domenica 18 novembre 2012

LE RESTRIZIONI AL DIRITTO DI ASSOCIAZIONE PER IL PERSONALE DI SICUREZZA DEVONO ESSERE ABOLITE, DICONO I PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA DELL'OSCE SUI DIRITTI UMANI

Restrizioni inutili e sproporzionatie al diritto di associazione per il personale militare e di polizia devono essere abolite, hanni affermato i partecipanti alla riunione sull'attuazione dei diritti umani dell'OSCE a Varsavia il 25 settembre 2012.

Durante un evento collaterale organizzato dall'Ufficio per le istituzioni democratiche ed i diritti dell'uomo (ODIHR) e l'Organizzazione europea delle Associazioni militari (EUROMIL), portavoci che rappresentano le organizzazioni non governative e le organizzazioni internazionali, hanno detto che alcuni Stati partecipanti all'OSCE continuano ad ammettere indebite restrizioni alla libertà di associazione per la polizia e per il personale militare.

"Il settore della sicurezza ef il suo personale sono parte del tessuto di ogni società democratica e pluralista", ha dichiarato Oyvind Hoyen, responsabile ODIHR per i diritti umani. "Essi meritano di godere degli stessi diritti umani fondamentali come i membri della comunità, i cui diritti e la sicurezza hanno il compito di difendere e proteggere."

In alcuni Stati partecipanti all'OSCE, le associazioni militari sono del tutto proibite, mentre in altri la polizia e le associazioni militari richiedono l'autorizzazione da parte delle autorità statali per operare o sono bloccate ad impegnarsi in attività sindacali.

"I membri delle forze armate dovrebbero avere il diritto di formare e aderire a organizzazioni indipendenti che rappresentano i loro interessi, e hanno il diritto di organizzazione e di contrattazione collettiva", ha detto Caroline Henrion, Project Officer EUROMIL. "Questo diritto non mina l'autorità militare, nè mette a repentaglio l'efficienza o interrompe la catena di comando."

Jane Townsley, il Presidente della Associazione Internazionale donne in Polizia che hanno partecipato alla riunione, ha sottolineato l'importanza delle associazioni del personale femminile per affrontare le esigenze specifiche delle donne per quanto riguarda il personale in ambienti tradizionalmente dominati dagli uomini.

http://www.osce.org/odihr/44257

venerdì 16 novembre 2012

LE SCHIZOFRENICHE POSIZIONI POLITICHE DEL PARTITO DEMOCRATICO SUI DIRITTI CIVILI DEI MILITARI ITALIANI



Tra pochi giorni si svolgeranno le elezioni primarie del centrosinistra per scegliere quale sarà il capo della coalizione elettorale che, sondaggi alla mano, potrebbe avere la responsabilità di formare il prossimo governo.

I due contendenti più accreditati per la vittoria appartengono entrambi al Partito Democratico, la formazione politica di gran lunga più rappresentativa dello schieramento; come noto si tratta del segretario, Pierluigi Bersani, e del sindaco di Firenze, Matteo Renzi.

Può essere interessante andare a vedere quale sia attualmente la posizione ufficiale del Partito per quanto riguarda un argomento che sta a cuore all’associazione FICIESSE, ossia i diritti civili nel mondo militare e specificatamente la libertà sindacale.

A tal riguardo è utile fare riferimento alle proposte programmatiche approvate dall’assemblea nazionale del PD nel febbraio del 2011. Tra esse vi si trova quella dedicata alla politica sulla sicurezza e difesa (http://www.partitodemocratico.it/Allegati/SICUREZZA_definitivo.pdf) nella quale, al paragrafo 2 “Un nuovo modello di sicurezza per l’Italia” tra l’altro vi si trova la seguente affermazione: ”Per le Forze armate è necessario prevedere maggiori forme di rappresentanza sindacale per renderle più democratiche e più vicine ai cittadini.

Ottimo proposito per una forza politica che già dal nome si definisce per l’appunto democratica! Peccato tuttavia che tale affermazione non sia purtroppo seguita da altrettanta coerenza nei comportamenti parlamentari.

Infatti, il 6 novembre scorso al Senato è stato approvato il DDL 3271 recante la delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale; in sede d’esame di tale provvedimento sono stati presentati vari emendamenti, tra i quali il nr. 1.0.3. dei senn. Radicali Perduca e Poretti che intendeva estendere a tutti i militari italiani le libertà sindacali previste per i colleghi della Polizia di Stato.

Ebbene, tale emendamento è stato respinto a larghissima maggioranza: 221 contrari, 12 favorevoli, 1 astenuto; questi i solitari parlamentari che si sono espressi favorevolmente: oltre ai Radicali Perduca e Bonino, anche i Senatori IDV Bugnano, Caforio, Carlino, De Toni, Giambrone, Lannutti, Li Gotti, Mascitelli, Pardi, e Pedica.

Ed il PD? Malgrado quanto affermato nel loro programma, i Senatori “democratici” hanno votato massicciamente ed immotivatamente in modo contrario; unica eccezione la Senatrice PD Silvana Amati, membro tra l’altro della Commissione Difesa, la quale, forse per scrupolo “democratico” o in quanto componente della Commissione parlamentare per i diritti umani, non se l’è sentita di votare contro le libertà civili dei militari italiani e quindi si è pudicamente astenuta.

Non è purtroppo la prima volta che il Partito Democratico, alla prova dei fatti sul campo dei diritti civili per i militari, si discosta nettamente dai principi democratici ai quali, a parole, invece fa riferimento, in continuità con le peggiori tradizioni dei politici italiani.

Sarebbe interessante conoscere sul punto la posizione dei due principali avversari alle primarie del centrosinistra, considerato che uno è il Segretario del partito stesso, mentre l’altro si propone come un suo riformatore. Tuttavia mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo e resterà con tutta probabilità un mero auspicio.

mercoledì 14 novembre 2012

Il Tar: "L'Arma conceda i congedi per paternità"



Svolta nell'Arma grazie al ricorso di un carabiniere di Cuneo che chiedeva di stare a casa per accudire l'ottavo figlio, appena nato. Aveva già domandato il permesso per il bambino precedente e gli era stato negato

di FEDERICA CRAVERO

Voleva stare a casa ad accudire il figlio appena nato, l'ottavo di una bella e numerosa famiglia del Cuneese. Voleva che fossero concesse a lui le due ore giornaliere di riposo dal lavoro (il cosiddetto permesso per "allattamento"), che fino a un anno di vita del bambino spettano alle mamme o, in alternativa, ai papà. Ma un carabiniere di Cuneo si è visto negare questo diritto con la motivazione che la moglie è casalinga e quindi toccava a lei badare alla prole. L'uomo non si è perso d'animo, ha fatto ricorso al Tar e l'ha vinto.


La vicenda giudiziaria è iniziata a febbraio, quando è nato l'ottavo figlio e il carabiniere ha fatto la richiesta (respinta) di un orario ridotto, usufruendo dei permessi dell'articolo 40 del decreto legislativo 151 del 2001. In realtà già con il settimo figlio il carabiniere aveva chiesto invano ai suoi superiori gli stessi permessi, ma aveva scelto di fare un ricorso interno all'amministrazione, che era stato respinto. Stavolta, invece, l'uomo si è rivolto alla consigliera delle pari opportunità della Provincia di Cuneo, Daniela Contin, ovvero l'istituzione solitamente interpellata per difendere le donne dalle ingiustizie e dalle ineguaglianze sul posto di lavoro, ma che ha accettato al volo di accompagnare quell'uomo desideroso di essere un papà più presente. Assieme a lei, assistiti dall'avvocato Chiara Servetti, hanno quindi presentato un ricorso al Tar del Piemonte contro il ministero della Difesa. L'Arma dei carabinieri infatti

- contrariamente ad altri settori del pubblico impiego, in cui il lavoro casalingo è equiparato a quello dipendente - con una serie di linee guida interne ha sempre negato ai suoi uomini di poter godere di "riposi di paternità" se le mogli non avevano un impiego. Ma il tribunale amministrativo regionale ha negato questa prassi e ha accertato il diritto del carabiniere di godere dei permessi.



(14 novembre 2012)

giovedì 8 novembre 2012

DIFESA, COMELLINI (PDM): REVISIONE DELLO STRUMENTO MILITARE: SENATO SALVA AFFARI DEI GENERALI E PAGHETTA DEI CAPPELLANI MILITARI ALLA FACCIA DEI MILITARI AMMALATI O MORTI PER VACCINI E URANIO


Roma - "Nell'ambito della discussione del ddl 3271 (revisione dello strumento militare) prima la Commissione bilancio del Senato rinventandosi il senso dell'articolo 81 della Costituzione per cassare degli emendamenti presentati dai senatori radicali Perduca e Poretti che in realtà avrebbero introdotto dei tagli di indennità dei vertici e sprechi, poi è stata la volta dei relatori e del Governo che li hanno sistematicamente bocciati. - Dichiara Luca Marco Comellini, Segretario del Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia (Pdm) - Per rendere concreto il processo di revisione dello strumento militare - prosegue Comellini - si sarebbero dovuti tagliare gli sprechi nell'interesse del paese mentre, invece, il Senato ha posto particolare attenzione a non urtare determinate sensibilità, salvando così gli interessi dei generali o comunque gli affari dei vertici militari senza considerare che il complesso degli emendamenti proposti avrebbe portato nelle casse dello Stato oltre 4,5 miliardi di risparmi. E' chiaro che ciò che per noi è ovvio e logico non lo è per la partitocrazia in cui militano e sono presenti proprio gli ex generali. Spiace inoltre che la presidenza del Senato abbia dichiarato inammissibile l'emendamento presentato dai senatori radicali Perduca e Poretti volto a porre il trattamento economico dei cappellani militari a carico della chiesa e non del bilancio della Difesa. L'emendamento era stato accantonato nella discussione antimeridiana a seguito dell'acceso dibattito ed era ammissibile fino alla ripresa dei lavori pomeridiana ma poi è stato poi dichiarato inammissibile perché a seguito dell'interpretazione dell'ultimo momento fatta dagli esperti della presidenza andrebbe ad incidere sui patti tra lo Stato Italiano e il Vaticano. Una interpretazione di comodo quella della presidenza. Una dichiarazione di inammissibilità intervenuta "in extremis" per evitare il rischio che l'emendamento fosse approvato e che quindi la casta dei cappellani perdesse i suoi privilegi e i benefici per oltre 10 milioni di euro che gli pagano i cittadini italiani. - Conclude il Segretario del PdM - Ancora una volta il pressapochismo della politica dei politicanti si è rivelato in tutta la sua assurdità salvando gli affari dei generali e la paga dei cappellani militari e ignorando i reali sprechi e le esigenze dei militari tra cui quelli ammalatisi o morti a causa dei vaccini e dell'uranio."



Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno