sabato 21 novembre 2009

DAI MILITARI UN GRAZIE AI SINDACATI DI POLIZIA!


La forza della ragione
ovvero
”La più grande manifestazione del Siulp”
EDITORIALE DEL SEGRETARIO GENERALE FELICE ROMANO


C’eravamo quasi tutti in piazza a Roma Mercoledì 28 ottobre.
Tutti quelli, beninteso, che potevano esserci, valutando le esigenze di servizio e i compiti d’istituto.
Quarantamila poliziotti in piazza (cifra reale e non gonfiata) non sono roba da poco.
E’ un segnale netto, inequivocabile preciso, che non lascia scampo alcuno a chi di mestiere fa l’anguilla.
Come quei segretari, quei burocrati, quei portaborse che leggendo i monitor delle agenzie o ascoltando i resoconti degli amici o sgranando gli occhi dinanzi ai primi sommari resoconti della questura sul numero dei partecipanti, hanno vissuto una delle peggiori giornate della propria esistenza.
Impegnati da un lato a tranquillizzare il proprio capo, sempre più convinto della poderosa spallata che dalla nostra piazza sarebbe arrivata alla sua compagine governativa.
Dall’altro a supplicare gli amici, le mogli, i cugini e i clienti impiegati a tempo debito nelle centrali dei mass-media a “tener bassi i toni”, a “non enfatizzare l’evento”, a “non diffondere notizie che potrebbero creare sgomento tra la popolazione”.
Come se la popolazione, come dicono loro, subisse il danno più da chi denuncia che da chi lo determina e, nascondendolo, si attiva per mantenerlo in vita.
Tranquilli, colleghi la storia è vecchia come il cucco: non vi preoccupate se la stampa non ha dato il meritato risalto alla manifestazione (in altri Paesi i giornali ne avrebbero parlato in prima pagina per alcuni giorni).
Il messaggio è arrivato alle orecchie intasate di chi doveva ascoltare: tant’è che a poche ore dalla manifestazione già dal Viminale facevano sapere che il Ministro si sarebbe adoperato per la ricerca di nuovi fondi per il contratto.
Il nostro disperato e acuto urlo d’allarme sullo stato della sicurezza e dei poliziotti non è stato lanciato invano.
La nostra rabbia disciplinata e consapevole ha centrato il bersaglio: e il nostro ringraziamento va soprattutto ai cittadini che al passaggio del corteo hanno voluto stringersi attorno a noi, farci sentire la propria vicinanza in questa lotta per la sicurezza e per il pubblico interesse, in questa battaglia di civiltà per il progresso del nostro Paese, per il futuro dei nostri figli.
Poi va alle numerose personalità del mondo politico e ai parlamentari che hanno inteso sfilare con noi, testimoniando la valenza oggettiva delle nostre rivendicazioni, la condivisibilità delle nostre idee.
Ma senza farci ulteriori illusioni, specie se eccessive. Senza farci ulteriori speranze. Abbiamo oramai i capelli abbastanza bianchi per non sapere che chi protesta accanto a noi quando è all’opposizione spesso (anzi quasi sempre) diventa il nostro più accanito avversario quando passa al Governo.
Perché questo fatto è oramai abbastanza assodato: la politica di questo Paese non ha purtroppo compreso alcuni concetti che per noi sono elementari ed evidenti.
Primo: la sicurezza non è un costo ma è piuttosto un investimento. Investire sulla sicurezza vuol dire risparmiare sugli effetti nefasti del crimine giacché, è ora di ricordarlo, il danno arrecato annualmente dalla criminalità, organizzata e non, al Paese è quantificabile in una percentuale superiore di oltre due volte alle spese per la sicurezza: il 23% del PIL contro l’11,2% che viene investito annualmente.
Se in un qualsiasi supermercato aumentano i furti, il responsabile aumenta gli addetti alla sicurezza e, a fine mese, riduce il danno.
In Italia si fa esattamente il contrario: aumenta l’insidia del crimine ed il Governo riduce gli uomini delle forze di polizia, ne taglia i mezzi, ne aumenta l’esasperazione insultandoli. Se non è follia questa.
Secondo: il livello di sicurezza raggiunto va conservato con un’opera costante di “manutenzione” e non si può dare per acquisito in eterno.
La tendenza è invece quella opposta, quella di smantellare le strutture che sono servite a raggiungere determinati obiettivi il giorno stesso del conseguimento.
E’ stato fatto con le strutture antiterrorismo, antimafia, ma anche anti-microcriminalità. Esempi di allucinante, devastante miopia che documentano lo stato d’imperizia di chi è preposto alla cura d’interessi generali. Ora lo stanno facendo con l’intero sistema sicurezza e questo è intollerabile.
Terzo: lo scenario mondiale si evolve a ritmo veramente veloce in un’epoca, quella attuale che come nessun’altra finora risente degli effetti non solo positivi della globalizzazione e della rivoluzione informatica. Il nostro modello di polizia rimane nei secoli immobile, ancorato ad uno schema gerarchico-militare ideato agli albori del diciottesimo secolo e rinfrescato negli anni ’80 con una legge che tra l’altro non è stata mai attuata in fondo.
Rimane immobile perché nessuno ha idee o forse, (a pensar male si fa peccato ma talvolta s’indovina) perché non esiste un interesse condiviso a creare una polizia moderna, efficiente e capace di conseguire un’effettiva garanzia di sicurezza per i cittadini.
Perché insomma potrebbe esserci ancora l’idea, in qualche fascia residua del potere dominante, che una polizia di professionisti preparati e non inquadrati in una struttura eccessivamente “controllabile” in virtù di un modello militare, potrebbe creare più di un problema a chi ha ancora l’interesse di mantenere zone grigie nei rapporti tra politica di un certo livello e altri poteri.
Per questo noi rivendichiamo un vero riordino delle carriere e la contrattualizzazione della dirigenza, di storica importanza, ed un vero coordinamento delle forze di polizia che ne rafforzi l’efficienza e razionalizzi, ordinando in un modello di autorità civile, e non militare, il patrimonio professionale degli operatori della sicurezza.
Per questo e non per altro il SIULP, unitamente agli amici e ai colleghi degli altri sindacati delle forze di polizia è sceso in piazza con una delle più grandi manifestazioni della sua storia trentennale.
Sicuramente la più imponente. Perché grandi erano gli interessi in gioco, e i poliziotti, come sempre accade nei momenti difficili, l’hanno capito, mobilitandosi con una passione tale da bucare “l’ostracismo di regime” arrivando dritti al cuore della gente.
Ma la manifestazione, che ha creato consenso intorno alla nostra causa, che ha rotto il muro di silenzio innalzato dagli emissari del potere fine a se stesso e il distacco del sindacalismo mestierante che s’è insediato purtroppo anche tra di noi, deve adesso essere tesaurizzata.
Tocca a noi appartenenti al SIULP, al Sindacato “vero”di polizia, quello che davvero ha a cuore gli interessi dei cittadini dei colleghi e del Paese, continuare la giusta battaglia, la nobile guerra per la sicurezza, la democrazia e la libertà.
Perché nessuna libertà può essere vissuta se manca la sicurezza. E chi fa finta di non sentire o di non capire lo sa fin troppo bene.
Tra le varie foto della nostra manifestazione a Roma ce n’è una che da sola vale trent’anni della nostra storia: ritrae un collega che mentre sfila in corteo si ferma per fare l’elemosina ad una vecchietta.
Ma quale Paese al mondo ha poliziotti di questo calibro? Noi siamo convinti che non ce ne siano molti. E questo non vuol essere un atto di auto celebrazione ma, semmai, una presa di coscienza di ciò che pensano di noi gli altri.
Nella nostra attività quotidiana ci accompagna sempre una domanda, soprattutto nei momenti in cui bisogna dare corso alla delega della rappresentanza scegliendo cioè ciò che serve alla categoria, ai cittadini e alla sicurezza del Paese.
Ma stiamo facendo la cosa giusta? Ma è responsabile la posizione che stiamo tenendo?
Voglio riportare qui di seguito, tra le centinaia e centinaia che ci sono pervenute, lo stralcio di una e mail che unCollega carabiniere ha voluto inviarci la sera stessa della manifestazione nazionale. La voglio condividere perché credo che sia esaustiva sulla percezione della fondatezza del nostro agire, anche in quella giornata e perché, forse ci illudiamo ma in questo caso ci piace farlo, da un senso concreto a ciò che quotidianamente facciamo.
“Gentile segretario, chi scrive è un carabiniere. Si figuri che quando mi sono arruolato non conoscevo neanche la differenza tra un corpo ad ordinamento civile ed uno ad ordinamento militare ma mi sono bastati pochi mesi di servizio per capirlo. Con queste poche righe voglio esprimere a lei e a tutto il suo staff i miei più sentiti ringraziamenti per le lotte che fate per tutti noi. Purtroppo alcuni giovani poliziotti stanno mettendo in discussione il sindacato, non so e non voglio sapere spinti da cosa o da chi e da quali promesse, ma a questi giovani colleghi vorrei solo suggerire di guardarsi intorno. Se oggi sono liberi di dire e fare proposte migliorative delle condizioni di vita e di lavoro, lo devono alle lotte dei sindacati; certo arrivare alla fine del lavoro e goderne i frutti, è comodo ma bisogna anche comprendere e ricordare quanto è successo a monte. I sindacati sono stati a lungo osteggiati ma visto che con e loro lotte hanno ottenuto la fiducia degli operatori, adesso si tenta di minarli dalla loro base, gli iscritti. Solo quando non si ha più un qualcosa lo si rimpiange.
Vorrei solo ricordare a questi giovani colleghi che oltre 100 mila colleghi con le stellette non possono esprimere liberamente ciò che pensano su di un argento qualsiasi. I loro rappresentanti possono fare ben poco. E questo non è edificante quando fai turni massacranti, senza riposi settimanali e alla fine dell’anno, solo perché non sei “allineato” al tuo superiore vieni classificato “inferiore alla media” pur facendo lo stesso identico servizio di un parigrado che, invece, “è fidanzato” con il suo capo ufficio.
Se provi a rappresentare il problema alla nostra “scala” gerarchica ti rispondono che sei militare, che c’è una scala gerarchica e che devi ubbidire; o anche “qui comando io e si fa così”.
Non hai nessuna organizzazione che ti tutela. Un esempio lampante, il carabiniere di quartiere che va in giro da SOLO al contrario del poliziotto di quartiere. Il problema è arrivato alle alte sfere che, semplicemente,
hanno ignorato la cosa dicendo: “è previsto così farete così”, alla faccia della sicurezza. O ancora persone con procedimento disciplinare per auto lasciate in sosta in doppia fila in caserma da altri anche se con le chiavi attaccate.
Servizi cambiati all’ultimo momento, riposi che non sono un diritto ma una “concessione” solo come e quando dicono i superiori. Ma stiamo scherzando,… e altre cose che non potete nemmeno immaginare. Il benessere del personale?… non è argomento che si può trattare in ambiente militare….
Noi siamo all’età della pietra e dobbiamo ringraziare voi per ogni progresso fatto, per ogni rinnovo contrattuale concluso.
Io inviterei i giovani a fare due mesi di esperienza in un corpo militare per poi tornare; vedrete che a quel punto si iscriveranno di corsa. Speriamo bene…. se Maroni ci riesce, io sarò il vostro primo iscritto
Grazie (preferisco rimanere anonimo per ovvi motivi…. da noi le ritorsioni sono all’ordine del giorno).”


Ringraziamo noi questo collega, auspicando che anch’egli quanto prima possa avere il sindacato per la tutela dei suoi diritti, e perché egli, insieme alla foto che abbiamo scelto tra le tante della manifestazione che simbolicamente racchiude tutto l’essere poliziotto, conforta anche noi del nostro perenne dubbio….
Stiamo facendo la cosa giusta.

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