sabato 26 dicembre 2009

UNIFICAZIONE FORZE DI POLIZIA: COSTI E BENEFICI

di Nelson Gregory Kaffir Boetie

Da una eventuale unificazione delle Forze di polizia vedrei soltanto benefici e notevoli risparmi di gestione, ed un indubbio vantaggio a favore dei cittadini che si tradurrebbe in una maggiore sicurezza per una più alta presenza delle stesse sul territorio.
Quello dell’unificazione è un annoso problema che impegna i nostri politici sin dal 1919, con tentativi più o meno concreti perché ciò si attuasse. Nel 1925 fu posto fine a tutti questi tentativi e da allora soltanto prove tecniche di unificazione, quelle quali il governo D’Alema ha provveduto a mettere una pietra tombale definitiva creando, unica nel suo genere sull’intero globo, la Quarta Forza armata.
Parto dal non concordare con chi asserisce il no alla fusione a prescindere, e soltanto in nome di un non comprensibile “orgoglio di appartenenza”. Anziché pensare a un bene collettivo quale può essere la sicurezza pubblica nel Terzo millennio, si pensa ancora ad un “orgoglio di appartenenza”.
La sicurezza non la si fa o non la si produce con “l’orgoglio di appartenenza”, tutt’altro. Il passato, i ricordi e le tradizioni è bene che non vengano mai cancellati, ma legare il futuro al passato mi dice che qualcosa non vada per il verso giusto, oppure che ci sia qualcos’altro di più profondo che impedisce tutto ciò, e che “l’orgoglio di appartenenza” sia soltanto lo specchietto per le allodole per non portare a compimento una unificazione oramai non più rimandabile.
E’ bene che le tradizioni rimangano vive, ma non devono essere una palla al piede per la mancata costruzione di un modello di sicurezza più economico ed efficiente.
Rimanendo sul Vecchio Continente, soltanto l’Italia può, a ragione, essere definita la nazione delle 1.000 Polizie e delle 1.000 uniformi, seguita molto da lontano, solo dalla Grecia e dalla Spagna.
Per andare verso un processo di unificazione, la politica dovrà dimostrare di avere una seria volontà di perseguire questi obiettivi, ed il coraggio di resistere alla “casta” del Comparto Sicurezza, rischiando anche momenti di impopolarità e di mancato consenso. Ho fatto cenno al consenso perché, e non vi è bisogno che entri nei dettagli, i Comparti Sicurezza e Difesa sono dei veri e propri serbatoi di voti. La politica se la sente di rischiare per il bene di tutta la collettività?Sarkozy, da ultimo in Europa, ha inserito la Gendarmeria, omolaga ai nostri Carabinieri, alle dirette dipendenze dell’Autorità nazionale della Sicurezza e cioè al Ministro dell’Interno, autorità civile. La Gendarmeria francese nacque ufficialmente il 16 febbraio 1791, ma la sua origine pare che risalga addirittura al 1600. Da questo esempio presero spunto molte altre Polizie europee, e tra queste proprio l’Arma dei Carabinieri (1886), nata quasi un secolo dopo la Gendarmeria francese.
Quindi un’arma come la Gendarmeria, più antica dei Carabinieri, e con un passato sicuramente non meno nobile, dopo alcuni secoli è passata alle dipendenze del Ministro dell’Interno, senza particolari prese di posizione o ostracismi vari. La Gendarmeria francese era, è, e sarà sempre, al servizio dei cittadini d’oltralpe con tutte le sue “gloriose” passate tradizioni.
L’Europarlamento da diverso tempo chiede ai Paesi membri un’unica Polizia con lo status giuridico civile, ma non mi risulta che questa esortazione in Italia sia stata mai presa in considerazione. E’ giustificabile per i cittadini, per la politica e per la sicurezza la presenza di cinque Forze di polizia, di cui due a competenza generale, che dialogano tra loro il minimo indispensabile?
Pensiamo ora ai vantaggi di un’unica Forza di polizia, con un’unica Sala operativa a dispetto dell’attuale pletora esistente, con tutti i problemi che questo comporta nella gestione delle risorse sia umane che tecnologiche. Il tasto dolente è proprio nel concetto di “unica Forza di polizia” che fa venire l’orticaria alla “casta”.Ogni Forza di polizia che è alle precise dipendenze di un Ministro, ha al proprio vertice un direttore centrale, si chiami esso Capo della Polizia o Comandante generale dell’Arma, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria o Corpo Forestale dello Stato, e via scendendo sino al livello provinciale, dove troviamo un questore per ogni provincia; con i relativi omologhi delle altre Forze di polizia. Se la politica avesse veramente l’intenzione di fare una seconda rivoluzione copernicana, molti dovrebbero rinunciare alla propria fetta di prestigio, partendo dalla politica stessa per finire con la “casta” delle Forze di polizia.
Allo stato delle cose, in Italia possiamo tranquillamente constatare l’esistenza di una quintuplicazione delle attività di Pubblica sicurezza che si svolgono in ambito terrestre, marittimo o aereo, senza peraltro calcolare le Polizie locali e quelle provinciali esistenti. Unificanto tutti questi settori si avrebbe una immediata riduzione dei costi e una presenza maggiore e costante sul territorio delle Forze di polizia. Il risparmio sarebbe rapido ed evidente.In atto abbiamo cinque cabine di regia nazionali (una per ogni Forza dell’ordine) mentre ne potremmo avere soltanto una. Abbiamo 103 province con 515 Sale operative (una per ogni Forza dell’ordine) quando ne potremmo avere soltanto 103. Da questo calcolo è ovvio che rimangono fuori le cosiddette Sale operative minori ed autonome nell’ambito di ogni singola Forza di polizia (quale Polizia Stradale, Reparto Volo, Frontiera terrestre, aerea e marittima, Reparto Mobili e così via) superando di almeno il doppio la soglia delle 515 Sale operative esistenti in ambito nazionale.
Non è necessario essere esperti in matematica per comprendere quanti uomini e donne delle Forze dell’ordine si potrebbero recuperare, non tralasciando situazioni di non secondaria importanza quale potrebbe essere un unico intervento, un unico atto di indagine, un unico ente sul posto dell’evento delittuoso o d’indagine.
All’interno di questa unica cabina di regia si dovrebbero, naturalmente, ipotizzare le diverse specializzazioni quali l’ordine pubblico, reati finanziari, giudiziaria, Polizia stradale, Polizia ambientale, penitenziaria, aerea, marittima, ecc. mantenendo di fatto quell’“orgoglio di appartenenza” che sempre più spesso viene rivendicato.
Le Forze di polizia sono paragonabili a delle vere e proprie aziende il cui prodotto da garantire è la sicurezza. Lo si vuole continuare a garantire con “l’orgoglio di appartenenza”, o comunque con i retaggi del passato? Personalmente credo di no. La responsabilità di una mancata unificazione e quindi di una maggiore efficienza, va ricercata esclusivamente nella classe politica e nelle pressioni che su questa vengono esercitate dalle varie baronie del Comparto Sicurezza.Per tornare ai costi, non credo che si possa neanche minimamente immaginare quale business possa ruotare attorno a questo Comparto in termini di attrezzature e risorse, con relativi costi di gestione e manutenzione.
Nonostante per legge dovrebbero esserci soltanto una banca dati nazionale interforze, di fatto ogni Forza di polizia ha un proprio Ced autonomo nazionale con le varie derivazioni territoriali, centinaia di Sale operative, ponti radio e frequenze, caserme, commissariati, stazioni, questure, legioni, autovetture, armi, elicotteri, aerei, natanti, centralini, uniformi, ecc.
Se avvenisse l’unificazione tutto si ridurrebbe ad un quinto, e di contro avremmo quattro quindi di personale in più al servizio della collettività. In Italia la forte resistenza ad una eventuale unificazione delle Forze di polizia ha un solo nome: Carabinieri. Carabinieri dai cui vertici è arrivato sempre un niet e un altolà alla politica, perché ciò non avvenisse. L’Arma si trova comodamente a cavallo tra due ottime situazioni: la prima delle quali è quella di essere stata elevata al rango di Quarta Forza armata, e l’altra di essere un Forza di polizia a competenza generale nell’ambito del Comparto sicurezza.
Ergo, l’Arma ha fatto una libera scelta chiedendo di diventare Quarta Forza armata ed è giusto che ciò vada rispettato. Ma è altrettanto vero che ciò non debba essere d’ostacolo a future scelte di unificazione. Come l’Arma ha chiesto e preteso di essere quella che è, credo che sia altrettanto giusto che ciò non ostacoli eventuali processi di unificazione, il cui unico scopo è un vantaggio per la collettività in termini di operatività e risparmio di risorse economiche che non sono cose di poco conto.
Non credo neanche che tutto il personale dell’Arma la pensi allo stesso modo e sarebbe cosa intelligente ed opportuna far esprimere l’intera base dell’Arma dei Carabinieri con un apposito referendum interno su quale sarebbe la scelta: se verso una unificazione o continuare ad esistere come Quarta Forza armata in un ambito militare e con una esclusiva competenza in quel settore.
Leggo su alcune delibere degli organismi di rappresentanza militari di base dei Carabinieri che per loro è irrinunciabile “la scelta di vita fatta nella gloriosa e insostituibile Arma dei Carabinieri”. Oppure che “l’assurda conseguenza di questa rivoluzione epocale sarebbe la perdita del più significativo simbolo dell’Arma: la bandoliera”. Gli italiani chiedono più sicurezza e loro si preoccupano di perdere la bandoliera, e ahimé c’è ancora chi si preoccupa di perdere la bandoliera... Sarebbe come parafrasare la logica usata da Maria Antonietta prima di essere ghigliottinata: “Maestà, il popolo ha fame e non c’è pane...” “Allora date loro delle brioches”.
L’attuale Ministro dell’Interno ci sta provando di nuovo, ma credo che la politica tutta sia chiamata a dare il proprio contributo, perché la soluzione al problema va trovata in tempi brevi. Se la politica si sente di agire nel vero interesse della collettività non deve far altro che portare in aula il provvedimento e renderlo legge dello Stato nel più breve tempo possibile, visto che l’attuale maggioranza ha già fornito ampia dimostrazione di approvare provvedimenti legislativi importanti in meno di un batter d’occhio.
L’unificazione delle Forze di polizia è un evento che richiederebbe la stessa rapidità di approvazione, superando gli interessi della politica e delle caste, il cui risultato sarebbe al solo vantaggio dei cittadini tutti, e delle casse dello Stato di cui tutti noi siamo parte.

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giovedì 24 dicembre 2009

QUALCUNO PARLA DI QUASI 100 EURO LORDI DI AUMENTO: LA VERITA' PURTROPPO È UN’ALTRA

La Finanziaria 2010 è ormai legge dello Stato con la definitiva approvazione al Senato.Come previsto, non vi sono state modifiche rispetto al testo che aveva avuto il via libera della Camera. L’approvazione della legge di bilancio si è intrecciata, nei giorni che hanno preceduto il Natale, con la convocazione da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica per la prosecuzione delle trattative legate al rinnovo del biennio economico 2008/2009, scaduto ormai da due anni. Una convocazione che la Consulta Sicurezza (SAP, SAPPe e SAPAF) assieme alla quasi totalità delle organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato, oltre ai Cocer della Guardia di Finanza e dell’Aeronautica, ha respinto con forza, rifiutandosi di partecipare ad una riunione che non serviva a niente, vista l’assenza di nuove e più congrue risorse. La situazione è la seguente e vogliamo dirlo con chiarezza ai colleghi. Così come con chiarezza dobbiamo dire che si tratta di una situazione vergognosa, nonostante qualcuno tenti di “spacciare” tra i colleghi l’idea che avremo quasi 100 euro lordi di incremento e che sarebbe da “irresponsabili” negare questo “aumento” al personale. Le cose non stanno così e la patacca è presto svelata. La Finanziaria appena approvata prevede 100 milioni di euro per la Specificità della nostra professione disponibili a decorrere da gennaio 2010 che vanno ad aggiungersi, per il biennio economico 2008/2009, alle risorse stanziate dalle precedenti leggi di bilancio, che hanno prodotto semplicemente incrementi pari al tasso di inflazione. Calcoli alla mano, l’aumento medio mensile lordo previsto per il biennio economico 2008/2009 è pari a 98,50 euro. Una somma che, al netto delle ritenute (circa il 40 per cento), diventa di circa 59 euro.Non è finita qui. A questo importo occorre detrarre 14 euro a titolo di vacanza contrattuale già percepiti e bisogna tenere conto che la somma comprende pure 12,77 euro a titolo di specificità. Arriviamo ad una somma di circa 32 euro netti mensili procapite. Una cifra già di per sé inaccettabile, che si abbasserà ulteriormente perché da questi soldi dovranno essere prelevate le risorse per una eventuale rideterminazione delle indennità accessorie che potrebbe essere decisa in sede contrattuale, compenso di lavoro straordinario compreso. Senza contare che da questa “importante somma”, che taluni vorrebbero far digerire ai colleghi, occorre togliere le risorse per la contrattazione di secondo livello (Fondo). Insomma, alla fine della fiera l’aumento potrebbe essere di 15/20 euro netti. Ulteriore precisazione: i 100 milioni previsti dalla Finanziaria insistono sul fondo destinato anche alla tutela della sicurezza pubblica di cui al comma 16 dell’articolo del decreto 112/2008 poi convertito in legge 133/2008.Si tratta delle risorse per la spesa corrente, per l’acquisto e la manutenzione delle nostre autovetture, per la benzina, per la gestione degli uffici. Insomma, aumenti da fame finanziati con soldi già destinati a noi. Non solo. A partire dall’anno prossimo il contratto sarà triennale: lo prevede la legge 150/2009 che ha modificato il decreto legislativo 195/1995. E per i miglioramenti economici legati al prossimo contratto che varrà, dunque, per il 2010, 2011 e 2012, la Finanziaria 2010 (art. 2, co. 11) ha stanziato solo le risorse pari alla vacanza contrattuale: 79 milioni per il 2010, 135 per il 2011 e 214 per il 2012. In soldoni, si tratta di risorse che serviranno per coprire il tasso di inflazione programmata dei prossimi due anni, assegnando qualche “spicciolo” in più (ma davvero poco in più) per il 2012. La situazione, ripetiamo, non è accettabile. Anche perché non si parla ancora di Riordino delle Carriere e di avvio della previdenza complementare, fondamentale per impedire ai nostri giovani di trascorrere in povertà i loro futuri anni di quiescenza. Un problema, quest’ultimo, che con la rivisitazione dei coefficienti di trasformazione dal 2010 (problema che, ripetiamo, non tocca gli “anziani” e chi sta per andare in pensione), si rivelerà concretamente drammatico per i colleghi con meno anni di servizio e anzianità alle spalle. Il SAP anche in questi giorni di festa continua la propria battaglia affinché gli impegni presi dal Governo non siano ulteriormente disattesi. La Camera ha votato un importante Ordine del giorno, sollecitato proprio dal nostro sindacato, per impegnare l’Esecutivo. E’ possibile muoversi anche nelle prossime settimane con un provvedimento “collegato” alla Finanziaria. Non ci interessa il mezzo o lo strumento, quel che conta è la sostanza. E la volontà politica.Soprattutto, conta la volontà degli operatori di quattro Corpi di Polizia (Guardia di Finanza compresa) che non vogliono ancora essere presi in giro. Il SAP non accetterà compromessi. Questo è sicuro.

ACCERTATA LA MALATTIA, IL LAVORATORE È LIBERO DI USCIRE


Dopo la visita fiscale l'obbligo di reperibilità non vale più. Purché ci si curi a dovere

Gli assenti per malattia possono uscire di casa dopo la visita del medico fiscale. Perché l'obbligo di reperibilità vale solo fino a quando non sia stato accertato lo stato di malattia. A dirlo non è il ministero della funzione pubblica, ma la Suprema corte di cassazione, con una sentenza del 2008, che oggi torna di stretta attualità (1942/90). Il caso riguardava un lavoratore che era uscito dopo la visita fiscale e che era stato sanzionato dall'Inps, che riteneva di avere diritto a disporre un ulteriore controllo medico dopo la prima visita fiscale. Secondo l'ente previdenziale, infatti, il lavoratore in malattia, anche se debitamente accertata da un medico di controllo, sarebbe tenuto per tutta la durata della malattia stessa a rispettare le fasce orarie di reperibilità per consentire accertamenti sul permanere delle sue condizioni patologiche. Tesi, questa, che è stata rigettata totalmente dalla Corte di cassazione che, per contro, ha affermato la piena facoltà del lavoratore assente per malattia di poter disporre liberamente del proprio diritto alla «locomozione». A patto che il medico fiscale abbia già visitato l'interessato. Secondo i magistrati superiori, «la limitazione alla libertà di locomozione imposta dal regime delle cosiddette fasce orarie di reperibilità» assume carattere eccezionale. E quindi, una volta accertato lo stato di salute (e cioè la malattia del lavoratore), la persistenza dell'obbligo si tradurrebbe in una imposizione di un riposo orario forzato quotidiano, che potrebbe addirittura non essere compatibile o comunque non avrebbe ragione riguardo a determinate forme patologiche la cui terapia potrebbe richiedere, per esempio, l'allontanamento dal luogo abituale di residenza per località più consone alle condizioni patologiche del soggetto (si pensi ai casi di asma allergica).
La limitazione potrebbe incidere cioè sui criteri e i metodi di cura della malattia i tempi e i luoghi di essa. La Corte ha sottolineato, inoltre, che il legislatore ha inteso rendere meno gravose le limitazioni delle fasce orarie di reperibilità, disponendo che il servizio di controllo dello stato di malattia e gli accertamenti preliminari al controllo stesso siano fatte nel più breve tempo possibile, nello stesso giorno, anche se domenicale o festivo. Secondo la Suprema corte, dunque, è evidente che il legislatore non ha voluto tutelare soltanto l'interesse del datore di lavoro al pronto accertamento della malattia, ma ha tenuto conto che non sempre uno stato morboso, che pur non rende idoneo il prestatore d'opera a determinati lavori, comporta necessariamente, per tutto il corso della malattia che egli rimanga nel suo domicilio o non svolga altre attività. Pertanto «accertato da competenti organi tecnici lo stato di malattia e formulato un giudizio prognostico», si legge nel provvedimento, «il legislatore non poteva strutturare un meccanismo restrittivo estendendolo ad ipotesi successive assolutamente eventuali fondate sul sospetto di un errore diagnostico valutativo da parte del medico che abbia effettuato il controllo o di un comportamento simulatorio o fraudolento del lavoratore». Insomma, vada per gli arresti domiciliari dalle 7 alle 13 e dalle 14 alle 20. Ma solo fino a quando non arriva il medico fiscale. Dopo di che scatta la libertà vigilata. Vigilata nel senso che se l'ammalato non si cura, e ciò comporta un prolungamento della prognosi, può essere ipotizzabile addirittura una responsabilità per danno erariale, con tanto di condanna da parte della Corte dei conti (sentenza n.21/2008 del 21 aprile 2008, sezione giurisdizionale per la regione Trentino Alto-Adige).

di Antimo Di Geronimo

Fonte: Italia Oggi – 28/04/2009

martedì 22 dicembre 2009

SICUREZZA: SINDACATI E COCER IN BUONA PARTE DISERTANO INCONTRO A FUNZIONE PUBBLICA


'DOPO I TAGLI PRODOTTI CON LA PRECEDENTE FINANZIARIA IL GOVERNO NON HA RISPETTATO GLI IMPEGNI ASSUNTI'


Roma, 22 dic. (Adnkronos) - Un ampio fronte di sindacati della Polizia di Stato (Siulp, Sap, Siap, Silp Cgil, Ugl Polizia, Coisp, Anfp), della Polizia Penitenziaria (Sappe, Osapp, Uil P.A. Penitenziari, Sinappe, Fns Cisl, Cgil F.P. e Uspp Ugl), del Corpo Forestale dello Stato (Sapaf, Ugl Corpo Forestale, Fesifo, Fns Cisl, P.A. Uil Forestali, Cgil F.P.), oltre al Cocer della Guardia di Finanza e al Cocer Aeronautica, non ha partecipato alla riunione convocata dal Dipartimento della Funzione Pubblica nella giornata odierna per il rinnovo del contratto 2008-2009, scaduto ormai da due anni."I motivi -affermano le organizzazioni assenti in una nota congiunta- sono tanti e tutti importanti. Il Governo, dopo i tagli prodotti con la precedente finanziaria, non ha rispettato gli impegni assunti e rispetto all'ultima riunione svoltasi il 16 settembre scorso, sempre per il rinnovo del contratto, non sono state apportate sostanziali novita', soprattutto per quel che riguarda lo stanziamentodi risorse economiche sufficienti"."Il Governo continua a limitarsi -proseguono i sindacati ed i cocer- ad incrementi pari al tasso inflattivo, il 3,2 per cento, che produrra' aumenti di circa 40 euro per Agente, senza per altro garanzia sugli arretrati. Le risorse economiche aggiuntive per il biennio economico 2008 - 2009, disponibili dal primo gennaio 2010 per valorizzare la specificità professionale, sono pari a cento milioni dieuro, pari alla meta' di quella stanziate per il biennio precedente".
"Il Governo, inoltre, nonostante gli impegni assunti e le ripetute promesse, non ha ancora avviato -aggiungono sindacati e cocer- i tavoli della previdenza complementare, tanto che i giovani appartenenti alle Forze dell'Ordine rischiano di trascorrere in poverta' i loro anni di vecchia, e non e' stata impressa la giusta accelerazione all'iter di approvazione del riordino delle carriere"."Del resto, come riconosciuto anche dal ministro Maroni, il Governo ha ridotto gli stanziamenti sugli appositi capitoli di spesa per il lavoro straordinario, con un taglio-sottolineano sindacati e Cocer- di 19 milioni di euro pari al 55 per cento dei servizi di ordine pubblico, con un taglio del 20.5 per cento del capitolo di spesa sulle missioni in Italia e all'estero, sulle manutenzioni degli impianti e degli alloggi collettivi, perfino dell'85 per cento sugli armamenti e su alcuni beni strumentali per garantire con efficienza la sicurezza dei cittadini".Per questo, la quasi totalita' dei sindacati della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato, oltre al Cocer della Guardia di Finanza e al Cocer Aeronautica, in linea con le strategie finora adottate che hanno portato tra l'altro alla grande manifestazione dei 40.000 in piazza a Roma a fine ottobre, ha dichiara la propria indisponibilita' a partecipare alla riunione del 22 dicembre e conferma il proprio stato di mobilitazione e agitazione fino a quando non vi saranno segnali chiari e concreti, da parte del Governo, per una netta inversione di tendenza", concludono sindacati e cocer.

lunedì 21 dicembre 2009

SALTA IL TAVOLO DELLE TRATTATIVE PER IL BIENNIO 2008-2009. "PATTI NON RISPETTATI"

Polizia, i sindacati contro Brunetta "Solo parole, disertiamo l'incontro"

L'accusa: "Per i giovani delle Forze dell'Ordine una vecchiaia in povertà"


ROMA - I sindacati della polizia diserteranno l'incontro previsto per domani con il ministro della Funzione Pubblica. Le motivazioni in una lettera indirizzata direttamente a Renato Brunetta: "Le comunichiamo che non è nostra intenzione prendere parte all'incontro in questione perché non sono stati rispettati gli impegni assunti formalmente dalla compagine governativa". Firmato, "le organizzazioni sindacali del Comparto Sicurezza e Difesa delle Forze di Polizia". Il motivo, denunciano i sindacati, è molto semplice: "I giovani appartenenti alle Forze dell'Ordine rischiano di trascorrere in povertà i loro anni di vecchiaia" e il governo "non ha rispettato gli accordi". Durante l'incontro si sarebbe dovuto affrontare il tema della prosecuzione delle trattative e della concertazione per il biennio economico 2008-2009 per quanto riguarda il personale non dirigente delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, ad ordinamento militare e le Forze Armate. "A fronte di tante dichiarazioni di intenti", lamentano i sindacati, la situazione è ancora in fase di stallo e per questo, aggiungono "confermiamo il nostro stato di agitazione e mobilitazione". "Rispetto all'ultima riunione da Lei convocata - si legge ancora - non si registrano novità che possano indurci a modificare l'indisponibilità a proseguire la trattativa per rinnovare un contratto che è scaduto ormai da due anni, caso più unico che raro anche rispetto al resto del pubblico impiego. L'offerta governativa continua a limitarsi ad un incremento pari al tasso inflattivo, il 3,2 per cento, senza per altro fornire garanzie sugli arretrati che il personale deve percepire".
Per i sindacati, inoltre, "urge procedere all'avvio dei tavoli della previdenza complementare. In questo caso, il Comparto Sicurezza risulta fortemente penalizzato rispetto al restante pubblico impiego e, anche in considerazione delle modifiche al sistema previdenziale previste dal 2010, i giovani appartenenti alle Forze dell'Ordine sono in una posizione particolarmente critica".
(21 dicembre 2009)

sabato 19 dicembre 2009

NON C’È CARTA E VIENE RICICLATO ANCHE L’ORDINE DI SERVIZIO DELLA STRAGE DI CAPACI

Reparto Scorte di Palermo: Non c’è carta e viene riciclato anche l’ordine di servizio della strage di Capaci. Il COISP continua a commentare con sdegno un altro caso di frustante abbandono istituzionale nella Polizia di Stato.
“Ormai non si riescono a trovare parole adatte per esprimere quel profondo senso di abbandono e di isolamento che attraversano le fila della Polizia di Stato e soprattutto non si riesce a far comprendere all’opinione pubblica quanto sia lontano il vivere quotidiano dei Poliziotti dalle false immagini propinate da stupide fiction e dai, ahinoi, reali atteggiamenti della politica”. Con queste parole e con un profondo senso di amarezza, Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp – il Sindacato Indipendente di Polizia - commenta la notizia resa nota ieri: il Reparto Scorte di Palermo non avrebbe più la carta per stampare gli ordini di servizio quotidiani del personale. E allora riciclerebbe vecchi fogli, annullandone il fronte e stampando sul retro. Così capita che, tra
quei mucchi di carta riutilizzata, si trovi anche l’originale dell’ordine di servizio del 23 maggio 1992, il giorno della strage di Capaci. “Il mio profondo senso di amarezza – dice il leader del Coisp - deve essere occultato e mascherato dalla volontà mia e del Sindacato che rappresento di inculcare nella gente quanto siano assurde le contraddizioni che ogni giorno viviamo e quanto invece siano lontane dalla verità le dichiarazioni di certi esponenti governativi che ci descrivono lagnosi e insoddisfatti. Se un documento che in un diverso e più gratificante clima istituzionale sarebbe stato elevato a rango di reliquia per onorare la memoria di chi è caduto in servizio per difendere lo Stato nella sua espressione più alta di difesa, deve essere riciclato per esercitare le
minime funzioni giornaliere in un Reparto, quello scorte di Palermo, che ha sempre conosciuto l’emergenza e cui è delegata la tutela dei big della politica e della magistratura, allora vuol dire che due sono le condizioni venutesi a creare: o esiste una particolare e distante disattenzione particolare e locale dal significato di quel pezzo di carta ovvero, e noi vediamo questa come verità, ci ritroviamo a denunciare un’ulteriore caso di “armiamoci e partite”, una delle tante farse cui il semplice Poliziotto partecipa nel ruolo più scomodo.
Difendere il cittadino, osservare e far osservare le leggi, tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, comporre i dissidi privati, intervenire in quelli pubblici e, di converso, armarsi delle proprie iniziative, del proprio ingegno per guadagnarsi una pagnotta dal sapore amaro, - continua Franco Maccari - fare i salti mortali per trovare la carta per i servizi o per la denuncia, la benzina per le Volanti, le auto minimamente efficienti per le scorte. In altre Amministrazioni dello Stato e negli Enti territoriali addirittura esistono surplus, vengono accantonati fondi per sfarzose celebrazioni, vengono accantonati mobilio e suppellettili perché inutilizzati, vengono impiegate autovetture nuove e sicure, vengono stanziati benefit e premi produzione di tutti i tipi. Noi non vogliamo godere di attenzioni o di lussi estremi, ma chiediamo di essere messi nelle normali condizioni per lavorare e per lavorare bene. Tali condizioni non esistono e continuano invece a esistere i falsi luoghi comuni sull’impiego dei Poliziotti, ignoranti prese di posizioni di chi con la sicurezza ci “gioca”, pretestuose voglie di tagli all’economia asfittica delle nostre casse, inconciliabili prese di posizione di esponenti governativi che per voglia di apparire o per un senso demagogico squallido, ci attaccano e respingono le ragioni del nostro disagio. Oltre la carta, - conclude il Segretario Generale del Sindacato Indipendente di Polizia - manca anche la consapevolezza di
quello che facciamo e di come lo facciamo. Tutto ciò a dispetto di risultati esaltanti sotto il profilo repressivo e di risultanti esaltanti sotto il profilo della considerazione che la maggior parte dell’opinione pubblica ha di noi.
Noi continueremo su questa linea, speriamo che altri facciano la loro parte!”.

PROROGA DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE

Video Maurizio turco

domenica 13 dicembre 2009

QUANDO È POSSIBILE RICONGIUNGERE CONTRIBUTI INPS E INPDAP

Attualmente lavoro presso una società privata e i contributi vengono versati all’INPS. In precedenza avevo lavorato presso un Ente pubblico e avevo maturato 29 anni e 2 mesi di anzianità con contributi versati INPDAP. Vorrei sapere se è possibile e conveniente ricongiungere i contributi INPDAP all’INPS cumulandoli agli attuali versamenti al fine di avere un’unica posizione pensionistica.


La "ricongiunzione" dei contributi INPDAP all'INPS è inevitabile. Infatti, per avere diritto alla pensione da parte dell'INPDAP occorre che, alla data della cessazione del rapporto di lavoro, sia già stato maturato il diritto a pensione.
Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro senza aver maturato il diritto a pensione, va costituita la posizione assicurativa nel FPLD (Fondo pensioni lavoratori dipendenti) gestito dall'INPS ai sensi dell'articolo unico della legge n. 322/1958 [1].
Pertanto, deve chiedere alla Sede INPDAP di procedere alla costituzione della posizione assicurativa presso l'INPS per il periodo corrispondente ai 29 anni e 2 mesi.
Per restare iscritti alla forma esclusiva (INPDAP) dopo la cessazione del rapporto di lavoro senza diritto a pensione, occorre chiedere e essere autorizzato alla prosecuzione volontaria della contribuzione ai sensi dell’articolo 5 e seguenti del DLgs n. 184/1997 (Veda, in proposito, la Circolare INPDAP n. 11/2006). Questa condizione Le è preclusa perché per Lei prosegue la contribuzione obbligatoria a seguito del nuovo rapporto di lavoro.

[1] Legge 2 aprile 1958, n. 322 (Ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini dell’accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza).
Articolo unico.
In favore dei lavoratori iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti o ad altri trattamenti di previdenza che abbiano dato titolo all’esclusione da detta assicurazione, deve essere provveduto, quando viene a cessare il rapporto di lavoro che aveva dato luogo alla iscrizione alle suddette forme o trattamenti di previdenza senza il diritto a pensione, alla costituzione, per il corrispondente periodo di iscrizione, della posizione assicurativa nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, mediante versamento dei contributi determinati secondo le norme della predetta assicurazione.
L’importo di tali contributi è portato in detrazione, fino a concorrenza del suo ammontare, dell’eventuale trattamento in luogo di pensione spettante all’avente diritto.

venerdì 11 dicembre 2009

TAR: Il mancato godimento delle ferie non imputabile all'interessato in aspettativa per infermità comporta il diritto alla monetizzazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 713 del 2008, proposto da:
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@, rappresentato e difeso dall'avv. @@@@@@@, .
contro Ministero dell'Interno - Roma, Questore di Taranto , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in Lecce , ----; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, - del provvedimento n. 1725 dell’11.03.2008, successivamente comunicato, della Questura di Taranto, Ufficio Amministrativo-contabile, con il quale si rigetta la richiesta di monetizzazione del congedo ordinario maturato dal ricorrente dall’anno 2006 all’anno 2007 e dallo stesso non fruito, in quanto posto in aspettativa per malattia; - della nota n. 333-G/Z.4 del 3.11.2000 del Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza , Direzione Centrale del Personale; di tutti gli atti connessi, pregressi e consequenziali, nonché; per l’accertamento del diritto del ricorrente alla monetizzazione del congedo ordinario maturato dall’anno 2006 all’anno 2007 non fruito in quanto in aspettativa per malattia, oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetari, nonché per la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle relative somme, con rivalutazione monetaria e interessi sulle somme rivalutate. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Roma; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questore di Taranto; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21/05/2009 la dott.ssa ---- e uditi per le parti l’avv. Prete, in sostituzione dell’avv. -----Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente ha ricoperto la qualifica di Sovrintendente Capo della Polizia di Stato, già in servizio presso la Questura di Taranto , Ufficio DIGOS, dispensato dal servizio per fisica inabilità riconosciutagli dalla C.M.O. di Bari e collocato in congedo permanente con decreto del Ministero dell’Interno n. 333-D/50497/DIS, decorrente a tutti gli effetti dall’8.01.2007. Con istanza del 7.03.2008, presentata al Questore di Taranto, il ricorrente ha chiesto la monetizzazione di 45 (quarantacinque) giorni di congedo ordinario maturato e non fruito nell’anno 2006, di cui al d.P.R. n. 395/’95, art. 14, integrato dal d.P.R. n. 254/’99, art. 18, nonché la monetizzazione dei 4 (quattro) giorni previsti, in aggiunta ai periodi di congedo, nell’art. 1 della l. n. 937/’77 (attribuzione di giornate di riposo ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni), per le stesse motivazioni.
Il giorno 21.03.2008 il ricorrente riceveva la notifica del provvedimento n. 1725, emesso dalla Questura di Taranto , Ufficio Amministrativo-contabile, in data 11.03.2008, con il quale veniva rigettata la richiesta di monetizzazione avanzata dal ricorrente. Tale provvedimento è stato impugnato con il presente giudizio.
DIRITTO
Con duplice ed articolato motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di legge, in particolare dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del d.P.R. n. 254/’99.
Entrambi i motivi che, per connessione logica, possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.
In particolare, per quanto concerne il quadro normativo di riferimento, le norme delle quali si deduce la violazione, relativamente all’irrinunciabile periodo di riposo del prestatore di lavoro, sono da ritenersi integrate, per i dipendenti con rapporto di diritto pubblico e, nello specifico, per le Forze di Polizia ad ordinamento civile, dal T.U. degli impiegati civili dello Stato n. 3/’57 e dalla contrattazione collettiva di settore. L’art. 14 d.P.R. 395/’95 prevede, in primo luogo, che “il diritto al congedo ordinario non è riducibile in ragione di assenza per infermità anche se tale assenza si sia protratta per l’intero anno solare” (comma 11) e ammette, all’atto di cessazione del rapporto, il pagamento del congedo ordinario non fruito per motivate esigenze di servizio (comma 14); L’art. 18 del successivo d.P.R. 254/99, applicabile al caso in esame, estende il pagamento sostitutivo del congedo ordinario maturato e non fruito, tra gli altri, ai casi di “cessazione dal servizio per infermità o per dispensa dal servizio del dipendente disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità”. Infine, e quale mera norma di chiusura del sistema, che conferma la coerenza del quadro normativo sopra delineato, l’art. 68, comma 7, del d.P.R. 3/1957 dispone, per il personale assente per malattia dipendente da causa di servizio, la permanenza, “per tutto il periodo dell’aspettativa, del diritto a tutti gli assegni, escluse le indennità per prestazioni di lavoro straordinario”.
Dal combinato disposto della normativa sopra richiamata la recente giurisprudenza , dalla quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi, argomenta che il mancato godimento delle ferie non imputabile all'interessato non precluda l'insorgenza del diritto alla percezione dell'emolumento sostitutivo, in quanto il diritto al congedo ordinario (indisponibile, irrinunciabile e indegradabile da parte del datore di lavoro, anche se pubblico), maturabile pure nel periodo di aspettativa per infermità, include automaticamente il diritto al compenso sostitutivo, ove tali ferie non vengano fruite. In sostanza, nei casi in cui il lavoratore si trovi nell'assoluta impossibilità di godere del periodo di ferie (come nel caso oggetto del presente giudizio, in cui alla malattia è seguita la dispensa dal servizio), un eventuale divieto di monetizzazione (disposto a garanzia del lavoratore) si ritorcerebbe contro lo stesso dipendente, impedendogli di ottenere, a titolo sostitutivo, il pagamento delle ferie non godute (Consiglio Stato , sez. VI, 23 luglio 2008 , n. 3637).
Ciò implica che, nel caso di aspettativa per infermità, diritto al congedo ordinario e compenso sostitutivo costituiscano due facce inscindibili di una stessa situazione giuridica, per cui al primo, in ogni caso, si dovrà sostituire il secondo. L'uno è, in effetti, un diritto incondizionatamente protetto dalla norma costituzionale, salvo che non ne sia imputabile al dipendente il mancato godimento (art. 36 Cost.); l'altro spetta nei limiti in cui è normativamente riconosciuto, traducendosi in un onere ulteriore per l'Amministrazione (Consiglio Stato, sez. VI, 21 aprile 2008 , n. 1765 e Consiglio Stato, sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3636), nel caso di specie, ex art. 18 del d.P.R. n. 254 del 1999. Per quanto concerne la richiesta di monetizzazione dei quattro giorni previsti in aggiunta dall’art. 1, della l. 937/77, in quanto, parimenti il ricorrente, nel periodo di maturazione, era in aspettativa per malattia, anch’essa è da ritenersi fondata. Se è vero che i giorni aggiuntivi ex legge n. 937/97, secondo quanto disposto dall’ultimo comma dell’art.1 medesima legge, sono monetizzabili se non fruiti per motivate esigenze di servizio è altrettanto vero che, per motivi di coerenza logica con il sistema, tale ultima norma vada interpretata estensivamente, alla luce della nuova formulazione contenuta nell’art. 18 del d.P.R n. 254/1999, che estende l’originaria limitazione, circoscritta all’impossibilità di fruizione per esigenze di servizio, alle altre ipotesi ivi indicate.
Quanto allo specifico aspetto della mancata richiesta del ricorrente di godimento delle ferie maturate, è sufficientemente esplicativo il riferimento alla circostanza che il ricorrente, in quanto in aspettativa per infermità per più di un anno, dal 3.11.2005 al 8.01.2007, fino cioè all’intervenuta dispensa, non sarebbe stato in grado di poterne fruire.
Sulla base delle sovra esposte considerazioni il ricorso merita accoglimento. Ricorrono valide ragioni per ritenere compensate tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia - Lecce - sezione terza accoglie il ricorso indicato in epigrafe. Spese Compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 21/05/2009 con l'intervento dei Magistrati: -

martedì 8 dicembre 2009

IL DELEGATO ALLA SICUREZZA È RESPONSABILE ANCHE SE SENZA PORTAFOGLIO

Il delegato alla sicurezza risponde anche se non ha i fondi necessari per attuare tutte le misure antinfortunistiche previste dalla legge. In questi casi chiede l’adeguamento oppure rifiuta l’incarico.


La Cassazione torna sulla delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro

La Corte di Cassazione, confermando le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito, è tornata ad occuparsi di un istituto sempre più attuale, ossia della delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro (nel caso specifico della validità della delega conferita ad un dirigente comunale dal sindaco alla sicurezza) e, conseguentemente, dell’esatta individuazione del soggetto responsabile del corretto adempimento degli obblighi inerenti la sicurezza sul lavoro.
Il caso affrontato dalla Corte concerne un infortunio occorso ad un lavoratore che in occasione della pulizia e smerigliatura da questi effettuata sulla ringhiera di un lungomare, era stato colpito da una scheggia di ruggine penetratagli in un occhio, in quanto gli occhiali in dotazione erano stati considerati non idonei alle prescrizioni previste dalla normativa vigente in materia di dispositivi individuali di protezione, e l’attività lavorativa era stata svolta in assenza di specifica informazione sui pericoli e sui rischi connessi allo svolgimento delle mansioni affidategli.
I giudici di legittimità, condividendo le argomentazioni dei giudici di merito in ordine all’inidoneità degli occhiali consegnati al lavoratore per proteggersi durante lo svolgimento dei lavori di smerigliatura “in presenza di condizioni meteorologiche dove appunto l’azione del vento è un fattore prevedibile”, escludono il caso fortuito, sull’assunto che gli occhiali “pur essendo dotati di certificazione non possedevano l’indefettibile requisito di completa aderenza al volto, poiché essi restavano distanziati per oltre un centimetro consentendo così il passaggio di materiale che poteva raggiungere gli occhi.
Donde la perizia richiesta dal ricorrente, essendo un “mezzo di accertamento neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non costituiva una prova decisiva” atta a confermare l’idoneità degli occhiali all’uso destinato.
La sentenza della Corte di Cassazione risulta essere importante per quanto attiene al principio di effettività nell’individuazione del soggetto responsabile del corretto adempimento degli obblighi inerenti la sicurezza sul lavoro. Difatti i giudici di legittimità fondano il loro convincimento sul principio di effettività, già consolidato in pronunzie giurisprudenziali e recentemente richiamato nella sentenza n. 48295/ 2008 che ha previsto che “l’invalidità della delega eccepita dal delegato (ad esempio in ragione del mancato accertamento delle sue qualità tecnico – professionali, della sua mancata accettazione e dell’inesistenza della facoltà di impegnare la spesa in nome e per conto dell’impresa) impedisce, ove esistente, che il delegante “possa essere esonerato da responsabilità ma non esclude comunque la responsabilità del delegato che, di fatto, abbia svolto le funzioni delegate, atteso che chi ritenga di non essere in grado o di non essere stato posto in condizione di svolgere le funzioni delegate deve chiedere al delegante di porlo in grado di svolgerle e, in caso di inerzia, rifiutare l’incarico”.
Nel caso di specie, in armonia al principio sopra illustrato ed ormai cristallizzato nell’art. 16 comma 1 lett. d) del Decreto legislativo n. 81/2008, che ha previsto espressamente la reale autonomia di spesa in capo al delegato alla sicurezza, si perviene alla conclusione che il delegato, qualora non abbia i fondi necessari per attuare tutte le misure antinfortunistiche previste dalla legge, non può esimersi dalle proprie responsabilità invocando l’invalidità della delega, ma deve attivarsi quantomeno chiedendo al soggetto delegante, ossia il datore di lavoro, di essere posto in concreto nella possibilità di agire e di disporre dei mezzi per agire, compreso il potere di spesa, oppure, in alternativa, non accettare l’incarico.
(Sentenza Cassazione penale 20/11/2009, n. 44890)

venerdì 4 dicembre 2009

VISITA GUIDATA GRATUITA AL “VILLAGGIO OPERAIO LEUMANN” DI COLLEGNO

Domenica 13 Dicembre 2009, la Sezione ANFI di Torino, ha organizzato una visita guidata al “Villaggio operaio di Leuman” di Corso Francia, 349 - Collegno (TO), uno dei siti che fa parte dell’Ecomuseo sulla Cultura Materiale della Provincia di Torino http://www.villaggioleumann.it/mappa.php; si tratta di un raro esempio, in Italia, di Villaggio Operaio integralmente conservato.
L’Ecomuseo che copre tutta l’area del Villaggio pone al centro dell’interesse la vita che vi si viveva: il lavoro, la famiglia, la scuola, la religione, il tempo libero, le relazioni sociali e la sua evoluzione nel tempo.
E' stata estesa anche ai militari in servizio ed ai loro familiari, la possibilità di partecipare alla visita gratuita che inizierà alle ore 10.00 per terminare, al più tardi alle ore 12.00.
Le adesioni dovranno essere comunicate direttamente dagli interessati, entro le ore 12,00 di sabato 5 dicembre p.v., alla sede della Sezione A.N.F.I., o via mail a: segretario@anfitorino.it

www.anfitorino.it

giovedì 3 dicembre 2009

UNA PIZZA IN COMPAGNIA DELLA SEZIONE FICIESSE

Giovedì 10 dicembre, con inizio alle ore 19:30 circa, a Rivoli in via Piave n. 20 c/o Ristorante Pizzeria "Pizza & Pasta - Il Pomodoro", ci sarà la riunione del Direttivo della Sezione FCS di Torino coi seguenti argomenti in discussione:
- comunicazioni del presidente;

- consuntivo congresso nazionale;

- attività in corso sul problema suicidi;

- tesseramenti 2010.

A seguire una cena conviviale e lo scambio di auguri per le prossime festività.
La riunione, ma soprattutto la cena, è aperta a tutti i soci della Sezione, presenti e futuri.

martedì 1 dicembre 2009

PESSIME PROSPETTIVE POLITICHE PER I MILITARI ITALIANI: SOLO RADICALI ED ITALIA DEI VALORI SI OPPONGONO ALLA STRUMENTALE PROROGA DELLA RAPPRESENTANZA

Nelle scorse settimane le Commissioni riunite Difesa ed Esteri del Senato hanno esaminato la conversione in legge del DL n. 152/2009 sulle missioni internazionali; al suo interno è contenuto anche il codicillo (comma 7 dell’art. 3) che proroga gli attuali delegati della Rappresentanza Militare di un anno, ossia sino al 30 luglio 2011:
”Il mandato dei componenti in carica del Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, e' prorogato fino al 30 luglio 2011.”
Il relatore in Commissione è il senatore Luigi Ramponi (PDL), il quale ha illustrato i contenuti del Decreto riprendendo pedissequamente la relazione governativa al disegno di legge che, appunto, verte quasi esclusivamente sulle missioni internazionali.
Il parlamentare si è brevemente soffermato anche sul comma della proroga che, come ha scritto il Governo, sarebbe giustificata dalla “necessità di assicurare continuità nella collaborazione tra gli organi di rappresentanza dei militari e l’Amministrazione nella fase, in atto, di definizione dei progetti di riordino strutturale dello strumento militare e di riassetto dei ruoli del personale, connessi anche all’impiego delle Forze armate nelle missioni internazionali.”
L’urgenza per l’uso del decreto legge, contenute nella relazione governativa, sono state confermate dal sottosegretario alla Difesa Cossiga e si riferiscono al procedimento elettorale che dovrebbe essere avviato con mesi di anticipo. Ecco cosa si legge nella relazione del Governo:
"Il comma 7 è inteso a prorogare, fino al 30 luglio 2011, il mandato dei componenti in carica dei consigli centrali, intermedi e di base della rappresentanza militare dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, che scadrà nel 2010. La proroga dell’attuale mandato risponde alla necessità di assicurare continuità nella collaborazione tra gli organi di rappresentanza dei militari e l’Amministrazione nella fase, in atto, di definizione dei progetti di riordino strutturale dello strumento militare e di riassetto dei ruoli del personale, connessi anche all’impiego delle Forze armate nelle missioni internazionali. L’urgenza dell’intervento normativo è motivata dalla circostanza che il procedimento elettorale per il rinnovo degli organi in parola deve essere avviato con mesi di anticipo rispetto alla data di scadenza del mandato, trattandosi dell’elezione di tre distinti livelli di rappresentanza (consigli di base, intermedi e centrali) eletti attraverso gradi successivi di votazione (articolo 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 novembre 1979, n. 691) e della connessa necessità di consentire ai militari eleggibili di svolgere l’attività di propaganda prevista dall’articolo 22 del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 691 del 1979."
Sui motivi per la decretazione d’urgenza la 1^ Commissione del Senato non ha avuto nulla da eccepire. Compreso il capogruppo del PD e già Ministro dell’Interno, Sen. Bianco, che ha votato un parere favorevole.
Nel corso del dibattito nelle Commissioni riunite, le uniche voci che si sono levate fermamente ed esplicitamente contrarie alla proroga sono state quelle del senatore PERDUCA, eletto nel gruppo del PD, ma rappresentante dei Radicali, e del senatore CAFORIO, dell’Italia dei Valori; questi parlamentari d’opposizione hanno anche presentato degli emendamenti al DDL indirizzati per l’appunto alla neutralizzazione del famigerato comma 7.
Per quanto riguarda il maggior gruppo d’opposizione, il Partito Democratico, nessun componente si è espresso contro la proroga delle rappresentanze militari.
L’unica proposta sul tema è stata quella del senatore SCANU il quale ha presentato un ordine del giorno, poi ritirato per essere forse ripresentato in Aula, volto ad impegnare il Governo per giungere ad una riforma dell’istituto della rappresentanza militare (l’esecutivo ne ha chiesto la trasformazioni in mera raccomandazione mentre il senatore Ramponi ne ha invece chiesto il ritiro).
Ecco, di seguito, il testo dell’ordine del giorno PD.
"G/1850/3/3e4 SCANU, PEGORER, DEL VECCHIO, SERRA, PINOTTI, AMATI, GASBARRI, NEGRI. La 3a e 4a Commissioni permanenti, nel corso dell'esame del disegno di legge" Conversione in legge del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia"; Premesso che: - le funzioni demandate alla rappresentanza militare ai fini della tutela del personale delle forze Armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare, sono riconosciute irrinunciabili per garantire le legittime aspettative del personale e un pieno riconoscimento alle loro esigenze morali e materiali; - tali funzioni risultano decisamente logorate e, addirittura, più volte messe in discussione per l'inadeguatezza delle prerogative riconosciute agli organismi elettivi del personale militare da una legislazione emanata da quasi trent'anni;l'esigenza di una riforma della rappresentanza militare è pienamente riconosciuta da tutti i soggetti interessati e risulta confermata anche dalla presentazione di diverse proposte di legge sulle quali è avviata il confronto nelle competenti commissioni del Senato; preso atto che: - con il decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali è entrata in vigore una norma che proroga fino al 30 luglio 2011 il mandato di tutti i consigli di rappresentanza a livello centrale, intermedio e periferico; - al fine di evitare che tale proroga risulti fine a sé stessa e possa quindi risolversi in un effetto negativo sulla stessa credibilità dell'istituto della rappresentanza militare; impegna il governo: - ad assumere ogni utile iniziativa, utilizzando l'arco temporale di proroga del mandato degli organismi in carica, per avviare un costruttivo confronto con il Cocer e del Cocer stesso con la base rappresentata, al fine di realizzare un significativo contributo alla discussione parlamentare sulla riforma della rappresentanza militare."
Nel merito sulla proroga nessun altro gruppo parlamentare, né di maggioranza né d’opposizione, si è espresso nel corso della discussione. Ad oggi non si conosce quale sia stato l’esito finale dell’esame in Commissione e degli emendamenti presentati, ma l’iter del dibattito fa presagire che, con tutta probabilità, quando martedì 1° dicembre il DDL giungerà all’esame dell’Aula non vi saranno novità rispetto il testo governativo.
Per inciso, la proposta di proroga era stata inserita con un emendamento del sentaore SALTAMARTINI (PDL) anche nel DDL 1167, recentemente approvato al Senato, che però venne poi cancellato a seguito del DL 152/2009.
Mi si lasci ora esprimere alcune personali riflessioni nel merito.
Innanzitutto, a mio modesto avviso, la proroga è stata inserita impropriamente nel disegno di legge dell’esecutivo in quanto nulla ha a che fare con le missioni internazionali; le motivazioni esposte dal Governo per giustificare l’uso del decreto legge, forse le stesse sottoposte al vaglio del Capo dello Stato per il suo nulla osta, non hanno nulla di necessità ed urgenza.
La proroga non è necessaria in quanto il parere della rappresentanza militare ad oggi non viene presa in considerazione per gli argomenti sui quali è competente per legge (veggasi la problematica degli alloggi della Difesa), figuriamoci per le missioni internazionali: anzi, se qualche organismo volesse intervenire verrebbe sicuramente tacitato in quanto incompetente sulla materia.
Per quanto riguarda l’urgenza, le procedure elettive sarebbero iniziate all’incirca alla fine di marzo del 2010: non si comprende quindi quali problemi si potessero creare.
Il relatore in Commissione del DDL di conversione è il senatore Ramponi, già Comandante generale della Gdf, già presidente di Commissione, presentatore di un DDL di riforma della rappresentanza militare che piace molto agli Stati Maggiori.
Tralascio la circostanza che il senatore Ramponi nel 2005 si disse fortemente contrario all’estensione del mandato da tre a quattro anni, mentre oggi ritiene opportuno prorogarlo addirittura a cinque.
Voglio invece sottolineare la parola “collaborazione” che utilizzata da Ramponi nell’illustrare i motivi del provvedimento: vuol forse significare che vi è il rischio che nuove elezioni potrebbe portare delegati non abbastanza “collaborativi” con le Amministrazioni, ossia con gli Stati Maggiori ai quali, appunto, piace molto la proposta di riforma della rappresentanza dell’ex generale? Il giudizio sui delegati lo debbono dare i rappresentati o le Amministrazioni? O il rispetto della volontà degli elettori vale solo per parlamentari?
Qualche stupore desta il dover notare come lo strumento della decretazione d’urgenza, che in tanti altri casi recenti ha scandalizzato gli esponenti del Partito Democratico, non sollevi alcuna perplessità quando si parla di militari, come si ricava dall’intervento del senatore Bianco.
Quanto al merito, sempre dai banchi dell’Opposizione non è giunta nessuna voce contraria, se si esclude la generosa attività di contrasto posta in essere da Radicali e Dipietristi, gli unici che abbiano cercato di rimarcare la gravità del provvedimento e di cancellarlo con degli emendamenti.
Martedì 1° dicembre il Decreto giungerà all’esame dell’Aula del Senato e le posizioni già espresse in Commissione fanno intendere che il prolungamento del mandato avrà la sua prima approvazione senza colpo ferire (dovrà poi andare alla Camera), con buona pace degli elettori defraudati.
Nonostante Bersani, non si intravedono all’orizzonte buone prospettive per i diritti e le libertà dei militari italiani.

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno