martedì 26 novembre 2013

Difesa, quando i colonnelli fanno gli stipendi (e non la guerra) - Il Fatto Quotidiano

Difesa, quando i colonnelli fanno gli stipendi (e non la guerra) - Il Fatto Quotidiano

In gdf civili non ce ne sono proprio o quasi

domenica 17 novembre 2013

venerdì 15 novembre 2013

Ocse: "In Italia i dirigenti pubblici più pagati. Quasi il triplo della media" - Il Fatto Quotidiano

Ocse: "In Italia i dirigenti pubblici più pagati. Quasi il triplo della media" - Il Fatto Quotidiano

MENTRE AI SEMPLICI DIPENDENTI VIENE BLOCCATO LO STIPENDIO, GLI ALTI DIRIGENTI HANNO STIPENDI DA FAVOLA

Alla Camera continua la disinformazione

Alla Camera continua la disinformazione

La Camera annuncia di “rinunciare” a 50 milioni dallo Stato. Ma se ne fa trasferire 40 da un altro fondo. Annuncia anche tante misure di risparmio: alcune sono minime, molte false. E tace sui tanti aumenti di spesa. Risultato: la spesa continua ad aumentare.

martedì 12 novembre 2013

FINANZIERE CON FOLTA CAPIGLIATURA E BARBA ECCESSIVAMENTE LUNGA. PUNIZIONE ANNULLATA

N. 00275/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00022/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 22 del 2011, proposto da:

***************, rappresentato e difeso dall’avv. ***************;
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi;
per l’annullamento
- della sanzione disciplinare della “consegna” nella misura di giorni uno, inflittagli con determinazione del Comandante del 1° Nucleo Operativo del Gruppo G. di F. Bari prot. n. 0307583/10 del 12 giugno 2010, gravata con ricorso gerarchico in data 12 luglio 2010 senza che l’organo adito abbia mai comunicato la decisione e quindi da considerare respinto a tutti gli effetti decorsi 90 giorni (art. 6 d.P.R. 1199/1971) e ricorribile nei 60 gg. al Tribunale Amministrativo regionale sin dal 10 Ottobre 2010.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2011 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti, nelle preliminari, l’avv. dello Stato Roberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
I. – Il ricorrente, Appuntato della G. di F. impugna la sanzione disciplinare della consegna per 1 giorno, inflittagli per essersi presentato in servizio presso il varco dell’aeroporto di Bari con una folta capigliatura e un barba eccessivamente lunga, disattendendo le norme che vietano l’uso di acconciature irregolari.
II. – A sostegno del gravame deduce la violazione degli artt. 50, 58 e 59 del Reg. Disciplina Militare (RDM n. 545/1986).
III. – Si è costituita l’Amministrazione intimata, eccependo la competenza territoriale del TAR Bari e concludendo, in subordine, per il rigetto del ricorso.
IV. - All’udienza pubblica del 15 dicembre 2011, fissata per la trattazione, la causa è stata trattenuta per la decisione.
V. – Il Collegio reputa il ricorso fondato.
V.1. – Il ricorrente lamenta, in particolare, la violazione delle regole di garanzia del procedimento disciplinare per l’assenza di una chiara, completa e tempestiva contestazione degli addebiti, necessaria sia per l’esatto accertamento dei fatti che per l’esercizio del diritto di difesa.
V.1.1. – Quanto alla tempestività, a fronte della evidenza del fatto contestato, di immediata percezione e privo della necessità di particolari accertamenti istruttori (lunghezza della barba e della capigliatura, ritenuta eccessiva) la richiesta di chiarimenti interveniva solo dopo dieci giorni dal fatto e veniva effettivamente notificata al ricorrente incolpato, ai fini della conoscenza, decorsi, complessivamente, trentotto giorni, vanificando, così, ogni tentativo di difesa.
V.1.2. – Quanto all’esatto valore della nota, non può non osservarsi come, in linea di principio, la mera richiesta di chiarimenti su fatti specifici relativi al comportamento tenuto non configuri di per sé gli estremi di un atto di contestazione di addebito disciplinare, da cui si distingue per diversità di funzione, in quanto volta a mere indagini preliminari.
E’ invece necessario che la natura dell’atto sia di immediata intelligibilità per il destinatario.
Nella specie, peraltro, la richiesta di chiarimenti, formulata ai sensi dell’art. 15 della l. n. 382/1978 (“Nessuna sanzione disciplinare di corpo può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state sentite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato”), e, dunque, astrattamente valevole come contestazione e come comunicazione dell’effettiva instaurazione del procedimento disciplinare, è priva di tale formale qualificazione e contiene elementi di indubbia equivocità:
a) manca, in tale nota, quale elemento probatorio a supporto della presunta infrazione, ogni riferimento alla “osservazione obiettiva” effettuata dal militare capoposto di turno che avrebbe informato la superiore linea di comando titolare del potere disciplinare, non presente ai fatti. L’esistenza di una relazione di servizio emerge solo indirettamente nel provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare; l’incolpato avrebbe avuto accesso al suo contenuto solo in occasione della presentazione del ricorso gerarchico, non potendo più contraddire sull’accertamento dei fatti (effettiva lunghezza della barba e della capigliatura, tale da costituire pregiudizio e necessario conseguente impiego in servizio interno).
b) il termine per fornire i propri chiarimenti, riqualificati dall’Amministrazione come vere e proprie giustificazioni, appare, altresì, eccessivamente ridotto (48 ore), per consentire un effettivo e consapevole contraddittorio, maggiormente necessario nell’ambito di un procedimento connotato da forte afflittività, quale quello disciplinare.
c) ferma la condotta censurata, varia, infine, l’individuazione delle norme violate, inserendosi solo nel provvedimento conclusivo anche il riferimento al mancato rispetto dell’art. 2 (Disciplina militare) del Regolamento, norma non richiamata nella anomala contestazione degli addebiti.
VI. – In conclusione deve pertanto ritenersi che per l’assenza di una tempestiva, chiara, concisa e completa contestazione degli addebiti, in violazione dei criteri redazionali sottesi all’esercizio del potere disciplinare, sia stato pregiudicato il diritto di difesa dell’incolpato, con conseguente invalidità dell’intero procedimento.
Il rispetto delle garanzie costituzionali a tutela del diritto di difesa, ma anche del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione comporta ,per quanto riguarda il procedimento disciplinare, che l’incolpato abbia il diritto di essere adeguatamente informato tanto dell’instaurazione e dello svolgimento del procedimento quanto del contenuto degli addebiti.
VII. – Sulla base delle sovra esposte considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto annullato l’impugnato provvedimento. Sono assorbite le ulteriori censure dedotte.
Sussistono tuttavia ragioni di equità per compensare tra le parti le spese e competenze di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento.
Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


sabato 2 novembre 2013

Archivio "Pace diritti umani" | News :: Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa: approvato il Protocollo addizionale XVI alla CEDU

Archivio "Pace diritti umani" | News :: Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa: approvato il Protocollo addizionale XVI alla CEDU

Lavoratore pubblico rivendica più soldi per aver svolto mansioni superiori. Il Consiglio di Stato dice si.

Lavoratore pubblico rivendica più soldi per aver svolto mansioni superiori. Il Consiglio di Stato dice si.



SANITA' E SANITARI
Cons. Stato Sez. III, Sent., 24-09-2013, n. 4710
SANITA' E SANITARI
Sanità, in genere


Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9391 del 2009, proposto da:
-
contro
-
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE III QUATER, n. 00791/2009, resa tra le parti, concernente accertamento del diritto alla corresponsione trattamento retributivo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Azienda Ospedaliera S. (Lpd)-(Lpd);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2013 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Lepore Maria Claudia e Fratto;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'odierno appellante (inquadrato nella qualifica di dirigente medico di I livello, fascia B, con deliberazione n. 148 in data 12 settembre 1994) rivendica la corresponsione, a decorrere dal 1 gennaio 1994, del trattamento retributivo proprio dell'aiuto corresponsabile ospedaliero o del I livello dirigenziale fascia A, assumendo di aver svolto, quale assistente medico di radiologia, le relative funzioni superiori (attribuite con deliberazione dell'a.s. della USL Roma 10 n. 1150 in data 15 maggio 1992, di cui ha preso atto la deliberazione del direttore generale dell'Azienda ospedaliera S. (Lpd) - (Lpd) n. 2181 in data 23 dicembre 1996).
2. Il TAR del Lazio, con la sentenza appellata ( Roma, III-quater, n. 788/2009), ha:
- dichiarato inammissibile il ricorso per quanto concerne le pretese dal 1 gennaio al 30 giugno 1994, in quanto, fino a detta ultima data, la legittimazione passiva spettava alla Regione Lazio/Gestione liquidatoria della ex USL Roma 10, mentre il ricorso era stato notificato solo all'Azienda ospedaliera subentrata nel rapporto di lavoro;
- respinto il ricorso relativamente al periodo successivo, in quanto, con riferimento alla portata applicativa degli artt. 29, comma 2, del D.P.R. n. 761 del 1970 e 121, del D.P.R. n. 384 del 1990, non è stata dimostrata l'esistenza del necessario presupposto dell'esistenza in pianta organica e vacanza del posto su cui esercitare le mansioni superiori (anche alla luce dell'intervenuto annullamento in autotutela della deliberazione n. 2181/1996, mediante la deliberazione n. 32 in data 23 aprile 1997), e non può assumere rilevanza un organigramma di fatto ipotizzato per il funzionale svolgimento dei compiti istituzionali.
3. Nell'appello, viene ammesso il difetto di legittimazione passiva dell'Azienda per il primo semestre del 1994, ed il relativo capo della sentenza di primo grado deve quindi ritenersi non contestato.
Per il restante periodo, sulla questione ritenuta dal TAR dirimente, si sostiene che erroneamente sono stati affermati la mancata dimostrazione della vacanza di posti di aiuto radiologo e il riferimento delle pretese ad un ipotetico organico di fatto. A tal fine, si sottolinea che la prova della vacanza del posto è nella deliberazione n. 2181/1996 e nella deliberazione n. 1150/1992.
4. Resiste all'appello l'Azienda ospedaliera, ribadendo che non vi era vacanza del posto, né conferimento formale, dato che la deliberazione n. 2181/1996 è stata annullata in via di autotutela, che comunque anch'essa non documenta la vacanza, né il conferimento, ma contiene un mero richiamo ad altra deliberazione (la n. 1150/1992) non imputabile all'Azienda ospedaliera e non più efficace a partire dalla costituzione dell'Azienda (avvenuta, come esposto, in data 1 luglio 1994).
In ogni caso, non vi è più differenza rilevabile a fini di mansioni superiori tra ex assistenti ed ex aiuti, tutti confluiti nel I livello (come per l'appellante, inquadrato mediante la deliberazione n. 148/1994), anche se distinti in fascia A e fascia B.
5. L'appello merita di essere accolto parzialmente, nei sensi ed entro i limiti appresso indicati.
E' ben vero che, per giurisprudenza da tempo consolidata e fatta propria anche da questa Sezione (cfr., riassuntivamente, Cons. Stato, III, 30 ottobre 2012, n. 5525), nel settore della sanità, in applicazione del principio desumibile dall'art. 29, comma 2, del D.P.R. n. 761 del 1970 (e poi dall'art. 121 del D.P.R. n. 384 del 1990), il riconoscimento del trattamento economico per lo svolgimento di funzioni superiori è condizionato, oltre che dall'effettiva prestazione di tali mansioni: a) dalla vacanza, in pianta organica, del posto di qualifica superiore cui si riferiscono le funzioni svolte; b) dalla presenza di un previo formale atto di incarico allo svolgimento delle predette funzioni, adottato dai competenti organi dell'ente (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, III, 10 luglio 2012, n. 4100); e che soltanto per lo svolgimento delle funzioni primariali da parte dell'aiuto, si ritiene possa prescindersi da formali atti di incarico, poiché non è concepibile che una struttura sanitaria affidata alla direzione del primario resti priva dell'organo di vertice, che assume la responsabilità dell'attività esercitata nella divisione (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, III, 28 marzo 2012, n. 1826); mentre tale orientamento, basato sull'indefettibilità della responsabilità apicale, non è estensibile al caso dell'assistente medico che espleti le mansioni di aiuto, in quanto la vacanza del posto di aiuto medico non implica una automatica investitura dell'assistente nell'esercizio delle mansioni superiori, potendo l'amministrazione adottare una pluralità di soluzioni organizzative, ai sensi dell'art. 7 del D.P.R. n. 128 del 1969 (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, III, 21 febbraio 2012, n. 914).
Ora, nel caso in esame, la sentenza di primo grado e le stesse difese dell'Azienda fanno leva sulla mancanza di un incarico formale su posto vacante - vale a dire, secondo quanto appena premesso, di due delle condizioni essenziali ai fini del riconoscimento delle differenze retributive.
Ad avviso del Collegio, tuttavia, nel caso in esame tali presupposti devono ritenersi sussistenti.
Infatti, come sostiene l'appellante, l'annullamento della deliberazione n. 2181/1996 non è idoneo a porre nel nulla sotto il profilo storico-fattuale l'incarico preesistente conferito mediante la deliberazione n. 1150/92. Tale ultimo provvedimento ha operato la ricognizione generale dei posti di aiuto corresponsabile vacanti nei diversi reparti, e ne ha attribuito le relative "funzioni superiori" ai medici utilmente collocati nelle graduatorie divisionali di cui all'art. 7 del D.P.R. n. 128 del 1969 (nella specie, approvate con deliberazioni nn. 75/1991 e 1243/1991). Tra essi, per la "Radiologia Ortopedica" del plesso "(Lpd)", l'appellante.
La deliberazione n. 1150/1992 non risulta caducata (del resto, la deliberazione n. 2181/1996, annullata in autotutela, concerneva la posizione di altri medici, e si limitava a richiamare quella dell'appellante nelle premesse), e non può ritenersi divenuta automaticamente inefficace per effetto del subentro dell'Azienda ospedaliera nella titolarità delle attività e dei rapporti di lavoro inerenti il plesso ospedaliero. Deve invece ritenersi che abbia mantenuto effetti organizzativi, almeno fino a che non sia stata modificata da disposizioni sopravvenute (ma su ciò, dagli atti processuali non si evincono specifiche informazioni).
Resta da stabilire fino a quale momento l'esercizio delle mansioni superiori possa aver giuridicamente spiegato concreta efficacia.
Il Collegio osserva in proposito che, poiché nel comparto sanitario, a seguito del D.Lgs. n. 502 del 1992, il primo livello della dirigenza medica sussume le funzioni che erano nella prerogativa delle abolite qualifiche di assistente e di aiuto medico, l'assunzione delle mansioni di tale ultima qualifica da parte del dirigente medico di primo livello, pur se proveniente da inquadramento al nono livello, non configura lo svolgimento di mansioni superiori, unica essendo la qualifica dirigenziale di appartenenza.
La data suddetta deve pertanto essere individuata in quella del 12 settembre 1994, in cui è stato disposto l'inquadramento dell'appellante nel primo livello dirigenziale, ad opera della deliberazione n. 148/1994.
Il ricorso di primo grado deve conseguentemente essere accolto limitatamente alla spettanza all'appellante delle differenze retributive relative al periodo 1 luglio - 12 settembre 1994, maggiorate di rivalutazione monetaria ed interessi.
L'esito dell'appello induce a confermare la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie parzialmente il ricorso di primo grado ed accerta il diritto del ricorrente nei sensi e limiti indicati in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno