venerdì 26 febbraio 2010

I MILITARI E LA PROPAGANDA ELETTORALE

Con l’approssimarsi delle elezioni regionali e delle possibili manifestazioni di natura politica alle quali anche i Finanzieri potrebbero aver modo di essere invitati come elettori, simpatizzanti o iscritti a partiti, giova rammentare che per il combinato disposto degli artt. 5 e 6 delle Legge 381/1978 È CONSENTITA la partecipazione a MANIFESTAZIONI POLITICHE-ELETTORALI, a quei militari che NON si trovino in una delle seguenti condizioni:
a) svolgono attività di servizio;
b) sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio;
c) indossano l'uniforme;
d) si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali.
(si veda il punto 2 della circolare 73292 del 5 marzo 2007)

Ne consegue che liberi dal servizio, in borghese, e senza qualificarsi è possibile partecipare a cene elettorali o similari; BUON APPETITO.

lunedì 22 febbraio 2010

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06135




Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-06135 presentata da MAURIZIO TURCO
martedì 16 febbraio 2010, seduta n.283
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:

in Torino, via Paolo Gaidano n. 103/3, risulta essere terminata - dall'agosto del 2003 - la costruzione di due palazzine per complessivi 58 alloggi finalizzati ad ospitare appartenenti alle Forze dell'ordine provenienti da altre regioni per la lotta alla criminalità organizzata, come da previsione dell'articolo 18 del decreto-legge n. 152 del 1991;

la convenzione stipulata a suo tempo che ha dato via ai lavori è relativa ad un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Torino e la cooperativa Acacia, vincitrice del bando, con uno stanziamento del predetto Ministero di circa 3 milioni di euro;

nonostante il tempo trascorso dal termine dei lavori (agosto 2003), i suddetti alloggi non risultano ancora formalmente consegnati alla prefettura di Torino per l'assegnazione;

l'ente comunale per l'edilizia popolare e agevolata (ATC), in attesa di prenderli in consegna, ha rilevato che mancano ancora le caldaie e il certificato di idoneità da parte dei vigili del fuoco;

nonostante il lungo lasso di tempo trascorso ed il costante interessamento da parte dei mass-media, nulla è allo stato cambiato;

pervengono pressanti richieste da parte di numerosi appartenenti alle Forze di polizia, che denunciano gravi difficoltà nel sostenere le proprie famiglie a causa degli alti importi da destinare agli affitti presenti sul libero mercato, ovvero per la cronica carenza di immobili che impedisce anche il ricongiungimento dei propri nuclei familiari;

tale inerzia, ad avviso degli interroganti, cagiona un danno notevole ai potenziali beneficiari e rischia di creare nocumento anche all'erario per gli investimenti pubblici sostenuti, per i mancati introiti e per il degrado e l'abbandono in cui versano gli immobili;

il permanere di siffatta situazione ha suscitato l'attenzione del comune di Torino, nelle persone del sindaco Sergio Chiamparino e dell'assessore alla casa Roberto Tricarico i quali hanno manifestato - già nel novembre del 2007 - interesse all'acquisizione dell'immobile allo scopo di destinarli ad edilizia popolare;

tale vicenda è già stata oggetto di pressanti richieste da parte del CoBaR della Guardia di finanza del Piemonte che, con più delibere, nel tempo ha chiesto alle autorità competenti un intervento risolutore, nonché l'interessamento della Corte dei conti allo scopo di accertare eventuali danni erariali connessi all'impiego del denaro pubblico;

presso la procura regionale per il Piemonte della Corte dei conti risulterebbe essere iniziata fin dal 26 marzo 2003 un'istruttoria inerente alla costruzione degli alloggi oggetto della presente interrogazione;

sarebbe opportuno chiarire le motivazioni di quello che agli interrogazioni appare, uno spreco di denaro pubblico -:

nel marzo 2009, su sollecitazione sempre della Rappresentanza militare della Guardia di finanza, in un'intervista della trasmissione televisiva «Le Iene» il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Arturo Matteoli aveva promesso un intervento risolutore per giungere finalmente alla consegna degli alloggi agli aventi diritto;

se i Ministri interrogati intendano assumere ogni iniziativa utile al fine di pervenire all'assegnazione degli alloggi in questione agli appartenenti alle Forze dell'ordine in servizio nella città di Torino.
(4-06135)


domenica 21 febbraio 2010

LEGGI CHE SALVANO I GENERALI

Nassiriya, ecco la legge salva-generali


Un colpo di penna cancella i processi ai generali per la strage di Nassiriya, Bruno Stano e Georg Di Pauli. Una norma che elimina la possibilità di accertare le responsabilità per la morte del maresciallo livornese Enzo Fregosi e delle altre vittime italiane nell'attentato suicida del 12 novembre 2003
di Danilo Fastelli

LIVORNO. Non ci sarà giustizia per gli eroi. Un colpo di penna cancella i processi ai generali per la strage di Nassiriya. Una norma che elimina la possibilità di accertare le responsabilità per la morte del maresciallo livornese Enzo Fregosi e delle altre vittime italiane nell'attentato suicida del 12 novembre 2003 (12 militari dell'Arma, 5 dell'Esercito, due civili). Un codicillo nascosto nelle pieghe della legge che proroga le missioni all'estero blocca i due processi in corso. Solo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, può chiedere che i generali vadano alla sbarra e che i giudici portino a termine il loro lavoro.

«Il contenuto della norma è molto chiaro - spiega Francesca Conte, avvocato della vedova Fregosi, Paola Coen Gialli, e delle altre famiglie delle vittime - si tratta di un provvedimento ad personam per salvare i due generali». I legali stanno cercando in ogni modo di fare pressing sul ministro, «ma fino a ora tutto tace - prosegue l'avvocato Conte - è evidente che non si tratta di una distrazione».

I militari che beneficeranno della legge sono il generale dell'esercito Bruno Stano, al momento della strage comandante della missione "Antica Babilonia", e il colonnello Georg Di Pauli, allora comandante dei carabinieri a Nassiriya. Sono accusati di non aver attivato tutte le prevenzioni possibili per difendere la base e sottovalutato il rischio attentati. Di Pauli è imputato in un processo in corso a Roma. Stano venne condannato a due anni di reclusione in primo grado, poi assolto in appello dalla Corte militare e in attesa del giudizio della Corte di Cassazione, che avrebbe potuto confermare l'assoluzione o bocciarla.

A meno che il ministro La Russa non lo richieda espressamente, la Cassazione non prenderà nemmeno in esame il caso Stano e i giudici del tribunale militare di Roma il 27 febbraio, giorno della prossima udienza Di Pauli, dovranno prendere atto che il processo è finito per sempre.


Raggiunta al telefono Paola Coen Gialli preferisce non commentare il contenuto di quello che è già stato ribattezzato "lodo salva-generali". «Non voglio dire nulla, sono sicura che il ministro sceglierà la cosa giusta da fare», dice la vedova Fregosi. Ma l'avvocato Conte è esplicito quando parla di «atteggiamento incomprensibile» del ministero. «La procura di Roma - spiega il legale - ha già sollecitato il ministro affinché richieda che i processi proseguano. Abbiamo chiesto che la Corte d'appello invii lo stesso invito. Ma l'antifona è chiara: si vogliono salvare i generali dalle loro responsabilità».

LA NORMA INCRIMINATA
È stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il giorno di Capodanno, mentre tutti erano impegnati nei preparativi di botti e cenoni, la legge 29 dicembre 2009, n.197 che proroga le missioni all'estero e contiene all’articolo 4 comma 1-octies (cioé ottavo) la seguente norma: «All’articolo 260, primo comma, del codice penale militare di pace, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, le parole: “e 112” sono sostituite dalle seguenti: “112, 115, 116, secondo comma, 117, terzo comma, e 167, terzo comma”» .

Sembra arabo, ma tradotto significa che per processare un militare imputato delle quattro fattispecie di reato indicate dai numeri citati, i tribunali militari potranno procedere solo su richiesta del ministro. L’articolo 167 del Codice militare penale di pace contempla il reato di “Distruzione o sabotaggio di opere militari” e commina al terzo comma una pena fino a cinque anni se il reato è commesso con colpa.

È proprio questo l’appiglio giurisprudenziale usato dai legali dell’accusa per procedere contro i generali, imputati per aver omesso le cautele e le precauzioni rivolte a garantire la sicurezza della base, commettendo così - secondo l’accusa - il reato con colpa. Una delle strade a disposizione degli avvocati sarà quella di chiedere il prossimo 27 febbraio, nella nuova udienza per il processo Di Pauli, che il Tribunale militare di Roma sollevi la questione di legittimità di fronte alla Corte Costituzionale, perché giudichi la legittimità della norma.


http://iltirreno.gelocal.it/dettaglio/nassiriya-ecco-la-legge-salva-generali/1854531

martedì 9 febbraio 2010

IL DIRITTO AL RIPOSO COMPENSATIVO NON PUO’ DECADERE


R E P U B B L I C A I T A L I A N A
N.2620/2009 Reg. Dec.
N. 8424 Reg. Ric. Anno 2006

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello n. 8424/06 proposto dal MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – COMANDO GENERALE DEL CORPO DELLA GUARDIA DI FINANZA RTLA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
contro
il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli -
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 895 del 2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione dell’ appellato;
Vista la memoria prodotta da quest’ultimo;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 9 dicembre 2008, il Consigliere --
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O


Il militare appellato, appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, ha chiesto al TAR Friuli Venezia Giulia il riconoscimento delle somme asseritamene dovutegli a titolo di prestazioni di lavoro straordinario, nonché di servizio di piantone, per il periodo 1/1/97- 31/12/2001, per le quali non ha fruito di riposi compensativi.
Il TAR adìto ha riconosciuto il diritto al pagamento delle ore di servizio straordinario prestato e sullo stesso presupposto il diritto al compenso per il servizio interno di caserma svolto in giorno festivo, il tutto maggiorato con oneri accessori.
Il Tribunale ha, peraltro, accolto l’eccezione di prescrizione dedotta dall’Amministrazione sulle somme antecedenti il 21/2/97.
Avverso tale decisione ha proposto appello il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando generale della Guardia di Finanza chiedendone la riforma in quanto – a suo avviso - palesemente erronea.
Secondo l’Amministrazione, infatti, l’appuntato @@@@@@@, nella settimana in cui ha recuperato il riposo non fruito regolarmente per esigenze di servizio, ha osservato l’orario d’obbligo di 31/30 ore e non di 37/36, con una riduzione pari a sei ore.
Nessun dato documentale è stato prodotto per smentire, in contraddittorio, la documentazione esibita in proposito dall’Amministrazione.
In ogni caso le ore di lavoro straordinario prestate in eccedenza all’orario di lavoro e non rientranti nel monte ore di lavoro straordinario liquidabile possono dar luogo soltanto al riconoscimento di ore di riposo compensativo, per la cui fruizione è sempre necessaria (secondo le disposizioni contenute nel “Nuovo regolamento interno della Guardia di Finanza” e nella circolare 288000/6212 del 28 settembre 2001 del Comando generale della Guardia di Finanza) l’apposita richiesta dell’interessato ai propri superiori gerarchici.
Inoltre, sarebbe erroneo e fuor di luogo il richiamo effettuato in sentenza all’art. 36 Cost., posto che nel sistema delineato al maggior lavoro corrisponde il diritto a riposi in periodo successivo, secondo regole organizzativamente decise dall’Amministrazione.
Né risulta provata la circostanza, valorizzata dal TAR, che la non fruizione dei riposi compensativi sarebbe dimostrata dalla richiesta fatta al ricorrente di svolgere straordinari nello stesso periodo.
Il ricorrente, poi, non avrebbe in alcun modo fornito prova di avere svolto il servizio previa formale preventiva autorizzazione.
Infine, si fa rilevare che nella vigente normativa sono le Prefetture, organo mai evocato in giudizio, a gestire il monte ore generale di straordinario da dividere tra le forze di polizia.
L’appellato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame.
All’udienza del 9 dicembre 2008 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
D I R I T T O
L’appello è fondato e va pertanto accolto, alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale ormai del tutto prevalente nella Sezione (cfr. ad es. IV Sez. n. 996 del 2006; n. 279/07).
Nella sostanza, ritiene il Collegio che il servizio straordinario prestato dall’ odierno appellato in eccedenza al monte ore disponibile non doveva essere retribuito ma che, in relazione allo stesso, l’ interessato ha titolo a fruire del riposo compensativo.
Occorre innanzitutto ricordare che, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla relativa retribuzione (e l’obbligo dell’amministrazione di corrisponderla), atteso che, altrimenti, si determinerebbe, quanto agli effetti patrimoniali, l’equiparazione del lavoro straordinario autorizzato rispetto a quello per il quale non è intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto, ma non rispondenti ad alcuna riconosciuta necessità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2004, n. 1532; IV, n. 279/07).
La retribuibilità del lavoro straordinario è, infatti, in via di principio condizionata all’esistenza di una formale autorizzazione allo svolgimento di prestazioni eccedenti l’ordinario orario di lavoro: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, deve essere improntata l’azione della pubblica amministrazione.
Sotto un primo profilo, l’autorizzazione in parola (che di regola deve essere preventiva, ma che tuttavia può assumere eccezionalmente anche la forma del provvedimento in sanatoria, ex post) implica la verifica in concreto della sussistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 24 dicembre 2003, n. 8522; sez. V, 10 febbraio 2004, n. 472, 27 giugno 2001, n. 3503; 8 marzo 2001, n. 1352; sez. VI, 14 marzo 2002, n. 1531); inoltre, essa rappresenta lo strumento più adeguato per evitare, per un verso, che attraverso incontrollate erogazioni di somme per prestazioni di lavoro straordinario si possano superare i limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio (con grave nocumento dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici) e, per altro verso, che i pubblici dipendenti siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle ordinarie (individuate come punto di equilibrio fra le esigenze dell’amministrazione e il rispetto delle condizioni psico – fisiche del dipendente), possano creare nocumento alla salute e alla dignità della persona.
Inoltre, la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire per l’amministrazione anche lo strumento per l’opportuna ed adeguata valutazione delle concrete esigenze dei propri uffici (quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché alla organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza), onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinarie costituisca elemento di programmazione dell’ordinario lavoro di ufficio (cfr. dec. n. 279 cit.).
La preventiva autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie costituisce, d’altra parte, assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la emette; e ciò sia nel caso che per tale svolgimento sia preventivamente stabilita l’erogazione del relativo compenso, sia nel caso che lo stesso dia luogo, per il lavoratore, ad un “credito” in termini di riposo compensativo, in entrambi i casi l’autorizzazione de qua incidendo sul buon andamento del servizio e sulla economica ed efficiente gestione delle risorse umane, facente capo al dirigente (cfr. dec. cit.).
Benché la giurisprudenza abbia affermato che il principio della indispensabilità dell’autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario possa subire eccezione quando l’attività (eccedente l’ordinario orario di lavoro) sia svolta per obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di autorizzazione implicita), tuttavia, per l’imprescindibile rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati, deve pur sempre trattarsi di esigenze indifferibili ed urgenti (C.d.S., sez. V, 9 marzo 1995, n. 329).
Il contemperamento della pluralità degli interessi (pubblici e privati) in gioco in tale materia (rispetto delle previsioni di bilancio, continuità ed effettività del funzionamento degli uffici pubblici, tutela dell’integrità psico – fisica e della dignità del prestatore di lavoro) cui risponde la funzione dell’autorizzazione allo svolgimento di lavoro straordinario, deve far valutare positivamente, in conformità all’orientamento giurisprudenziale della Sezione, quelle misure - in alcuni casi già concretamente adottate dalla pubblica amministrazione - che, in presenza di accertate, indilazionabili e quotidiane esigenze di servizio, anche per rispettare i ristretti limiti finanziari entro cui è consentito liquidare le prestazioni di lavoro straordinario, prevedono la possibilità di compensare le predette prestazioni lavorative straordinarie con “riposi compensativi”, in modo da salvaguardare altresì l’integrità psico – fisica del lavoratore.
La Sezione ha già affermato che tali principi devono trovare applicazione anche per il rapporto di pubblico impiego dei militari.
Se è vero, infatti, che il particolare status di questi ultimi non consente loro in via generale di contestare l’organizzazione degli uffici e dei servizi cui sono addetti e le concrete modalità di svolgimento delle loro prestazioni, obbligandoli alla effettiva e completa prestazione lavorativa loro ordinata, non può ammettersi che gli ordini di servizio costituiscano, automaticamente ed implicitamente, autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative eccedenti l’ordinario orario di lavoro.
In caso contrario, verrebbero, da un lato, ad essere frustrate le finalità di garanzia del buon andamento dell’Amministrazione cui indubbiamente risponde il provvedimento di autorizzazione e, dall’altro, in palese violazione del principio di legalità e di imparzialità, finirebbero per essere di fatto attribuite potestà autorizzatorie alla effettuazione di lavoro straordinario (con i conseguenti riflessi sulla spesa e sulla gestione del personale) a soggetti, che, in base alla ripartizione di competenze propria della scala gerarchica, tale specifica competenza non hanno (e non possono avere) (cfr. dec. n. 279/07 cit.).
Nella ricerca del delicato punto di equilibrio tra la pluralità degli interessi pubblici e privati in gioco, la giurisprudenza della Sezione è già pervenuta alla fissazione in materia di alcuni principi fondamentali inderogabili, che il Collegio condivide, laddove manchi la formale autorizzazione preventiva allo svolgimento del lavoro straordinario (nell’intesa che tale situazione di mancanza del formale titolo autorizzativo deve considerarsi come eccezione e non come regola generale):

a) le prestazioni eccedenti l’ordinario orario di servizio devono essere sempre trovare fondamento in esigenze indifferibili ed urgenti, cui non può farsi fronte, almeno nell’immediatezza, con una nuova o diversa organizzazione del servizio e delle singole modalità lavorative (ciò a pena di responsabilità amministrativa, contabile e/o gestionale dell’ufficiale o sottufficiale che ne consente l’espletamento);

b) i militari, cui è ordinato lo svolgimento di prestazioni lavorative eccedenti l’ordinario orario di lavoro, hanno diritto sempre al corrispettivo della loro attività che, previa preventiva informazione, consiste generalmente nel pagamento della relativa retribuzione, nei limiti del monte – ore per il quale vi è la relativa copertura finanziaria, ovvero nella maturazione di riposi compensativi corrispondenti alle ore di lavoro effettivamente prestate, eccedenti il limite del monte – ore retribuibile, da fruirsi compatibilmente con le esigenze di servizio, cioè contemperando ragionevolmente ed equamente le esigenze (anche psico – fisiche) del dipendente e quelle dell’organizzazione del lavoro e degli uffici, non potendo essere considerate legittime quelle eventuali disposizioni (di natura provvedimentale o regolamentare) che sottopongano l’effettivo godimento dei predetti riposi compensativi ad apposite formali richieste da prodursi in tempi e secondo procedure fissate unilateralmente dall’amministrazione militare, il cui mancato rispetto produce la perdita del beneficio stesso (cfr. dec. n. 279 cit.).
Ciò premesso, nel caso in esame la controversia riguarda in effetti il (mancato) pagamento delle ore di lavoro straordinario prestate eccedenti il limite massimo pro – capite liquidabile secondo il monte ore previsto (rispetto al quale era assicurata la relativa copertura finanziaria), per le quali non risulta, in primo luogo, fornita alcuna prova dell’effettiva autorizzazione preventiva a svolgere le prestazioni straordinarie della cui liquidazione si discute.
Né possono essere considerati sostitutivi di tale autorizzazione eventuali atti prodotti in giudizio, ancorché provenienti dalla stessa Amministrazione, trattandosi di meri prospetti riassuntivi delle prestazioni lavorative rese complessivamente e mensilmente da ogni singolo dipendente, senza fornire alcun elemento circa il provvedimento autorizzatorio alla svolgimento di prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo, le cui finalità sono state delineate in precedenza.
Né vi è traccia, in atti, di una autorizzazione in sanatoria, non potendo ritenersi a tal fine utile la circostanza che le prestazioni eccedenti l’orario ordinario siano state rese in esecuzione di appositi ordini di servizio, atteso che, come si è già avuto modo di osservare, la particolare natura dell’ordinamento militare fa ragionevolmente ritenere che qualsiasi attività espletata sia sempre direttamente ricollegabile ad un ordine di servizio, senza che perciò quest’ultimo possa automaticamente ed implicitamente valere come provvedimento autorizzativo allo svolgimento di lavoro oltre l’orario d’obbligo.
Del resto, proprio per la peculiarità dello status di militare e per l’esigenza di assicurare l’effettivo svolgimento di funzioni e compiti che non ammettono in alcun modo una interruzione, l’Amministrazione appellante ha effettivamente provveduto a disciplinare anche l’ipotesi di prestazioni orarie aggiuntive e del riposo compensativo (articolo 44 del D.M. 30 novembre 1991 concernente “Nuovo regolamento di Servizio Interno della Guardia di Finanza”), prevedendo, in particolare, che, per le prestazioni di lavoro straordinario non retribuibili in quanto eccedenti il monte – ore finanziato, il dipendente ha diritto a corrispondenti ore di riposo compensativo, di cui può fruire, previa apposita richiesta da formulare all’ufficio di appartenenza, secondo le esigenze di servizio.
Risulta, in tal modo, sufficientemente tutelata, in una con il principio di buon andamento dell’Amministrazione, anche la posizione del dipendente che ha effettivamente svolto prestazioni lavorative eccedenti l’orario d’obbligo, sotto il profilo della sua integrità psico – fisica e della dignità della sua persona.
Le modalità operative così stabilite dall’Amministrazione, se valgono a correttamente disciplinare i casi di prestazioni di lavoro straordinario debitamente autorizzate preventivamente, non possono certo ritenersi idonee a “coprire” anche l’ipotesi del lavoro straordinario prestato in assenza di preventiva autorizzazione, svolto cioè per effetto di ordini di servizio provenienti da soggetti della scala gerarchica a tale autorizzazione non abilitati, ordini cui, per il suo particolare status, il militare non può non adempiere.
In tal caso, invero, ferma la responsabilità amministrativa e disciplinare dei soggetti che tali prestazioni abbiano consentito od ordinato fuori dell’ordinario schema autorizzatorio e ferma, altresì, la non retribuibilità delle stesse in virtù della loro non riconducibilità ad un preventivo impegno di spesa per tale specifico titolo, devono comunque ritenersi spettare al dipendente interessato i corrispondenti riposi compensativi, a tutela della predetta dignità della persona ed a fini di reintegrazione della sua sfera psico-fisica, lesa dalle prestazioni lavorative rese in eccedenza, trattandosi di un vero e proprio diritto che, all’evidenza, non può essere sottoposto a decadenza per effetto della mera disciplina interna dell’Amministrazione .
Alla stregua di tali considerazioni, l’appello deve essere accolto: a ciò consegue, in riforma della impugnata sentenza, il rigetto del ricorso di I grado.
Sussistono tuttavia, ad avviso della Sezione, giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di I grado.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:
-
Depositata in Segreteria
Il 24//04/2009

lunedì 8 febbraio 2010

L'Iva sulla Tia sarà rimborsata

Sfumata la possibilità di risolvere il problema nel milleproroghe, il sottosegretario annuncia novità
L'Iva pagata sulla tariffa di igiene ambientale sarà rimborsata attraverso il meccanismo delle compensazioni fiscali. Sfumata del tutto la possibilità di trovare una soluzione al problema nel decreto milleproroghe (dl 194/2009) all'esame della commissione affari costituzionali del senato (l'inizio delle votazioni sugli emendamenti, previsto per ieri, è slittato a lunedì in attesa del parere della commissione bilancio ndr), il ministero dell'economia e l'Agenzia delle entrate sono al lavoro per predisporre una norma che dia attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 238/2009. Lo ha annunciato il sottosegretario all'economia Daniele Molgora rispondendo a un'interrogazione parlamentare in commissione finanze della camera. I contribuenti potranno così recuperare, compensandola con altri tributi, l'Iva pagata ai comuni che hanno istituito la tariffa rifiuti (Tia o Tari a seconda dei casi). Il balzello, che in molti enti (circa 1.200 tra cui ci sono 49 capoluoghi di provincia, quali Roma, Venezia, Firenze, Trento e Bolzano) ha sostituito la vecchia Tarsu, è stato dichiarato dalla Consulta un tributo a tutti gli effetti e in quanto tale non assoggettabile a Iva. Ragion per cui l'imposta sul valore aggiunto pagata ai sindaci dovrà ora essere rimborsata. Secondo uno studio del dipartimento politiche territoriali della Uil l'importo incamerato dai comuni dal 2000 ad oggi ammonterebbe a circa 933 milioni di euro. Una cifra da rimborsare a una platea di quasi 6 milioni di contribuenti, per una media di 161 euro a famiglia (con punte di 293 ad Agrigento, 291 a Lucca, 286 a Biella). Molgora ha annunciato l'impegno del governo a risolvere definitivamente la questione individuando «sollecitamente le forme più opportune per tradurre in una norma» gli indirizzi della Corte costituzionale. Ma i sindacati non si fidano, temendo che il rimborso dell'Iva possa essere compensato con ulteriori aumenti delle tariffe. «Sarebbero davvero insopportabili», ha dichiarato Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil. «Esiste il rischio concreto che, in caso di restituzione, gli importi pagati partano dal 2005 (ultimi 5 anni) anziché dal 2000». «E chi lo spiega», prosegue Loy, «agli oltre 2,5 milioni di contribuenti, che hanno pagato l'Iva dal 2000 al 2004 e non avranno i rimborsi?». Per questo la Uil chiederà al governo che nel decreto, oltre alle modalità di restituzione degli importi indebitamente pagati, siano previsti anche gli interessi maturati nel corso degli anni e si prevedano tempi di prescrizione civilistici per i rimborsi (10 anni). Anci in audizione alla camera. In audizione davanti alla commissione bilancio della camera, il presidente dell'Anci Sergio Chiamparino è tornato a chiedere una revisione del patto di stabilità per consentire ai comuni di spendere i soldi che hanno in cassa. «Stiamo andando verso il federalismo fiscale senza una virgola di autonomia per i comuni», ha detto il sindaco di Torino, «con le attuali restrizioni imposte dal patto di stabilità, nel 2011 la maggior parte dei comuni si ritroverebbero in avanzo di amministrazione, senza avere la possibilità di utilizzare importanti risorse, pur presenti nelle loro casse». Tra una settimana in commissione bilancio approderà il decreto enti locali (dl n.2/2010) e in quella sede l'Anci auspica che possano essere inserite le tanto attese misure correttive.
ITALIA OGGI - 05/02/2010

mercoledì 3 febbraio 2010

LE LACRIME DI COCCODRILLO DEL DELEGATO CARABINIERE


Nel sito “Ficiesse” viene riportato un editoriale del delegato CoCeR/CC Alessandro Rumore molto DURO. http://lnx.ficiesse.it/news.php?id=3658
Per chi non lo conosce, a mio personalissimo parere, mi verrebbe da dire “lacrime di coccodrillo”. Un delEgato che ha rinnegato i propri convincimenti certamente in cambio di qualcosa.
E, se è corretto il mio pensiero, allora mi viene da chiedere: come mai questa ennesima inversione di tentenza ?
Ingordigia oppure ingratitudine ?
Dice Alessandro: “Nessuno attacca, nessuno critica; Il silenzio ormai ci circonda non facendoci più sentire le urla dei colleghi”.
Io le lamentele le sento, le critiche e le urla le sento. Il silenzio non mi ha mai circondato.
Caro Alessandro, mi verrebbe da dire: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Se leggi questo mio sfogo allora ti dico: Sarebbe ora che tu traessi le conclusioni.
Con affetto Michele Fornicola

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno