martedì 8 dicembre 2015

CONTINUANO I PROBLEMI DEL C.I.A.N.

Cos’è il CIAN? E’ il Centro Informatico Amministrativo Nazionale della Guardia di finanza , istituito da un anno circa.

A parte le rassicurazioni di qualche mese fa sembra che i problemi persistano.
Un paio di settimane fa mi è giunta l'email qui sotto che ne da conto
La gdf poteva scegliere due strade: eliminare tutti gli uffici periferici con recupero del personale amm.vo, istituendo un reparto centrale unico e ciò avrebbe comportato un rallentamento delle pratiche, oppure lasciare tutto com'era, non toccando il numero di persone impiegate in funzionamento e la tempistica.
Naturalmente ha scelto una terza strada, la peggiore: non diminuire il personale amm.vo, anzi aumentarlo istituendo un altro comando a livello di Generale, e nel contempo rallentare le pratiche.
Complimentoni
S.S.

Ciao,
sono un collega che presta servizio a ******
Scrivo solo per dirti che il 7 ottobre ho fatto richiesta di finanziamento ed alla data di oggi ancora siamo in alto mare. Da giorni sto tempestando di telefonate quello dell'agenzia (poiché le necessità cominciano a farsi impellenti) il quale mi ha detto che la mia pratica è già stata concessa ma manca sto benedetto documento che deve arrivare dal CIAN.
A sua volta sia lui che il Brig. ****** hanno più volte chiamato Roma ma le cose non sono proprio cambiate, e a tal proposito ritengo alquanto disdicevole metterci oltre due mesi per concedere un finanziamento.
Stamattina ho chiamato direttamente io Roma, ma ormai non rispondono più a nessuno (neanche se chiami con l'interforze). Tramite Lync ho rintracciato un collega di Roma che, molto gentilmente mi ha detto che la sua parte per l'istituzione della mia pratica era fatta ed era passata all'altro ufficio per completarla. Ho provato a chiamare l'altro ufficio ma ovviamente non risponde nessuno.
Ho quindi rintracciato il collega addetto alla stessa tramite Lync e gli ho scritto un lungo messaggio di posta istantanea.
Risposta ricevuta dopo due ore che è di questo tenore: "è ancora in lavorazione". Dopodiché solo silenzio. (magari un po’ di gentilezza non guasta, Probabilmente non rispondi perché tempestato da tutta Italia, però fatti una domanda sul perché e datti la conseguente risposta).
Non voglio fare ulteriori polemiche, ma ti dico solo che mia moglie per quasi due anni ha lavorato in un agenzia finanziaria e se impiegava più di 10 giorni a liquidare una pratica, la aprivano in quattro parti.
Qui siamo al 47° giorno ma è ancora in lavorazione. E va bene.
Un saluto

domenica 8 novembre 2015

LE GIRAVOLTE DEL PARTITO "DEMOCRATICO" SUI DIRITTI DEI MILITARI


Gira voce che per la riforma della rappresentanza militare la maggioranza voglia proporre una legge che disattenda ancora le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Pare che non si voglia riconoscere la libertà sindacale e nemmeno la libertà di associazione ma che vogliano ancora sottomettere i militari ad una autorizzazione del Ministro della Difesa per organizzarsi liberamente.

Alcuni spunti sulle posizioni del PD quando era all'opposizione. Qui sotto una lettera del 2009 della Pinotti a La Stampa in merito alla sua proposta di legge di allora; l'attuale Ministra della difesa all'epoca scriveva “Soprattutto, viene garantito ai militari il diritto di associazione.”

Qui sotto c’è il resoconto di un convegno del PD (“I militari e i diritti“!!!!) con l’allora responsabile del settore Difesa Pinotti (Il PD è per la libertà  di associazione non vincolata ad autorizzazioni del ministro.) e del segretario pro-tempore del PD Franceschini (Il diritto di associazione deve essere riconosciuto senza bisogno di alcuna autorizzazione.)

A questo link il loro DDL presentato nel 2008; l’art. 12 prevedeva la libertà di costituire associazione senza alcuna autorizzazione ministeriale e l’art. 18 prevedeva l’abrogazione del divieto di iscriversi ad associazione professionali.

Come si vede ci sarebbe un’assoluta contraddittorietà tra le loro posizioni quando erano all'opposizione (libertà associativa piena ed assoluta) e di adesso che sono  al governo (associazioni solo autorizzate).

Ma il massimo dell’incoerenza lo si vede leggendo il loro programma politico approvato dall’assemblea nazionale del Pd  a Roma il  4 e 5 febbraio 2011 (lo puoi trovare nel loro archivio http://archive.partitodemocratico.it/doc/202916). Al capitolo 2 (Un nuovo modello di sicurezza per l’Italia) si trovano queste perle:
“…Il PD propone di costruire un nuovo modello organizzativo, funzionale e ordinamentale tra Forze di polizia e Forze armate: le prime a ordinamento civile con funzioni di sicurezza interna; le seconde a ordinamento militare con funzioni di difesa esterna. Le Forze di polizia hanno ordinamento civile, operano per la tutela interna dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, contrastano la criminalità comune e organizzata, il terrorismo, l’eversione e la violenza politica. La responsabilità politica è del Ministro dell’Interno.

Le Forze armate hanno ordinamento militare, operano per la difesa dell’indipendenza e dell’integrità nazionale. La responsabilità politica è del Ministro della Difesa. Per le Forze armate è necessario prevedere maggiori forme di rappresentanza sindacale per renderle più democratiche e più vicine ai cittadini…

Quando sono all’opposizione dicono di volere di diritti sindacali anche per i militari, quando sono al governo li negano!!!Le solite giravolte…


martedì 19 maggio 2015

Diritto di critica sindacale nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo


Autore Nicola Canestrini, Andrea Tigrino, Michele Valente
Il diritto di critica sindacale, pur dovendosi muovere all’interno dei  parametri prefissati per la libertà d’espressione,nell'analisi della giurisprudenza della Corte di Strasburgo  si articola in maniera generalmente più permissiva in presenza di determinate circostanze concrete. 

La libertà d'espressione sindacale nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
1. Introduzione 
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (“CEDU”) è, come noto, un trattato internazionale redatto dal Consiglio d'Europa ratificato da tutti i suoi 47 Stati membri.
All'interno dei suoi 59 articoli e 14 protocolli aggiuntivi, il novero dei diritti protetti e riconosciuti dalla Carta è vastissimo, perché spazia dal diritto alla vita al diritto ad un equo processo, dal divieto di tortura alla proibizione del lavoro forzato e della schiavitù.
L’organo forse più conosciuto istituito dalla Convenzione è rappresentato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, organo giurisdizionale internazionale istituito nel 1959 con sede a Strasburgo (da qui “Corte di Strasbirgo”, o “Corte EDU”) la cui giurisprudenza sta progressivamente assumendo un ruolo sempre più rilevante nelle aule giudiziarie: a tal proposito, appare significativo evidenziare come, a fronte dei circa 10.000 ricorsi ricevuti dalla Corte fino al 2000, gli stessi siano saliti a 49.900 soltanto negli otto anni successivi.
Proprio con riguardo alle sentenze pronunciate, ogni anno si contano decine di condanne dell'Italia per violazione delle disposizioni della Convenzione: dalla consultazione dell'elenco redatto dalla Camera dei Deputati e liberamente reperibile sul sito della Corte di Cassazione (la prima impegnata nella classificazione degli abstract relativi alle pronunce della Corte EDU) è infatti possibile riscontrare ben di 63 condanne con solo riferimento al 2012, cui seguono le 39 del 2013 e le 44 del 2014.
 Ad ogni modo, la CEDU e la giurisprudenza della sua Corte non esplica la propria forza conformatrice con esclusivo riferimento agli Stati firmatari della convenzione intesi come soggetti di diritto internazionale (pur essendo stata concepita, all'epoca, per esercitare soprattutto una "moral suasion" nei confronti degli Stati firmatari), vantando un effetto diretto anche all'interno della giurisprudenza italiana: e ciò come “parametro subcostituzionale” interposto fra norma ordinaria e norma costituzionale (con possibilità / necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’eventuale normativa interna in contrasto con la normativa o giurisprudenza europea, qualora non sia possibile una interpretazione conforme o “convenzionalmente orientata), o – secondo un orientamento peraltro isolato, allo stato – addirittura per affermare l'effetto diretto della CEDU nell'ordinamento nazionale.
Detto effetto diretto deriverebbe, secondo l’impostzone del Tar Lazio, dall'art. 6/2 del Trattato sull’Unione Europea post Lisbona 2009, secondo il quale "l'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" e, secondo il comma 3, "i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali", con conseguente necessaria disapplicazione della norma interna in contrasto con la CEDU (sentenza TAR Lazio, n. 11984 del 2010).
Senza arrivare alla contestata conclusione del TAR Lazio, il giudice italiano, secondo una consolidata giurisprudenza italiana che prende le mosse dalle cd. “sentenze gemelle” (che poi gemelle non sono afatto, come sa lo studioso attento) o “sentenze telefoniche” della Corte Costituzionale 348 e 349 del 2007, è comunque pacificamente tenuto a verificare sempre se la norma interna risulti in contrasto con la Convenzione europea, proponendo - nell'ipotesi in cui eventuali contrasti non appaiano sanabili in via interpretativa (cd. "interpretazione convenzionalmente orientata")-  questione di legittimità costituzionale per l'impossibilità di una interpretazione conforme. 
2. La libertà di espressione (cenni)
 Date queste premesse, fra i principi basilari dell'ordinamento costituzionale italiano e più ampiamente di ogni sistema democratico svetta la libertà d'espressione, "pietra angolare del sistema democratico" (Corte Costituzionale 19.02.1965, n.9; 17.4.1969, n.84), "fondamento della democrazia" (Corte cost. n. 172 del 1972) nonché "il più alto, forse dei diritti fondamentali" (Corte cost. n. 138 del 1985).
 Tale diritto incontra specifica tutela anzitutto con riferimento all'art. 10 CEDU, quest'ultimo comprensivo di due commi rispettivamente inerenti il novero di libertà riconosciute e le loro possibili limitazioni.
ARTICOLO 10 Libertà di espressione
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.
2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.
(…) Limiti generali alla libertà di espressione (cenni)
La libertà d’espressione e il diritto di critica, come espressione del più generale diritto di libertà di espressione / informazione,  ne condividono l'ambito applicativo.
Essa ha come principale antagonista il diritto all’onore e alla riservatezza dei singoli soggetti che vengono investiti dall’esercizio di tale diritto: tutto ciò rende il confine tra diritto all’informazione e diffamazione estremamente labile.
 La Corte EDU interviene in maniera decisa sul tema nel ricorso Mengi c. Turchia (13471/05 e 38787/07): nel caso di specie, una giornalista era stata condannata per aver pubblicato sul quotidiano Vatan una forte critica ad alcuni membri della commissione incaricata di redigere una bozza del nuovo Codice Penale turco. 
Referente primario della critica era uno studioso stimato a livello internazionale, che veniva tratteggiato come un ottantenne bigotto ed ossessivo che discrimina le donne e i bambini. 
Questi aveva proposto di ridurre le pene previste per i reati di stupro e omicidio d’onore e perciò la giornalista ne auspicava la reclusione in una clinica. La Corte, ritenendo che la condanna violasse l’art. 10 CEDU, nella motivazione della sentenza dettava un decalogo a cui le autorità interne devono attenersi per valutare l’eventuale commissione del reato di diffamazione da parte di chiunque scriva su un giornale (ivi compreso il sindacalista):
  • Interesse pubblico alla notizia: una vicenda che interessa un ristretto gruppo di persone e non apporta alcun contributo apprezzabile ad un dibattito generale (come per esempio una notizia di puro gossip) non è oggetto di tutela dell’art. 10 CEDU.
  • Verifica della notizia: il giornalista deve verificare, nei limiti del possibile, le fonti, onde accertarne l’attendibilità e la verità sostanziale dei fatti[1]. Per valutare ciò, occorre sincerarsi della corrispondenza tra l’affermato e l’accaduto: in caso di inesattezze, è necessario correggerle tempestivamente e pubblicarle sotto forma di rettifiche.
  • Rispetto delle regole deontologiche: il linguaggio offensivo ricade fuori dalla scriminante della libera manifestazione del pensiero se è teso ad una denigrazione dell’individuo oggetto di critica. Al contrario, se dal contesto emerge che l’intento dell’articolo è quello di criticare basandosi su fatti, è permesso un linguaggio colorito ed aggressivo: ecco perché l’uso di frasi volgari non determina ex se il travalicamento dei limiti dell’art 10 CEDU, dovendosi ritenere tale condotta una mera scelta stilistica del giornalista. Il dovere di moderazione si attenua ulteriormente nell’ipotesi di critica all’homopublicus, che si pone per sua scelta all’attenzione del pubblico e quindi deve accettare un livello di critica superiore all’ordinario: in tali circostanze è tollerata una maggiore dose di esagerazione e provocazione.
  • Agire in buona fede: è indice riassuntivo dei primi tre, volto a sanzionare situazioni che solo formalmente rientrano nel libero esercizio di cronaca ma che si risolvono in una critica effettuata al solo scopo di ledere la sfera personale del ricevente.
 Da questa breve disamina la Corte EDU fa discendere la distinzione tra giudizi di fatto e giudizi di valore: se infatti l’esistenza del fatto può essere soggetta a prova, tale onere non può essere richiesto - per sua stessa natura - in un giudizio di valore. Richiederne la dimostrazione della verità fomenta quindi un forte effetto dissuasivo sulla libertà di 3. informare. 
3. La libertà di espressione in ambito lavorativo
 Il tema offre rilevanti spunti di riflessione in rapporto al diritto sindacale ed alle libertà ad esso riconducibili, data la possibile e anzi fisiologica litigiosità che caratterizza i rapporti fra le parti sul luogo di lavoro : a tal proposito, la stessa Convenzione concepisce un art. 11 il quale, in ragione di uno schema già osservato, individua sia il diritto alla libertà di riunione e associazione  - tra cui spicca  appunto quella sindacale -, sia le ipotesi in cui tali libertà possono essere contemperate nell'ottica di un  superiore interesse nazionale.
ARTICOLO 11  Libertà di riunione e di associazione
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d’associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire a essi per la difesa dei propri interessi.
2. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non osta a che restrizioni legittime siano imposte all’esercizio di tali diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell’amministrazione dello Stato. 
Si procederà dunque all’analisi della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, pur dimostrandosi granitica nel garantire il più ampio diritto di critica nell’ambito dell’attività sindacale, ha tuttavia tracciato limiti precisi di cui si darà conto in seguito con esempi concreti. 
La Corte EDU, Schettini e altri c. Italia, dec. 9 novembre 2000; Wilson, Sindacato Nazionale giornalisti e altri c. Regno Unito, 2 luglio 2002 (in La CEDU e il ruolo delle Corti, a cura di Pasquale Gianniti, Zanichelli Editore, 2015) ribadisce l’indirizzo tradizionale per cui la contrattazione collettiva è solo uno degli strumenti a disposizione dei sindacati, non escludendo quindi che essi e i loro membri debbano comunque essere liberi, in un modo o nell’altro (e cioè anche con la critica), di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare le loro richieste in favore dei propri assistiti.
 A partire da questo terreno comune, la casistica permette, ai fini di una migliore comprensione,  una sub divisione della materia in due species, individuate nell’esercizio del diritto di critica rispettivamente in forma scritta e orale. Entrambe, pur muovendo da una base giurisprudenziale condivisa, presentano margini di tolleranza differenti, meritevoli pertanto di una trattazione separata.
4. Il diritto di critica sindacale
 La libertà d’espressione sindacale e il diritto di critica, soprattutto quando esercitato in forma scritta (es. tramite volantinaggio, pubblicazione su riviste sindacali a carattere locale o addirittura nazionale), ma anche se esercitato in forma orale, condividono, come si è detto, il loro ambito applicativo con il più generale diritto alla libertà d’informazione.
 Il diritto di critica sindacale, deve quindi muoversi all’interno dei succitati parametri prefissati per la libertà d’espressione, ma si articola in maniera generalmente più permissiva in presenza di determinate circostanze concrete.
Nel ricorso Vellutini and Michel v. France  (ricorso n. 32820/09) “The Court reiterated that the limits of acceptable criticism were wider as regards a politician than as regards a private individual. Politicians inevitably and knowingly laid themselves open to close scrutiny of their every word and deed by both journalists and the public at large, and they consequently had to display a greater degree of tolerance towards criticism. Moreover, the local controversy in today’s case was in itself a very lively one. The applicants’ remarks had been made in response to the mayor’s accusations about the professional and personal conduct of a member of their union. In that context, as for any individual who took part in a public debate, a degree of exaggeration, or even provocation, with the use of somewhat immoderate language, was permitted.”
Nel caso di specie, il presidente e il segretario generale dell’USPPM, un sindacato di polizia, erano stati condannati dalle corti francesi per aver pubblicato e distribuito tra i cittadini un volantino contenente “remarks which, in the mayor’s view, were clearly defamatory and were directed against him as an elected official in order to discredit him in the eyes of those residents.
I due sindacalisti erano intervenuti in difesa di una poliziotta iscritta al loro sindacato, la quale aveva avuto una controversia con il suo superiore - che nelle pubblicazioni non viene mai citato per nome, anche se identificabile - ed aveva subito dei provvedimenti “for having an offensive attitude and threatening behaviour towards colleagues”: a seguito di ciò, “she filed a complaint against a number of municipal employees for wilful assault, insults and threats, and false accusations.”
Fattispecie concreta a parte, che però deve sempre essere tenuta in debita considerazione nell’analisi della giurisprudenza della Corte EDU, dall’analisi della motivazione della Corte emergono numerosi profili di interesse: l’uomo politico, che non dev’essere inteso nella più stretta accezione di uomo appartenente ad un partito politico ma indica invece chiunque, per le caratteristiche del suo lavoro o per la sua posizione sociale, si ritrovi a giocare un ruolo preminente nella vita sociale[2], è soggetto ad una critica più ampia.
Infatti “Politicians inevitably and knowingly laid themselves open to close scrutiny of their every word and deed by both journalists and the public at large, and they consequently had to display a greater degree of tolerance towards criticism”.  
 Se poi l’argomento è d’interesse pubblico, “for any individual who took part in a public debate, a degree of exaggeration, or even provocation, with the use of somewhat immoderate language, was permitted.”
 Il tema dell’esagerazione e della provocazione viene ripreso anche in Papaianopol c. Romania (ricorso n. 17590/02): i profili fattuali di questo caso sono estremamente interessanti, essendo in presenza di un giornalista che, in veste di leader del sindacato degli insegnanti, pubblica su un giornale a tiratura nazionale un articolo intitolato “Terror at D. High School in Câmpulung Muscel” in cui accusava il preside di “using dictatorial methods in his school, taking measures in his own interest, obstructing reforms, using threats and physical violence, etc. It explained that he had been assigned to the school as a teacher by the communist regime before 1989 and that he had been promoted to headmaster in 1989 after joining the majority political party (the “PDSR”)”.
 La Corte di Strasburgo ritenne che la condanna dell’autore dell’articolo avesse violato l’art. 10 CEDU: in particolare, anche se Mr. Papaianopol aveva semplicemente riportato delle lamentele provenienti dagli insegnanti - utilizzando quindi delle fonti non accreditate e per certi versi di parte -  egli si è comunque assicurato di dare al suo scritto “a sufficient factual basis”.
La libertà d’espressione è quindi garantita anche se l’articolo riguardava il preside in prima persona, indicandone nome e posizione, perché la critica riguardava la sua capacità professionale e non la sua vita privata. L’autore agiva in buona fede, “being convinced that he was informing the public about a debate of general interest”; infatti “The Court further noted that the applicant had participated actively in his trial and had constantly offered to prove the veracity of his comments”: pertanto dal comportamento processuale del ricorrente è possibile desumere indici a favore della scriminante in esame.
 Infatti “for a restriction of freedom of expression to comply with the Convention it had to be prescribed by law and to pursue a legitimate aim such as the protection of the reputation or rights of others. It was not in dispute between the parties that those two conditions had been fulfilled in the present case. Such restriction also had to be based on relevant and sufficient reasons and to be proportionate to the aim pursued. The Court had to ascertain whether this requirement was met by the penalty imposed on Mr Papaianopol.
 Per valutare il legittimo esercizio dell’art 10 CEDU, l’articolo incriminato dev’essere considerato ovviamente nella sua interezza, senza soffermarsi su un’unica frase estrapolandola dal contesto.
Nel caso Marian Maciejewsky c. Polonia (ricorso n. 34447/05) le autorità nazionali avevano erroneamente condannato la ricorrente per un articolo intitolato “thieves in the administration of justice”. 
La Corte, pur riconoscendo che l’occhiello era forte, rilevava che i giudici nazionali avrebbero dovuto valutare l’articolo nel suo complesso: nel fare ciò, i giudici sono altresì tenuti a prendere in considerazione il probabile impatto di una propria decisione non solo nel caso concretamente trattato, ma anche sui media in generale. È questo il motivo per cui nello stesso caso Papaianopol c. Romania (application n. 17590/02) la Corte ammoniva lo Stato per aver comminato una pena troppo severa[3], peraltro in concorso con vizi motivazionali nella sentenza.
I limiti alla libertà d’espressione sindacale vengono tratteggiati in negativo dalla sentenza Palomo Sanchez and Others v. Spain (application nos. 28955/06, 28957/06, 28959/06 and 28964/06).
Nella vicenda in esame, i ricorrenti avevano pubblicato sulla prima pagina della newsletter del sindacato “a caricature showing two employees of the company giving sexual favours to the director of human resources” accompagnata da “two articles, worded in vulgar language, [which, ndr] criticised the fact that those two individuals had testified in favour of the company during the proceedings brought by the applicants. The newsletter was distributed among the workers and displayed on the notice board of the trade union on the company’s premises.La Corte di Strasburgo ha ritenuto che “the cartoon and the two articles were offensive and impugned the dignity of the people concerned”, statuendo come la difesa della libertà d’espressione non sia estendibile alle affermazioni umilianti o offensive, perché queste non sono necessarie per la formazione del convincimento altrui. Il principio di buona fede tra le parti impone un bilanciamento tra i vari interessi in gioco: i ricorrenti “included accusations which were aimed not directly at the company but against two other employees and the human resources manager”, scadendo così nell’ “use of offensive cartoons or expressions, even in the context of labour relations”. Dev’essere infatti tracciata una chiara distinzione “between criticism and insult and that the latter might, in principle, justify sanctions”.
Nel caso Marchenko V. Ukraine (ricorso n. 4063/04) il ricorrente, insegnante e capo di un’unione sindacale, accusava il direttore della scuola in cui lavorava di essersi indebitamente appropriato di “humanitarian aid given to the school, had used the school car, TV set and video equipment for private purposes and had taken bricks from one of the school’s walls”. Le indagini svolte non hanno fatto emergere alcuna prova delle presunte appropriazioni indebite. La Corte “first noted that Mr Marchenko, despite being a union representative acting on a matter of public concern, had a duty to respect the reputation of others, including their presumption of innocence, and owed loyalty and discretion to his employer. The Court further observed that Mr Marchenko should have made his allegations first to the director’s superior, or other competent authority, before disclosing them to the public. The Court then noted that Mr Marchenko had not attempted to use the legal means available to challenge what he considered ineffective investigation by the public auditing service and the prosecutor into his allegations, but had instead accused the director harshly during a public picket.”
L’attività sindacale non si esplica solamente tramite pubblicazioni più o meno formali, dirette ai suoi iscritti o ad un pubblico di lettori più o meno vasto giacchè in prima battuta, il sindacalista è presente sul posto di lavoro e ingaggia confronti orali
La Corte di Strasburgo nel ricorso Palomo Sanchez and Others v. Spain (application nos. 28955/06, 28957/06, 28959/06 and 28964/06) ha occasione di affermare, in obiter dictum, che i confini della libertà d’espressione sono più ampi se l’oggetto del contendere riguarda “instantaneous and ill-considered reactions in the context of a rapid and spontaneous oral exchange”: pertanto written assertions devono essere giudicate con un maggiore rigore, poiché, pur potendo essere redatte in uno stato emotivo alterato, vi è sempre la possibilità di una successiva revisione a mente lucida. 

Sentenze rilevanti della Corte di Strasburgo (cfr. il motore di ricerca HUDOC http://hudoc.echr.coe.int/) 
  • Corte EDU, Schettini e altri c. Italia, dec. 9 novembre 2000; Wilson, Sindacato Nazionale giornalisti e altri c. Regno Unito, 2 luglio 2002 (in La CEDU e il ruolo delle Corti, a cura di Pasquale Gianniti, Zanichelli Editore, 2015) = contrattazione collettiva è solo uno degli strumenti a disposizione dei sindacati, che devono essere liberi, in un modo o nell’altro, di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare le loro richieste;
  • Vellutini and Michel v. France  (application n 32820\09)  = scambio reciproco di accuse tra sindacalisti.
Richiesta la buona fede e le critiche devono essere connesse ai compiti svolti dalla persona e non di natura privata. Personaggio pubblico deve sottoporsi a più critiche del privato. Ammessa esagerazione e provocazione se il dibattito è di pubblico interesse. Meglio se il comportamento processuale del ricorrente è cooperativo e offre prove a supporto delle sue affermazioni. Personaggio non identificato ma identificabile.
  • Papaianopol c. Romania (application n. 17590\02) = sindacalista critica il preside, dicendogli che ha avuto quel posto per raccomandazioni politiche.
Articolo basato principalmente sulle lamentele fatte dai docenti (+ indicazione delle loro generalità).  Personaggio pubblico deve sottoporsi a più critiche del privato. Personaggio identificato con nome e cognome: lecito esercizio dell'art. 10 CEDU perché c'è una sufficiente base fattuale e c'è comportamento processuale collaborativo per dimostrarlo. Richiesto l'interesse generale.Comunque la pena irrogata dallo stato era troppo alta.
  • Palomo Sanchez and Others v. Spain (application nos. 28955/06, 28957/06, 28959/06 and 28964/06) = CONDANNA CONFERMATA per vignetta che ritrae due lavoratori, che hanno testimoniato a favore dell'azienda in un processo instaurato dal sindacato, "giving sexual favours" al direttore risorse umane.
Richiesta buona fede e rispetto dei lavoratori: non è una notizia necessaria agli altri per fargli formare un'opinione. La stessa frase, orale o scritta, è valutata differentemente: è più grave la seconda. Condannati perché hanno messo in mezzo i due lavoratori: ciò travalica il diritto di critica al datore di lavoro.
  • Mengi c. Turchia (13471\05 e 38787\07) = giornalista accusa studioso internazionale di essere un discriminatore che dovrebbe essere internato.
Distinzione tra giudizio di fatto VS giudizio di valore, soli i primi sono soggetti a prova. Richiesto l'interesse pubblico della notizia (NO gossip). Ammesso linguaggio volgare, se non è per denigrare ma nel complesso porta una critica basata sui fatti. Bene provocazione e esagerazione, no dovere di moderazione;
  • Marian Maciejewsky c. Polonia (application n. 34447\05) = articolo intitolato "Ladri nell'amministrazione della giustizia".
Non bisogna estrapolare una frase (in questo caso un titolo) dal suo contesto. Prima di condannare, giudici devono considerare tutto l'articolo e il possibile effetto dissuasivo sui media in generale.
  • Csanics c. Ungheria, n°12188\06 = definizione di uomo pubblico deve essere intesa in senso ampio ( è uomo pubblico il datore di lavoro di tanti dipendenti).
  • Wojtas-Kaleta V. Poland (application n. 20436\02) = base fattuale concreta e pubblico interesse.
  • Marchenko V. Ukraine (application n. 4063\04) = CONDANNA CONFERMATA, sindacalista aveva accusato il preside di appropriazione indebita.
Manca qualsiasi prova, non c'è rispetto della presunzione di innocenza. Sindacalista doveva PRIMA andare a parlarne col superiore o con le autorità, e solo dopo eventualmente pubblicare l'articolo.Pena irrogata dallo stato era troppo alta.


  

[1] Corte EDU, Wojtas-Kaleta V. Poland (application n. 20436\02). Nel caso di specie, una giornalista sindacalista aveva contestato in un articolo il palinsesto televisivo del proprio datore di lavoro, il quale aveva deciso di sopprimere due programmi di musica classica, sostenendo che “while classical music was the heritage of the nation, its continuous dissemination was seriously jeopardised by diminishing its time on the air and polluting air time instead with violence and pseudo- musical kitsch.”. A seguito del ricorso per le misure disciplinari applicate alla sindacalista, la Corte di Strasburgo le ritenne illegittime  perché “the applicant’s statements had relied on a sufficient factual basis and had at the same time amounted to value judgments which were not susceptible of proof.”
[2] Corte EDU, Csanics c. Ungheria, n°12188\06: “It was true that the plaintiff was not a public figure, but the high number of the employees concerned made the issue a subject of considerable public interest. In the applicant’s view, as a trade union leader, he had had no other choice but to stand up for those rights in the impugned manner.”
[3] Nel caso Marchenko V. Ukraine (application n. 4063\04) il ricorrente, insegnante e capo di un’unione sindacale della scuola in cui lavorava, veniva  ingiustamente condannato alla reclusione di un anno “for publicly and unfoundedly accusing the director of the school for misappropriating public funds”.  “The Court concluded that that had been an excessive measure, which had had a dissuasive effect on public debate, in violation of Article 10.”

giovedì 23 aprile 2015

IL SENATORE MARAN DEL PD CHIEDE AL GOVERNO DI CREARE DUE SOLE FORZE DI POLIZIA


G7.101
Il Senato,
            in sede di discussione dell'A.S. 1577 recante «Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche»,
        premesso che:
            l'articolo 7, comma primo, lettera a) del provvedimento in oggetto prevede la «razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia anche in funzione di una migliore» cooperazione sul territorio al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la gestione associata dei servizi strumentali»,
        considerato che:
            l'Italia conosce nel suo ordinamento una stratificazione di forze di polizia ad ordinamento civile e militare con funzioni di polizia giudiziaria, amministrativa, stradale e di sorveglianza che si affiancano, e spesso sovrappongono, alla Polizia di Stato come la Polizia penitenziari a dipendente dal Ministero della Giustizia, il Corpo forestale dello Stato dipendente dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ed infine il Corpo nazionale dei vigili del fuoco dipendente dal Ministero dell'Interno, oltre come detto ai diversi corpi ad ordinamento militare quali l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza dipendente direttamente dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, e le Capitanerie di Porto - Guardia Costiera,
        considerato inoltre che:
            la maggior parte dei paesi Europei va verso l'istituzione di un'unica forza di polizia ad ordinamento civile e che, già nelle more del processo riformatore, la Germania dispone della solaLandespolizei per i Land e dalla Bundespolizei per la politica nazionale; che in Francia i compiti di polizia sono svolti dalla Police Nationale cui si affianca la polizia municipale di periferia; che in Spagna oltre la polizia territoriale esiste il solo Cuerpo Nacional de Policìa e che, infine, J1lnghilterra come forza di polizia dell'intera e vastissima area della Contea di Londra dispone della sola Metropolitan Police Service oltre al corpo ristretto della City of London Police per il controllo del cuore della city,
        impegna il Governo:
            nell'attuazione del decreto di cui in oggetto, a prevedere la razionalizzazione e semplificazione delle forze di polizia attualmente esistenti tramite l'individuazione di due forze di polizia: una per il contrasto della grande criminalità e una per il controllo del territorio.

mercoledì 22 aprile 2015

I NUOVI ORIZZONTI EUROPEI PER I DIRITTI DI TUTELA PROFESSIONALE DEL P...


DAL 2001 IL CODICE ETICO EUROPEO CHIEDE CHE TUTTE LE FORZE DI POLIZIA SIANO CIVILI ED ABBIANO DIRITTI SINDACALI



https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=223251&Site=CM&BackColorInternet=C3C3C3&BackColorIntranet=EDB021&BackColorLogged=F5D383
 
"5. ...Il personale di polizia deve essere sottoposto alla stessa legislazione dei cittadini comuni, e le eventuali eccezioni devono essere legittimate esclusivamente per garantire il buon funzionamento delle funzioni di polizia in una società democratica...
...13. La polizia, nell'esercizio delle sue funzioni nella società civile, deve essere sottoposta alla responsabilità delle autorità civili...

...32. Il personale di polizia gode dei diritti sociali ed economici, in quanto funzionari pubblici, nella misura più ampia possibile. In particolare, il personale deve godere dei diritti sindacali o di partecipare ad organizzazioni rappresentative, di ricevere una remunerazione adeguate, del diritto alla previdenza sociale e di accedere a specifiche misure di protezione della salute e della sicurezza, tenendo conto del carattere particolare del lavoro della polizia...."
 
Raccomandazione 2001-10

Codice etico europeo per la polizia

Il Comitato dei Ministri, in forza dell'Articolo 15.b dello Statuto del Consiglio d'Europa,

Ricordando che obiettivo del Consiglio d'Europa è quello di realizzare un'unione ancora più stretta tra i suoi membri;

Tenendo presente che scopo del Consiglio d'Europa è anche quello di promuovere lo stato di diritto, che costituisce il fondamento di tutte le autentiche democrazie;

Considerando che il sistema della giustizia penale gioca un ruolo determinante nella salvaguardia dello stato di diritto e che la polizia ha un ruolo essenziale in quel sistema;

Consapevole della necessità per tutti gli stati membri di impegnarsi in un'efficace lotta contro la criminalità, sia a livello nazionale che a livello internazionale;

Considerando che le attività di polizia, in larga misura, sono svolte in stretto contatto con la popolazione e che l'efficienza della polizia dipende dal sostegno pubblico;

Riconoscendo che la maggior parte delle organizzazioni europee di polizia - oltre a far osservare la legge - svolgono funzioni sociali e di servizio nella società;

Convinto che la fiducia pubblica nella polizia è strettamente collegata all'atteggiamento e al comportamento verso il pubblico, in particolare al rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali e delle libertà dell'individuo, contenuti, in particolare, nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

Considerando i principi espressi nel Codice di condotta per il personale incaricato del rispetto della legge delle Nazioni Unite e nella Risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa sulla Dichiarazione sulla Polizia;

Rammentando i principi e le regole contenute nei testi relativi alle problematiche della polizia – dal punto vista del diritto penale, civile e pubblico e dei diritti umani - adottati dal Comitato dei Ministri, nelle decisioni e nelle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo e i principi adottati dal Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti;

Riconoscendo la diversità delle differenti strutture delle polizie e dei mezzi di organizzazione della polizia in Europa;

Considerando la necessità di definire principi ed orientamenti europei comuni in materia di obiettivi, di funzioni e di responsabilità della polizia, al fine di assicurare la salvaguardia della sicurezza e dei diritti della persona in società democratiche rette dal principio dello stato di diritto;

Raccomanda che i governi degli stati membri siano guidati nella loro legislazione interna, nella pratica e nella definizione dei codici di condotta in materia di polizia dai principi contenuti nel testo del Codice etico europeo per la polizia allegato alla presente Raccomandazione, allo scopo di assicurarne la progressiva attuazione e la massima diffusione.

Allegato

Codice etico europeo per la polizia

Definizione del raggio d'azione del codice

Il presente codice si applica sia alle tradizionali forze di polizia pubbliche sia ai servizi pubblici di polizia, sia agli altri corpi organizzati e autorizzati pubblicamente con l'obiettivo primario di far rispettare la legge e di mantenere l'ordine nella società civile, e coloro che siano stati autorizzati dallo stato ad usare la forza c/o poteri speciali per questo fine.

I. Obiettivi della polizia

1. Gli scopi principali della polizia in una società democratica governata dallo stato di diritto sono:

-mantenere la serenità pubblica, la legge e l'ordine nella società;

-proteggere e rispettare i diritti fondamentali dell'individuo e le libertà, contenuti in particolare nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

- prevenire e combattere il crimine;

- investigare il crimine;

- offrire assistenza e funzioni di servizio alla popolazione.

II. Il fondamento giuridico della polizia

2. La polizia è un organo pubblico che deve essere istituito per legge.

3. Le operazioni di polizia devono essere condotte sempre in conformità alle leggi nazionali e agli standard internazionali riconosciuti dal paese.

4. La legislazione che guida la polizia deve essere accessibile al pubblico e sufficientemente chiara e precisa, e, se occorre, integrata da regolamenti chiari ugualmente accessibili al pubblico.

5. Il personale di polizia deve essere sottoposto alla stessa legislazione dei cittadini comuni, e le eventuali eccezioni devono essere legittimate esclusivamente per garantire il buon funzionamento delle funzioni di polizia in una società democratica.

III. La polizia e il sistema della giustizia penale

6. Deve esserci una netta distinzione tra il ruolo della polizia e quello del sistema giudiziario, della pubblica accusa e del sistema penitenziario; la polizia non deve avere alcuna funzione di controllo su questi organismi.

7. La polizia deve rispettare rigorosamente l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici; in particolare, la polizia non deve mai sollevare obiezioni contro legittime sentenze o decisioni giudiziarie, né deve impedirne l'esecuzione.

8. La polizia, come regola generale, non deve esercitare funzioni giudiziarie. Eventuali deleghe di potestà giudiziaria alla polizia vanno limitate e previste dalla legge. Deve essere sempre possibile ricorrere dinanzi all'autorità giudiziaria contro ogni atto, decisione o omissione della polizia che colpisca i diritti individuali.

9. Deve esserci cooperazione funzionale e adeguata tra la polizia e la pubblica accusa. Nei paesi in cui la polizia è sottoposta all'autorità della pubblica accusa o del magistrato inquirente, la polizia deve ricevere istruzioni chiare sulle priorità che governano la politica di investigazione del crimine e sui progressi delle indagini nei casi individuali. La polizia deve informare il procuratore o il giudice istruttore del modo in cui le loro istruzioni sono eseguite e, in particolare, deve fare regolarmente rapporto sugli sviluppi dei casi criminali.

10. La polizia deve rispettare il ruolo degli avvocati della difesa nel processo penale e, se del caso, contribuire ad assicurare un effettivo diritto di accesso all'assistenza legale, in particolare nel caso di persone private della libertà personale.

11. La polizia non deve sostituirsi al personale penitenziario, salvo in casi di emergenza.

IV. Le strutture organizzative della polizia

A. Norme Generali

12. La polizia deve essere organizzata in modo che i suoi membri godano il rispetto della popolazione in quanto professionisti incaricati di fare applicare la legge e prestatori di servizi pubblici.

13. La polizia, nell'esercizio delle sue funzioni nella società civile, deve essere sottoposta alla responsabilità delle autorità civili.

14. La polizia e il suo personale in divisa devono essere, di norma, facilmente riconoscibili.

15. La polizia deve godere di sufficiente indipendenza operativa da altri corpi dello stato nell'esercizio delle sue funzioni, delle quali essa è pienamente responsabile.

16. Il personale di polizia, a tutti i livelli gerarchici, deve essere individualmente responsabile delle proprie azioni, delle omissioni o degli ordini impartiti ai subordinati.

17. L'organizzazione di polizia deve comportare al suo interno una catena del comando chiaramente definita. Deve essere sempre possibile determinare quali superiori siano in ultima analisi responsabili per gli atti o per le omissioni del personale di polizia.

18. La polizia deve essere organizzata in modo tale da promuovere buone relazioni con la popolazione e, se de caso, un'efficace cooperazione con altri enti, con le comunità locali, con le organizzazioni non-governative e con gli altri rappresentanti della popolazione, ivi compresi i gruppi appartenenti a minoranze etniche.

19. Le organizzazioni di polizia devono essere pronte a dare al pubblico informazioni obiettive sulle loro attività, senza peraltro rivelare informazioni coperte da segreto. Devono essere elaborate linee-guida professionali per regolare i contatti con i mezzi di comunicazione e informazione.

20. L'organizzazione dei servizi della polizia deve basarsi su misure efficaci per garantire l'integrità del personale di polizia e la sua condotta adeguata nell'esecuzione delle operazioni, in particolare deve garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degli individui, quali contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

21. Devono essere istituite, nell'organizzazione della polizia ad ogni livello, misure efficaci per prevenire e combattere la corruzione.

B. Qualifica, reclutamento e garanzie del personale di polizia

22. Il personale di polizia, ad ogni livello d'ingresso nella professione, deve essere reclutato in base alle qualifiche e all'esperienza personali, che devono essere adeguate agli obiettivi della polizia.

23. Il personale di polizia deve essere in grado di dimostrare capacità di discernimento, apertura mentale, maturità, senso della giustizia, doti comunicative e, se necessario, capacità di leadership e organizzativa. Inoltre, deve possedere una buona comprensione delle problematiche sociali, culturali e comunitarie.

24. Le persone che siano state condannate per gravi reati devono essere interdette dall'impiego nella polizia.

25. Le procedure di reclutamento devono basarsi s criteri obiettivi e non discriminatori, in seguito ad una necessaria valutazione dei candidati. Inoltre, è opportuno adottare una politica che preveda il reclutamento di donne e uomini dai diversi ambiti della società, ivi compresi i gruppi etnici minoritari, con l'obiettivo generale di fare in modo che il personale di polizia rifletta la società che è tenuto a servire.

C. La formazione del personale di polizia

26. La formazione del personale di polizia, che deve basarsi sui valori fondamentali della democrazia, dello stato di diritto e sulla protezione dei diritti umani, deve essere sviluppata in conformità agli obiettivi della polizia.

27. La formazione generale della polizia deve essere aperta quanto più possibile alla società.

28. La formazione generale iniziale deve essere preferibilmente seguita a intervalli regolari da fasi di formazione in servizio e di formazione specialistica, nonché, se del caso, di formazione a funzioni dirigenziali e gestionali.

29. Nella formazione della polizia a tutti i livelli va inserito un addestramento pratico all'uso della forza e ai limiti a tale uso stabiliti in base ai principi in materia di diritti umani, in particolare alla luce della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nella giurisprudenza della Corte.

30. La formazione del personale di polizia deve tenere pienamente conto della necessità di combattere il razzismo e la xenofobia.

D. I diritti del personale di polizia

31. Il personale di polizia, in via generale, gode degli stessi diritti civili e politici degli altri cittadini. Restrizioni a questi diritti possono essere operate esclusivamente se sono necessarie per l'esercizio delle funzioni di polizia in una società democratica, in conformità con la legge e con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

32. Il personale di polizia gode dei diritti sociali ed economici, in quanto funzionari pubblici, nella misura più ampia possibile. In particolare, il personale deve godere dei diritti sindacali o di partecipare ad organizzazioni rappresentative, di ricevere una remunerazione adeguate, del diritto alla previdenza sociale e di accedere a specifiche misure di protezione della salute e della sicurezza, tenendo conto del carattere particolare del lavoro della polizia.

33. Le misure disciplinari inflitte al personale di polizia devono essere sottoposte al giudizio di un organismo indipendente o di un tribunale.

34. Le pubbliche autorità devono sostenere il personale di polizia che sia oggetto di accuse infondate relative all'esercizio delle sue funzioni.

V. Orientamenti per l'azione/intervento della polizia

A. Principi generali

35. La polizia, e tutte le operazioni di polizia, devono rispettare il diritto di tutti alla vita.

36. La polizia non deve infliggere, incoraggiare o tollerare alcun atto di tortura, alcuna pena o trattamento inumano o degradante, in nessuna circostanza.

37. La polizia può fare uso della forza solo se strettamente necessario e solo nella misura necessaria per ottenere un obiettivo legittimo.

38. La polizia deve sempre verificare la legalità delle azioni che intende porre in essere.

39. Il personale di polizia deve adempiere agli ordini legittimamente impartiti dai superiori, ma ha il dovere di non eseguire quegli ordini che siano chiaramente illegali e di farne rapporto, senza timore di sanzione.

40. La polizia deve svolgere le sue funzioni in modo equo, guidata in particolare dai principi di imparzialità e di non-discriminazione.

41. La polizia deve interferire con il diritto individuale al rispetto della vita privata esclusivamente se strettamente necessario ad ottenere un legittimo obiettivo.

42. La raccolta, l'archiviazione e l'uso dei dati personali da parte della polizia deve essere esercitato in conformità ai principi internazionali sulla protezione dei dati personali e, in particolare, deve limitarsi alla misura necessaria per la realizzazione di obiettivi leciti, legittimi e specifici.

43. La polizia, nell'esercizio delle sue attività, deve sempre tenere presenti i diritti fondamentali di ciascuno, come la libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di espressione, di riunione pacifica, di movimento e al rispetto dei suoi beni.

44. Il personale di polizia deve agire con integrità e rispetto verso il pubblico e con particolare considerazione per la situazione degli individui che appartengono a gruppi particolarmente vulnerabili.

45. Il personale di polizia, nel corso di un intervento, deve, di norma, essere in condizione di fornire le prove del proprio status e della propria identità professionale.

46. Il personale di polizia deve opporsi ad ogni forma di corruzione all'interno della polizia. Deve informare della corruzione all'interno della polizia i superiori e gli altri organismi preposti.

B. Situazioni specifiche

1. Indagini di polizia

47. Le indagini di polizia devono basarsi, come minimo, sul ragionevole sospetto che un reato è stato commesso o sta per essere commesso.

48. La polizia deve seguire i principi per cui chiunque sia accusato di reato deve essere presunto innocente fino a condanna definitiva da parte di un tribunale e gode di certi diritti, in particolare del diritto di essere informato al più presto dell'accusa formulata contro di lui e del diritto di preparare la propria difesa, personalmente o con l'ausilio di un legale di propria scelta.

49. Le indagini di polizia devono essere obiettive e eque. Devono tenere conto dei bisogni specifici di persone quali bambini, minori, donne, appartenenti a minoranze, incluse minoranze etniche, e di persone particolarmente vulnerabili, e adattarsi secondo necessità.

50. Devono essere adottati orientamenti per l'adeguata condotta negli interrogatori di polizia, tenendo in mente il paragrafo 48. Essi devono, in particolare, garantire che l'interrogatorio si svolga in modo equo, vale a dire che gli interrogati siano resi consapevoli delle ragioni dell'interrogatorio stesso e di altre informazioni relative. Vanno tenuti registri sistematici degli interrogatori di polizia.

51. La polizia deve essere consapevole delle necessità specifiche dei testimoni e deve essere guidata da regole per la loro protezione e per il loro sostegno nel corso di indagini, qualora vi sia il rischio di intimidazione dei testimoni.

52. La polizia deve fornire alle vittime della criminalità il sostegno, le informazioni e l'assistenza di cui hanno bisogno, senza discriminazioni.

53. Durante tutto il corso delle indagini, la polizia deve fornire i necessari servizi di interpretariato / traduzione.

2. Arresto/privazione della libertà personale da parte della polizia

54. La privazione della libertà personale deve essere quanto più possibile limitata e condotta nel rispetto della dignità, della vulnerabilità e dei bisogni personali di ogni detenuto. Va tenuto un registro di custodia sistematicamente per ciascun detenuto.

55. La polizia, nella misura possibile secondo la legislazione nazionale, deve immediatamente informare le persone private della loro libertà delle ragioni della privazione della libertà e di ogni accusa mossa nei loro confronti, e deve anche, senza ritardi, informare le persone private della libertà della procedura applicabile nel loro caso.

56. La polizia deve provvedere alla sicurezza, alla salute, all'igiene e all'adeguato nutrimento delle persone durante la fase di custodia. Le celle di polizia devono essere di dimensioni ragionevoli, devono avere illuminazione e aerazione adeguate e devono essere attrezzate in modo da permettere il riposo.

57. Le persone private della libertà da parte della polizia devono avere il diritto alla notifica della privazione della libertà a una parte terza di loro scelta, a conferire con un avvocato e ad essere visitate da parte di un medico, se possibile, di loro scelta.

58. La polizia, per quanto possibile, deve separare le persone private della libertà in base al sospetto di aver commesso un reato penale da coloro che siano privati della libertà per altre ragioni. Deve esserci, di norma, una separazione tra donne e uomini e tra adulti e minori.

VI. Responsabilità e controllo della polizia

59. La polizia deve rendere conto allo Stato, ai cittadini e ai loro rappresentanti. Deve essere sottoposta ad un efficiente controllo esterno.

60. Il controllo dello Stato sulla polizia deve essere distribuito tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

61. Le pubbliche autorità devono garantire procedure efficaci ed imparziali per le denunce contro la polizia.

62. Devono essere promossi meccanismi di responsabilità, basati sulla comunicazione e sulla reciproca comprensione tra la popolazione e la polizia.

63. Dei codici deontologici per la polizia, fondati sui principi contenuti nella presente Raccomandazione, devono essere sviluppati negli Stati Membri e posti sotto la supervisione di organismi appropriati.

VII. Ricerca e cooperazione internazionale

64. Gli Stati Membri devono promuovere e incoraggiare la ricerca sulla polizia, sia da parte della polizia stessa che da istituzioni esterne.

65. Va sostenuta la cooperazione internazionale in materia di etica della polizia e sugli aspetti dell'azione di polizia che investono i diritti umani.

66. I mezzi di promozione dei principi della presente Raccomandazione e la loro implementazione devono essere attentamente vagliati dal Consiglio d'Europa.


 

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno