiuntivo n. 1/2008 (che il ricorrente ha notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato ed al Ministero della Giustizia in data 3 e 10 marzo 2008).
Con atto notificato in data 11 aprile 2008, il Ministero ha promosso il giudizio di opposizione al citato decreto ingiuntivo, di talché è stata fissata l’udienza di discussione della causa.


2. Il sig. F. resiste alla domanda di revoca del decreto, ribadendo quanto già esposto nel ricorso introduttivo, e cioè che:
- non sussiste contrasto fra le parti circa l’effettivo svolgimento da parte di esso ricorrente delle ore di lavoro straordinario per cui è chiesto il compenso, né sul fatto che tali prestazioni sono state effettuate in esecuzione di un ordine di servizio adottato dal dirigente ministeriale competente. Per cui, sotto questo profilo nulla quaestio;
- per quanto riguarda, invece, le ragioni di carattere giuridico che il Ministero frappone all’accoglimento della domanda, si tratta di argomentazioni del tutto inconferenti. In primo luogo, perché le norme legislative e contrattuali all’uopo invocate dall’Amministrazione non limitano in alcun modo il diritto del dipendente che abbia svolto lavoro straordinario per un periodo eccedente il monte-ore annuo previsto a percepire la relativa retribuzione. In secondo luogo perché, anche a voler ritenere che le ore eccedenti il limite annuale massimo debbano essere trasformate in recupero compensativo, nel caso di specie tale meccanismo non può operare, visto che il recupero compensativo, per assolvere alla sua funzione tipica, deve essere fruito dal dipendente a ridosso dello svolgimento del lavoro straordinario, mentre nel caso in esame sono trascorsi ormai circa due anni. Assolutamente pretestuose sono infine da considerare le eccezioni relative all’importo del compenso orario preso a base di calcolo, e ciò in quanto il ricorrente si è attenuto ad un prospetto redatto dalla stessa Amministrazione; in ogni caso, l’eccezione è formulata in termini dubitativi ed è dunque inammissibile.


3. Il Ministero della Giustizia fonda l’opposizione al decreto ingiuntivo sui seguenti argomenti:
- l’accordo nazionale quadro di amministrazione del 20.3.2004 e i successivi atti applicativi adottati dallo stesso Ministero fissano in 450 ore il limite ordinario delle prestazioni di lavoro straordinario del personale della Polizia Penitenziaria retribuibili annualmente; con provvedimento motivato del dirigente competente tale limite può essere derogato, ma le ore di straordinario retribuibili mensilmente non possono essere superiori a 60 (e, entro il predetto limite, il ricorrente è stato già retribuito);
- le ore eccedenti tale limite debbono quindi essere trasformate in recupero compensativo;
- in ogni caso, non è esatto l’importo indicato nel ricorso per decreto ingiuntivo, non essendo stata indicata l’aliquota oraria applicata.


4. L’opposizione al decreto ingiuntivo va rigettata, per le ragioni che si vanno ad esporre.
4.2. Il Tribunale ritiene che la pretesa del sig. F. non può essere limitata da una norma (nel caso di specie, l’art. 10 dell’A.N.Q. di amministrazione del 20.3.2004) che fissa in 450 ore il monte-ore annuo di straordinario che il personale della Polizia Penitenziaria ha diritto a vedersi retribuito in denaro. Non si vuole con questo sostenere che una siffatta disposizione non abbia alcun valore, ma solo che essa non può essere opposta al dipendente che, regolarmente comandato a svolgere servizi per un tempo eccedente il normale orario di lavoro (e anche il predetto monte-ore), pretenda il pagamento del compenso per lavoro straordinario.
Incombe invece sul comandante del reparto o sul dirigente della struttura presso cui il dipendente svolge il servizio verificare che non venga superato il monte-ore annuo, disponendo, ad esempio, il recupero compensativo per le ore di straordinario eccedenti il budget finanziario disponibile (il quale costituisce per il dirigente il parametro di riferimento per la corretta gestione del personale). Tale onere non può certo essere addossato al dipendente, il quale, fra l’altro, ha l’obbligo di eseguire gli ordini di servizio, salvo che il loro adempimento con configuri un reato. A voler opinare diversamente, il dipendente sarebbe gravemente pregiudicato, non potendo rifiutarsi di svolgere il lavoro straordinario e non potendo però pretendere il relativo compenso.
Per quanto riguarda, poi, il recupero compensativo, la giurisprudenza è concorde nell’affermare che tale forma alternativa di ristoro del dipendente chiamato a svolgere lavoro straordinario deve di norma essere attivata dall’amministrazione datrice di lavoro entro un breve termine dal momento in cui la prestazione lavorativa è stata svolta, pena la sostanziale frustrazione della ratio del recupero compensativo (in terminis, TAR Lecce, II, nn. 8430/2004, 8431/2004 e 8432/2004).
4.3. Nel caso di specie:
- il ricorrente è stato regolarmente comandato a prestare il servizio di scorta in favore di un sottosegretario di Stato dal 2005 al 2006 (vedasi documentazione depositata in data 29.9.2008), maturando 2119 ore di straordinario;
- ciò è stato attestato dal direttore della Casa Circondariale di Taranto con foglio prot. n. 1090 del 18.1.2007 e con foglio prot. n. 4641 del 16.4.2007. Al riguardo, si deve rilevare l’inconferenza di quanto sostenuto dalla difesa erariale a proposito del fatto che il prospetto contenuto nella seconda nota sarebbe errato in quanto non riportante le aliquote da applicarsi al caso di specie (infatti, la misura del trattamento economico de quo varia di anno in anno ed è legato alla qualifica del dipendente). Ebbene, poiché il calcolo delle competenze spettanti al ricorrente proviene dalla stessa Amministrazione che ha promosso il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, l’eccezione non può trovare accoglimento, anche perché il Ministero della Giustizia aveva la possibilità e il tempo di correggere il prospetto di calcolo, ove avesse voluto provvedere al pagamento delle somme per cui è causa;
- non è stato provato che, nelle more della proposizione della domanda monitoria, il ricorrente abbia percepito le sue spettanze o abbia fruito del recupero compensativo (anche in questo caso l’affermazione della difesa erariale circa il fatto che il ricorrente ha in parte fruito del recupero compensativo – pagina 2 dell’atto di opposizione – non è supportata da alcun elemento probatorio).


5. Pertanto, l’opposizione al decreto ingiuntivo va rigettata, con conseguente accertamento del diritto del sig. F. al pagamento delle somme recate dal predetto decreto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Terza Sezione di Lecce – rigetta l’opposizione al decreto ingiuntivo in epigrafe.
Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente delle spese di giudizio, che ritiene di liquidare in € 1.500,00 – comprensive di quelle recate dal decreto ingiuntivo n. 1/2008 – oltre ad accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, il 15 ottobre 2008.
Dott. Antonio Cavallari – Presidente
Dott. Tommaso Capitanio – Estensore
Pubblicato mediante deposito in Segreteria il 15.10.2008.

sabato 24 gennaio 2009

GUARDIA FINANZA:NUOVA CASERMA AOSTA PRONTA ENTRO FINE ESTATE


(ANSA) - POLLEIN (AOSTA), 22 GEN - La nuova caserma della guardia di finanza, in via Clavalité ad Aosta, sarà pronta entro la fine dell'estate. Lo ha annunciato oggi il generale delle fiamme gialle Antonio Carelli, comnadante della guardia di finanza in Valle d'Aosta. La nuova caserma sarà intitolata al finanziere Giovanni Eliseo Luboz, morto nel 1916 al fronte orientale, a soli 20 anni, sotto una slavina. Il militare era impegnato in operazioni di soccorso per estrarre dalla neve altri commilitoni. Inoltre - come ha annunciato il generale Carelli - alla tenenza del Gran San Bernardo arriveranno altri 12 finanzieri. "Dal 12 dicembre - ha spiegato - la Svizzera è entrata in Schengen e alle frontiere siamo rimasti solo noi. Per questo abbiamo incrementare i servizi". (ANSA).

venerdì 23 gennaio 2009

AVVICENDAMENTO AI VERTICI DELLA GUARDIA DI FINANZA

Per il generale di divisione Mauro Michelacci è stato il giorno dei saluti. Ieri ha lasciato il comando regionale della Guardia di Finanza del Piemonte per assumere, a Palermo, l’incarico di Comandante Interregionale dell’Italia Sud Occidentale. Al suo posto arriva il generale di brigata in promozione,Vincenzo Basso, che ha già ricoperto importanti incarichi, tra i quali quello di Comandante del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria di Cagliari e, con il grado di Generale di Brigata è stato Comandante delle Unità Speciali, Capo di Stato Maggiore del Comando Interregionale dell’Italia Centrale. Alla guida delle Fiamme Gialle piemontesi, il Generale Michelacci ha conseguito molteplici e importanti risultati di servizio nella lotta all’evasione fiscale e contro gli sprechi di risorse pubbliche, portando il rendimento dell’intero Comando Regionale a livelli di assoluta centralità in ambito nazionale. L’Ufficiale Generale è stato, inoltre, artefice di numerose iniziative per il miglioramento dello stato infrastrutturale delle caserme del Corpo in Piemonte e per l’elevazione delle condizioni di vita e di lavoro dei militari dipendenti. La cerimonia di avvicendamento si è tenuto ieri davanti al battaglione schierato, composto da tre compagnie formate da militari del contingente ordinario, dei «baschi verdi» e da elementi delle principali specialità del Corpo che operano in Piemonte.

Il Giornale del Piemonte -22/01/2009

martedì 20 gennaio 2009

IL LUOGOTENENTE LUCIO MAGGIO DELLA GUARDIA DI FINANZA VA IN PENSIONE

Comandante della brigata di Cuorgnè, ha indossato la divisa per 43 anni

UNA VITA PER LO STATO

CUORGNE' - Una vita spesa per lo Stato. Dopo oltre 40 anni di servizio, il luogotenente e comandante della brigata della Guardia di Finanza di Cuorgnè, Lucio Maggio, toglie la divisa delle Fiamme Gialle. Dopo i tanti riconoscimenti ottenuti in carriera – uno su tutti l'onorificenza di cavaliere dello Stato -, dopo la stima profusa dagli alti comandi della Guardia di finanza e dai suoi collaboratori che per anni hanno lavorato con lui a stretto contatto, taglia il nastro di un altro traguardo. Da alcuni giorni è in pensione: la data ufficiale è quella del 13 dicembre, il giorno in cui, 63 anni fa, è nato. "Ora, finalmente, avrò tempo da dedicare alla mia famiglia e alle mie nipoti". Ma aggiunge: "Sono stati anni bellissimi quelli trascorsi nella Guardia di Finanza, anni ricchi di soddisfazioni e che mi hanno permesso, per quanto ho potuto, di entrare nel cuore di molte persone. Penso di andarmene lasciando un buon ricordo". Va detto, non occupava un ruolo facile: quello del finanziere è un mestiere temuto. Chi ha un'attività commerciale o un'azienda lo sa perfettamente, ma il luogotenente Lucio Maggio ha sempre cercato di rispettare, prima di tutto e sopra ogni cosa le persone che si è trovato di fronte durante i sui 40 anni di servizio. "Questa, per me, è una regola di vita". Era partito tanti anni fa e nemmeno diciottenne da Minervino di Lecce, un paese della Puglia di tremila abitanti a pochi passi da mare. Lì è nato, e da lì è cominciato tutto. "Se sono in Finanza lo devo a mio padre Giulio, che ora non c'è più. In fondo, quando io ero ragazzino, la divisa era un sogno più suo che mio. Poi ho imboccato questa strada e devo ammettere di aver fatto la scelta giusta". Davanti a sé, il giorno che è salito sul treno, direzione Roma, aveva poche certezze e molti dubbi. Ma anche tanta determinazione. Così sono trascorsi gli anni del militare in Sicilia, poi quelli vissuti nella Capitale per il corso sottufficiali, fino alla destinazione che, in un certo senso, ha segnato una svolta. A fine anni '60 è stato destinato ad una piccola caserma del Friuli Venezia Giulia, a Fossalon, frazione di Grado. E, qui, ha conosciuto Renata, la donna che è diventata sua moglie e che le ha dato due figli. Poi, sono arrivati gli anni di servizio al confine tra l'Italia e la Slovenia: "Tempi duri, eri costretto a fare la guardia quando d'inverno, in quei posti di montagna, c'erano anche quindici gradi sotto lo zero". Nei primi anni '70, da brigadiere, è arrivato il trasferimento a Verrés, in Valle d'Aosta. E, da qui, a Ivrea. Infine l'ambito incarico: quello di comandare una brigata, destinazione Cuorgnè. Sono passati 43 anni dal primo giorno che ha indossato la divisa. Quella divisa che il 13 dicembre ha dovuto togliere. Per sempre. Il futuro? "Non farò il pensionato a tempo pieno. Ora mi riposerò, poi si vedrà quello che mi riserverà la vita".
Il Canavese del 09/01/09

REGIONE, CAMBIO AL VERTICE GDF: GEN. MICHELACCI LASCIA, ARRIVA BASSO

Michelacci andrà a ricoprire la carica di comandante interregionale dell'Italia sud-occidentale con sede a Palermo
Ad annunciare l'avvicendamento è stato lo stesso generale, in occasione della conferenza stampa sull'attività svolta nel 2008 dalle Fiamme Gialle piemontesi

Torino, 19 gen. - (Adnkronos) - Cambio al vertice della Guardia di Finanza del Piemonte. Nei prossimi giorni il generale Mauro Michelacci lascera' il comando al generale Vincenzo Basso. Ad annunciare l'avvicendamento e' stato lo stesso generale Michelacci, in occasione della conferenza stampa sull'attivita' svolta nel 2008 dalle Fiamme Gialle piemontesi. Lasciata Torino, Michelacci andra' a ricoprire la carica di comandante interregionale dell'Italia sud-occidentale con sede a Palermo. Il generale Vincenzo Basso, 62 anni, e' vice ispettore per gli istituti d'istruzione. Nella corso della carriera, iniziata nelle Fiamme Gialle nel 1965, ha ricoperto numerosi incarichi, anche internazionali, tra i quali quello di esperto in materia doganale in seno alla Commissione Europea con impiego nel territorio palestinese della striscia di Gaza.

venerdì 16 gennaio 2009

IL CASO COMELLINI E LA COSTITUZIONE

Dopo aver attentamente letto le notizie riportate in questi giorni, mi unisco anch’io a tutti coloro che hanno manifestato solidarietà e vicinanza per la battaglia morale condotta dal Maresciallo Comellini in difesa della sua dignità di libero cittadino ma anche in difesa del principio di libertà di pensiero per tutti i militari italiani. Si tratta quindi di una vicenda che non riguarda solo il singolo ma tutta una categoria di cittadini.
Ho voluto farlo non per desiderio di inutile protagonismo ma per meglio significare il mio piccolo sostegno morale ad una persona che sta spendendo il proprio nome, la propria faccia e la propria salute; spero che anche altri manifestino pubblicamente la loro solidarietà, anche per alleviare il possibile senso di solitudine del Maresciallo Comellini.
Senza entrate nel merito di una vicenda della quale non conosco i dettagli ma solo sulla base di quanto riportato dai mass media e da alcune interrogazioni parlamentari, l’aspetto che mi lascia più sconcertato è che verrebbe tra l’altro contestato al Maresciallo Comellini non solo di aver manifestato il suo pensiero ma addirittura di aver presentato delle petizioni al Parlamento italiano, il simbolo più alto della nostra democrazia, come previsto dall’art. 50 della Costituzione che ogni militare italiano ha giurato di rispettare:” TUTTI I CITTADINI possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.”
Si tratta di due petizioni niente affatto sovversive; auspicano semplicemente l’approvazione da parte del Parlamento di due leggi: la prima è intesa ad ottenere che anche ai militari venga concessa la possibilità di dotarsi di strutture sindacali (attualmente è l’unica proposta al Senato ufficialmente concorrente del DDL Ramponi sulla riforma della rappresentanza militare); la seconda, invece, intende ottenere la trasparenza e l'equità delle procedure di valutazione per la promozione al grado superiore.

Si tratta di una basilare forma di democrazia che spetta a tutti i cittadini italiani, con le stellette o meno, ed alla quale anch’io ho già dato la mia sottoscrizione da tempo. Credo che chi voglia simbolicamente ma formalmente dimostrare la propria vicinanza con Comellini possa farlo sottoscrivendo queste petizioni attraverso i moduli scaricabili anche da questo blog:
http://www.ilgrifonedelpiemonte.com/2008/05/il-27-maggio-2008-il-presidente-della.html

Spero che le istituzioni democratiche di questo Paese ed i rappresentanti politici di tutti gli schieramenti si esprimano presto sulla vicenda, come auspico un intervento delle rappresentanze dei COCER, se possibile unitariamente oppure per singola sezione, qualora vi fossero difficoltà, come infatti hanno già fatto i delegati dell’Aeronautica Militare.

Chiudo con una poesia forse di Bertold Brecht che mi ha fatto riflettere:
Prima di tutto vennero a prendere gli zingarie fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessualie fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare

mercoledì 14 gennaio 2009

LE NUOVE SFIDE DELL'ANFI DI TORINO: PIU' GIOVANI ISCRITTI, UN ASILO NIDO E COLLABORAZIONE COL COBAR

dal sito http://www.anfitorino.it/








L’ASSEMBLEA GENERALE DEL 4 DICEMBRE 2008 - LE CRITICITÀ ODIERNE E LE PROSPETTIVE FUTURE

L’assemblea generale del 4 dicembre è stata un’importante occasione per fare il punto sulle attività concluse e sulle iniziative future da intraprendere. Il dibattito tra i soci è stato alimentato dalle relazioni del Presidente e del Vice Presidente, ma numerosi, vivaci e puntuali sono stati gli interventi dei soci.
I temi, particolarmente interessanti, hanno riguardato gli obiettivi della stessa Sezione, la crisi dell’associazionismo e del proselitismo, le modalità per contrastarla. Nell’occasione, è stato posto l’accento sulla necessità di fornire un ventaglio di servizi a favore dei soci per stimolare l’iscrizione di quanti, pur avendo i requisiti, non si sono ancora iscritti alla Sezione.
È in quest’ottica che vanno lette le convenzioni a favore dei soci ed il prossimo corso di “alfabetizzazione informatica” che inizierà a gennaio.
Un vivace confronto si è poi attivato sulla necessità di avere tra i soci una forte componente di giovani e militari in servizio, in grado di apportare nuove idee ed in generale di rappresentare l’energia stessa dell’Associazione che, altrimenti, finirebbe per “cullarsi” dei e nei ricordi del passato.
Ha, quindi, destato interesse e curiosità l’iniziativa di realizzare un asilo nido a favore dei familiari dei soci e dei militari in servizio, concretizzando in tal modo la prima tappa di una futura serie di interessi comuni ed iniziative di sostegno sociale.
Importanti, al riguardo, si appalesano: le energie che verranno spese, la buona volontà e l’ampio coinvolgimento dei soci; imprescindibili, invece, il coinvolgimento del Comando Regionale e del COBAR.
Da tutti ampiamente riconosciuta la disponibilità, sempre dimostrata, del Comando Regionale per il Piemonte che si è rivelata preziosa per il supporto alle attività della Sezione.
Nonostante i tempi necessariamente ridotti, nell’assemblea generale si è posta la traccia per le future iniziative che saranno condotte con entusiasmo dagli organi della Sezione con la collaborazione di tutti i soci.

Guido Calderaro *

* Vice Presidente della Sezione A.N.F.I. di Torino, Maggiore in congedo, dirigente del Gruppo Fiat (mail: vice.presidente@anfitorino.it)

martedì 13 gennaio 2009

CUNEO, FINANZIERE MUORE ASSIDERATO IN UN CANALE PER SALVARE UN CAPRIOLO



È accaduto nell'oasi naturalistica di Crava-Morozzo
La vittima aveva 27 anni. Necessario l'abbassamento dell'acqua nel letto del canale per individuare il cadavere

MONDOVÌ (CUNEO) - Un finanziere di 27 anni, Roberto Valdata, è stato trovato morto in un canale nell'oasi naturalistica di Crava-Morozzo (Cuneo). A trovare il corpo, martedì mattina, sono stati i carabinieri. L'uomo quasi sicuramente è morto per assideramento dopo essere caduto nel corso d'acqua parzialmente ghiacciato. L'incidente è avvenuto lunedì, nel giorno di riposo della vittima, che apparteneva anche al gruppo di Soccorso Alpino. Ma solo martedì è scattato l'allarme, quando il cane della vittima è stato notato dai carabinieri mentre abbaiava disperatamente attorno all'auto del finanziere. Il corpo è stato trovato vicino ad una diga e alla carcassa di un capriolo, una circostanza che fa supporre che Valdata avesse cercato di soccorrere l'animale. Il finanziere viveva a Beinette (Cuneo) e faceva parte della Guardia di finanza di Cuneo.

LA RICOSTRUZIONE - Secondo la ricostruzione dei colleghi del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Cuneo, Valdata, nonostante fosse fuori servizio, si è recato ugualmente in caserma a prendere «Upi», un cane lupo di circa un anno di cui era l'addestratore. Partiti nella tarda mattinata, i due si sono diretti all'oasi naturalistica di Crava a Morozzo dove il finanziere voleva addestrare l'animale. Parcheggiata l'auto, l'appuntato si è diretto con l'animale verso il fiume Pesio che attraversa l'area protetta. Da qui in poi non è chiaro cosa sia successo. Forse per un malore o per un terribile incidente, il militare è caduto in acqua. Il fatto che il corpo di Valdata sia stato trovato vicino al capriolo morto lascia aperta la possibilità che l'uomo possa essere morto nel tentativo di salvare il capriolo. Il corpo dell'appuntato è stato trovato martedì mattina, intorno alle 6, dai vigili del fuoco del Comando provinciale dopo che da lunedì sera e per tutta la notte carabinieri e finanzieri avevano setacciato tutta la zona. È stato necessario l'abbassamento dell'acqua nel letto del canale da parte dei tecnici dell'Enel per individuare il cadavere. È probabile che il cane abbia assistito all'episodio. È tornato alla vettura dov'è stato notato da una donna di passaggio che, vedendolo nella stessa posizione dapprima alle 15 e poi alle 23, ha dato l'allarme ai carabinieri.
CORRIERE DELLA SERA.IT

lunedì 12 gennaio 2009

SOLIDARIETÀ, VICINANZA E MUTUO SOCCORSO AL COLLEGA MARCO LUCA COMELLINI

In questo Mandato più volte mi sono espresso in ragione della “SOLIDARIETA’ e MUTUO SOCCORSO” a favore di colleghi che in momenti diversi, ma con un unico filo conduttore, sono stati oggetto di sanzioni e provvedimenti ritenuti esagerati. Non ho idea se per amore dall’avventura mi caccio sempre in situazioni rognose, oppure per spirito di UMANITA’. Una cosa è certa, non è per populismo o strumentalizzazioni di situazioni limite che, la sola vicinanza, producono antipatie.
Ciò premesso, riassumo i casi più eclatanti che mi hanno spinto ad esprimere SOLIDARIETA’. Ad aprire la sfilata dei “malcapitati” è stato il caso del Ten. Col. BERDOZZO Amedeo, Presidente di un COIR dei Carabinieri. Poi fu la volta delle vicissitudini di Alessandro Rumore Delegato COCER CC, note le peripezie dell’amico Ciavarelli, fino ai recenti fatti dei colleghi di Monterotondo. Oggi ho intenzione di farlo per LUCA MARCO COMELLINI ed EDMONDO AMATO. Non elenco altre situazioni cosiddette periferiche, certamente non meno importanti, Delegati Cobar Trasferiti, Abbassamenti di note, perso l’incarico e chi più ne ha più ne metta. Questi ultimi DUE episodi per alcuni versi sono complementari, uno è Sottufficiale l’altro un Ufficiale, il primo Delegato Cobar, il secondo Presidente COIR, entrambi dell’Aeronautica. Uno rischia la Rimozione dal Grado e la Sospensione dal Servizio, l’altro è già stato trasferito e decaduto dalla Presidenza COIR. Ad ambedue, parlamentari di questa legislatura hanno espresso SOLIDARIETA’ con INTERROGAZIONI PARLAMENTARI che li riguardano. E’ già successo per tutti i casi citati che diatribe interne all’Amministrazione finissero in Parlamento. Ahimè, nella sostanza nulla “di fatto”, il fatto stesso che queste vicende continuano ad accadere è sintomo di poca rilevanza e preoccupazione.
Sul caso di Luca Marco Comellini una parola in più la vorrei spendere, qui veramente il RISCHIO è ALTO! Se per tutti gli altri gli effetti dei provvedimenti sono indiretti e dilatati nel tempo, con Luca la possibilità di danni irreparabili per la salute sono immediati. La scelta netta di NON ASSUMERE CIBI E BEVANDE (già da 4 giorni), in attesa di alcune risposte istituzionali, può avere effetti collaterali il cui RIMORSO potrebbe affliggerci tutti nei prossimi anni. Ognuno di noi deve sentirsi profondamente coinvolto nella vicenda del collega.
SOLIDARIETA’, VICINANZA e MUTUO SOCCORSO, al di là delle questioni di merito, che valuteremo in un secondo momento, occorre sia partecipata immediatamente. In tutti i modi, senza risparmio di energie, senza ipocrisie e timori. E’ proprio il caso di dire che “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”.
Il gesto che sta ponendo in atto Comellini è estremo, frutto di un’escalation con l’Amministrazione che ha dato seguito all’innalzarsi della contesa fino ad arrivare all’ultimo Atto del dramma, bramare di congedarlo. L’Aeronautica è salita sul suo ultimo gradino, consapevole che è un intervento definitivo, unilaterale e che solo un Giudice Amministrativo, chissà fra quanti anni, potrebbe decidere il contrario. Ma questo lo sappiamo tutti, abbiamo imparato la lezione, nel momento in cui il TAR dovesse decidere diversamente dalla Commissione Disciplina, chi pagherà per l’ennesimo sopruso? La letteratura giuridica fa scuola, ci ricorda l’impersonalità delle amministrazioni, fatta di Funzioni, Ruoli, Uffici e quasi mai di Responsabilità diretta delle persone. Di fronte a questa amara consapevolezza, LUCA gioca l’ultima sua carta, o la va o la spacca, dice basta con la PANTOMIMA.
Non lo condivido, ma lo capisco. Capisco la difficoltà, di fronte a moglie e figlio, di spiegare perché è stato messo alla gogna, cacciato come il peggiore dei militari accusati di Tradimento, Diserzione, Peculato, Malversazione, “Truffa pluriaggravata”, “spaccio di stupefacenti”. Eppure, nessuno di questi Reati gli si contesta, nondimeno, non mancano questi stessi illeciti in capo ai nostri colleghi e neanche vengono cacciati, fin quando la condanna del tribunale Penale non è definitiva e di almeno tre anni. Sappiamo bene che nel nostro paese, come primo reato, per una condanna di tre anni occorre ammazzare qualcuno, neanche per una Rapina a mano armata, un sequestro, spaccio o Associazione mafiosa capita. Nella storia di Luca si applica il metodo opposto, la Commissione Disciplina Interna decide di congedarlo ed eventualmente un Giudice esterno di farlo rientrare.
E’ palese e preoccupante lo sbilanciamento di poteri tra l’Amministrazione e i diritti, le garanzie dei suoi dipendenti. Tanto più, ripeto, che le responsabilità di eventuali forzature non arriveranno mai. Caro Luca, capisco il tuo gesto, ma non lo condivido. Capisco che vuoi mettere fine una volta per tutte ad anni di incomprensioni ed angherie, ma non vale la pena. Non c’è onore in questa battaglia, ci sei tu che giochi tutto, mettendo in repentaglio la tua salute e la tua famiglia, mentre dall’altra parte chi usa legalismi e carta bollata. Avrei detto esattamente l’opposto, se oggi il promotore del tuo procedimento, a seguito del tuo digiuno, fosse uscito allo scoperto ed avesse annunciato altrettanto digiuno per comprovare la Sua professionalità e giustezza delle sue ragioni, ma non è così! E’ impari la battaglia.
Non entro nel merito delle questioni, mi auguro solo non succeda l’irreparabile, altrimenti tutti dovremmo sentirci corresponsabili. Parafrasando: “Quando suona una campana, non importa per chi suona, suona anche per te”.
Un abbraccio

Ferdinando Chinè
Novara, 10.01.09


domenica 11 gennaio 2009

MENO SOLDATO PIÙ POLIZIOTTO LA FRANCIA SALUTA IL VECCHIO GENDARME




Via alla “rivoluzione" voluta da Sarkozy: il corpo più antico dipenderà dagli interni


Repubblica — 09 gennaio 2009 pagina 38 sezione: POLITICA ESTERA


PARIGI - «Il gendarme è la metafora di ogni uomo». Così diceva Louis de Funès, in arte «Cruchot», l' attore comico che per sei volte ha indossato al cinema il képi, il tipico berretto di uno dei più antichi corpi di polizia del mondo. Il successo dei suoi film rappresentava in fondo la popolarità di questa figura, molto simile al nostro carabiniere. «Forte con i deboli, debole con i forti» aggiungeva con perfidia l' attore francese. Custode della legge ma anche di un' antica saggezza, il gendarme è sempre stato un personaggio molto amato in Francia. Eppure dal 1983, da quando de Funès è morto, la «gente in armi», creata con un editto nel Quattrocento da Francois I, ha smesso di ispirare opere cinematografiche. Sparito. Sostituito sul grande schermo dai «flics», i poliziotti percepiti come più moderni, più immersi nel loro tempo. Quando ha dovuto scegliere la sua scorta personale, anche Nicolas Sarkozy ha preferito i poliziotti. Un' altra «rupture», perché cancellava l' usanza che voleva il presidente francese protetto soltanto dalla gendarmeria. La gloriosa storia della «Maréchaussée», come si chiamava secoli fa, sembra arrivata al capolinea. Lo statuto speciale di questi militari prestati alla sicurezza pubblica è finito. Da qualche giorno, sono alle dipendenze dal ministero dell' Interno, equiparati quasi in tutto e per tutto ai poliziotti. Una riforma voluta proprio da Sarkozy, quando era il «primo sceriffo» di Francia. Oggi che è all' Eliseo, il presidente difende quella che definisce una «rivoluzione». Gli oltre 100mila gendarmi avranno la stessa guida dei 120mila agenti civili. L' obiettivo è «razionalizzare le forze di sicurezza» del paese. Ma i sindacati di entrambe le categorie sono già in agitazione. Finora i gendarmi hanno sempre avuto salari più elevati e non è chiaro se la retribuzione e le carriere verranno mantenute agli stessi livelli dal ministero dell' Interno. La polizia, invece, teme che la riforma serva soltanto a varare tagli di bilanci e personale. Per tradizione non ci sono sovrapposizioni, almeno non dovrebbero esserci. I gendarmi sono presenti solo in campagna e i poliziotti nelle grandi città. Ma secondo alcune indiscrezioni, l' accorpamento permetterà comunque di risparmiare fino a 5mila unità. Le modalità tecniche della riforma dovranno essere ultimate da una legge che passerà in Parlamento nei prossimi mesi. Nonostante la volontà politica del governo, molti deputati fanno resistenza. «Avere un' unica forza di sicurezza per la République è un grave pericolo» ha accusato l' ex premier della destra, Jean-Pierre Raffarin. In Senato, alcuni deputati dell' Ump, il partito di Sarkozy, promettono di presentare emendamenti per ridimensionare la riforma. La gendarmeria è anche un importante bacino del consenso elettorale: la leggenda vuole che il generale della brigata di quartiere conosca di ogni casa «moglie, marito e amanti». In celebri casi di cronaca, la gendarmeria è stata una preziosa fonte di informazioni. Nei fatti, i gendarmi non perderanno il loro statuto militare ma d' ora in poi prenderanno ordini dal prefetto locale. Un matrimonio forzato «in regime di separazione dei beni», così lo ha realisticamente definito il ministro della Difesa, Hervé Morin. Michèle Alliot-Marie, titolare del dicastero degli Interni, ha invece promesso che la rivoluzione sarà il più possibile graduale. In un primo tempo, si tratterà solo di «condividere» il più possibile informazioni e strutture. I gendarmi avranno per esempio accesso all' intelligence anti-terrorismo mentre i poliziotti potranno usare Cigaville, il famoso centro di addestramento della gendarmeria, una sorta di città immaginaria costruita in Dordogna. «Ma è difficile capire come questa unione potrà funzionare» ammette Francois Dieu, storico delle forze di sicurezza. La rivalità tra i due corpi è antica. Spesso capita che gendarmi e poliziotti si trovino a litigare per avere da un magistrato l' incarico delle indagini di una vicenda di cronaca divenuta importante. Le dispute possono continuare fino alla soluzione del giallo, con accuse e sgambetti dietro le quinte. Nulla di nuovo, il copione francese di questa rivalità è identico a quello italiano. Ma Nicolas Sarkozy che ha deciso di giocarsi la reputazione su questo matrimonio forzato. Si farà, ad ogni costo. Adieu, vecchio gendarme.
ANAIS GINORI

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno