martedì 30 novembre 2010

Pensioni, finestre mobili: i sindacati di polizia sollecitano l'Inpdap

La Consulta Sicurezza (SAP, SAPPe e SAPAF), la piu' grande organizzazione per numero di aderenti del Comparto Sicurezza, ha scritto nei giorni scorsi all'Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica (Inpdap) per chiedere, anche per le Forze dell'Ordine, l'estensione della disciplina derogatoria relativa alle cosiddette "finestre mobili": una sacrosanta e fondamentale istanza che anche il Ministro Maroni si e' impegnato a portare avanti a seguito delle nostre pressioni.
link:
..:: Sindacato Autonomo di Polzia ::..

venerdì 26 novembre 2010

giovedì 25 novembre 2010

AUMENTO CONTRATTUALE ED ARRETRATI 2009-2010 IN PAGAMENTO CON LO STIPENDIO DI DICEMBRE (15 DICEMBRE 2010)?????


AUMENTO CONTRATTUALE ED ARRETRATI 2009-2010

IN PAGAMENTO CON LO STIPENDIO DI DICEMBRE

(15 DICEMBRE 2010)

ABBIAMO APPENA APPRESO LA NOTIZIA, E LA COMUNICHIAMO A TUTTI GLI ISCRITTI SAPPE E COLLEGHI DELLA POLIZIA PENITENZIARIA, CHE SUL PROSSIMO STIPENDIO DI DICEMBRE SARA’ COMPRESO L’AUMENTO CONTRATTUALE 2009-2010 E SARANNO PAGATI GLI ARRETRATI.

LE SPETTANZE ( STIPENDIO – TREDICESIMA MENSILITA’ - ARRETRATI) SARANNO ACCREDITATE A TUTTI GLI AVENTI DIRITTO IL 15 DICEMBRE 2010.

GLI ARRETRATI CONTRATTUALI SONO STATI QUANTIFICATI PER UNA CIFRA MEDIA DI CIRCA 1000 EURO NETTI.

http://www.sappe.it/file_pubblici/comunicato%2025nov10.pdf

Comparto Sicurezza - Interventi in materia pensionistica e previdenziale -

lpd: Comparto Sicurezza - Interventi in materia pension...: " "

Circolare esplicativa Ministero dell'Interno 23 novembre 2010 n. 557/RS/ 01/71/2567

lunedì 22 novembre 2010

Il ruggito di Catarella


Terribile, ammonisce la Bibbia, è l’ira del mite.
Perché il mite, a differenza dell’irascibile, accumula, accumula ma quando s’incazza, non conosce mezze misure.
Nella finanziaria di quest’anno, alla missione numero 7 (ordine pubblico e sicurezza), Il Governo, che più di tutti gli altri è impegnato nella lotta al crimine, assesta un ulteriore durissimo colpo ai delinquenti tagliando 146 milioni di euro (146,51) ai fondi per i poliziotti.
Inoltre, poiché quest’anno lo stesso governo intende assistere anche le vittime della mafia, più di quanto sia stato mai fatto da chiunque, taglia di 24 milioni di euro (24,8) il fondo di solidarietà per le vittime della mafia.
Il Ministro dell’Interno è contento perché NOI arrestiamo i latitanti, e più ne arrestiamo più il Governo riduce i soldi a nostra disposizione, e più è importante il criminale più è consistente il taglio. I colleghi della Mobile di Palermo sono avvisati; quando arresteranno Matteo Messina Denaro, potrebbe esserci il rischio di lasciare qualcosa del loro stipendio nelle casse dello Stato. Qualcuno potrebbe dire: qui il concetto di produttività è inversamente proporzionale alle risorse.
Una filosofia originale, quella del Governo, del tutto contraria, volendo, a quella che pervade la gestione del personale nel mondo dell’impresa; ma che mantiene, comunque, un suo sinistro fascino.
Nel privato, ad esempio, se uno è bravo, viene strapagato. Se non è bravo, viene pagato in modo ordinario, se è proprio negato, gli danno una carica in un ente pubblico oppure lo fanno direttore delle ferrovie o di una rete Rai.
Nel nostro settore, invece, se i poliziotti fanno bene anzi benissimo il proprio mestiere, vengono pagati di meno, gli vengono tolti i mezzi per lavorare, e, se proprio sono bravissimi, vengono tenuti persino a digiuno.
Magri e affamati, come lupi famelici, così il generale Massimo voleva i suoi legionari ne “ Il Gladiatore”. Magri e affamati come iene incazzate, così il generale Silvio vuole i suoi poliziotti. E ce la mette tutta, davvero tutta, per riuscirci.
Spegnete le luci, accendete i riflettori, lo spettacolo ancora una volta si ripete, il copione è quello che già conoscete:
1. Annuncio di clamorosi provvedimenti contro la mafia-
2. Emanazione del clamoroso pacchetto sicurezza, e cocente delusione degli addetti ai lavori, i quali scoprono che esso è assolutamente inutile per contrastare il crimine e spesso dannoso per l’ordinaria attività dei poliziotti.
3. Brillante operazione di polizia e magistratura con la quale nulla, ma proprio nulla c’entrano il Governo e i suoi pacchetti, anzi la brillante operazione è stata fatta nonostante il primo e a prescindere dai secondi.
4. Foto ricordo del massimo responsabile dell’interno che scherza amabilmente con gli operatori, indossando a richiesta il mefisto dei Nocs o suonando il campanaccio della Catturandi di Palermo.
5. Emanazione di altro clamoroso provvedimento di natura essenzialmente economica con il quale vengono disposti ulteriori tagli, sacrifici, restrizioni e ulteriori penalizzazioni per gli operatori di polizia.
E’, essenzialmente, l’antimafia dei “fatti”.
Bisogna, infatti, essere “fatti”, completamente “fatti”, per pensare che la mafia si possa sconfiggere tagliando le spese della sicurezza e riducendo alla fame i poliziotti.
E siccome gli argomenti non ci mancano, prendiamo ad esempio quello che è successo nell’ultima settimana.
Venerdì scorso il Governo ha varato un altro pacchetto sicurezza. Ho perso il conto, dovrebbe essere il quinto o il sesto dell’ultimo quinquennio.
Atteso dai più come la soluzione finale ai drammi della nazione appare, come suggerisce la parola stessa un rimedio minimo per il male che continua a crescere nel Paese.
I punti salienti sono quelli illustrati ai mass media dal Governo in conferenza stampa:
Primo punto; il prefetto renderà obbligatorie, con proprio provvedimento, le ordinanze del sindaco in materia di sicurezza urbana, visto che sinora nessuno se le filava, anche perché nessuno sapeva cosa diavolo fosse la sicurezza urbana, quella inurbana e quella di quartiere, e c’è voluto un altro provvedimento del Ministro dell’Interno che lo spiegasse.
Secondo punto; le prostitute “da strada” possono ora essere passibili di foglio di via, mentre quelle di lusso, le “escort” rimangono tranquille dove stanno, e se qualcuno le porta in questura interviene la telefonata di turno a “seguire la faccenda”.
Terzo punto; i cittadini comunitari non in regola con la direttiva europea 38/2004, quella che stabilisce che se un cittadino dell’unione europea vuole risiedere stabilmente in un Paese qualsiasi della stessa deve dimostrare di avere reddito, abitazione e buona condotta, possono essere invitati ad andarsene. Se poi non se ne vanno, possono essere rintracciati ed espulsi, ma dove rintracciarli rimane un mistero visto che non hanno né un domicilio né un posto di lavoro.
Quarto e ultimo punto; viene potenziata la famosa Agenzia per l’utilizzo dei beni confiscati e sequestrati alla mafia, perno centrale dell’azione antimafia del governo, in quanto destinata a trovare con la sua attività i soldi necessari per reintegrare i tagli che il governo attua a ogni finanziaria sugli straordinari, sugli equipaggiamenti e, da ultimo, sul vitto dei poliziotti. Agenzia che, finora è riuscita a trovare i fondi necessari (320 mila euro all’anno) per affittare una sede comoda nel centro di Roma dove ospitare i suoi sedici dipendenti, mentre i tagli degli ultimi due anni alla sicurezza superano i tre miliardi di euro e minano l’operatività delle forze di polizia.
Questo il pacchetto di questo Governo.
Poi, il martedì successivo, i poliziotti di Napoli e di Caserta, usando lo strumento prezioso delle intercettazioni telefoniche, che questo governo ha cercato la scorsa estate di eliminare o almeno di ridurre in maniera consistente, e non c’è riuscito solo perché i sindacati di polizia hanno avviato una colossale protesta, e lavorando “ a gratis” perché nessuno pagherà loro tutti gli straordinari, le missioni e le notti perse dietro i telefoni, ascoltano una frase in codice.
C’è un tale, sospettato che a metà novembre ha una strana esigenza di comprare un panettone con l’uva passa, e i colleghi, che di mestiere fanno i poliziotti, per fortuna, e non i politici, né gli scrittori di successo, capiscono di dover agire; così viene arrestato il capo dei casalesi Antonio Iovine, il "ninno bello” che ogni sbirro che si rispetti avrebbe voluto ammanettare.
Questi i fatti; un arresto che nulla c’entra con i provvedimenti del Governo sui sindaci, sulle escort e sulle Agenzie di confisca, un arresto anzi che non sarebbe stato possibile se il Governo fosse riuscito a varare la sua legge contro le intercettazioni; un arresto che forse sarebbe arrivato prima se il Governo avesse evitato i pesanti tagli che ha operato ai bilanci della sicurezza.
Passiamo alla parte finale del copione: mentre i poliziotti, soli e contrastati dalla famiglia, come il buon Eduardo De Filippo di “ Natale in casa Cupiello”, fanno il loro presepe, divampa nel Paese la polemica tra l’antimafia dei fatti e quella della chiacchere.
Al governo non par vero di far proprio questo ulteriore, straordinario risultato dei poliziotti, e il ministro dell’interno si precipita a Napoli per complimentarsi coi colleghi. E fin qua ci stiamo, dopotutto il ministro dell’interno è lui e, a parte qualche scivolone sulle ronde e sulle ordinanze dei sindaci, e nonostante la sua assenza ingiustificata sul fronte dell’opposizione ai tagli della sicurezza, almeno ha il merito di non ostacolare l’attività operativa dei poliziotti.
Non ci stiamo, invece, quando un altro ministro, quello della giustizia, si unisce alla comitiva per festeggiare il successo della polizia e della magistratura, e, dopo aver festeggiato, aggiunge sornione in conferenza stampa un messaggio alla nazione:
“ Avete visto che risultati abbiamo avuto grazie al circuito virtuoso di leggi e azioni che il governo ha saputo mettere in atto"? Be’, tenete presente che se questo governo dovesse finire, questi risultati non ci saranno più.”
Ecco, questo è troppo, decisamente troppo, insopportabilmente troppo.
Questo vuol dire fregarsene della verità della giustizia della lotta alla mafia e degli sforzi fatti da poliziotti, carabinieri, finanzieri e magistrati, e pensare esclusivamente ai propri interessi partitici.
Questo vuol dire dar corpo, dopo l’antimafia delle chiacchere e dopo l’antimafia dei “fatti”, all’antimafia dei pinocchietti, a quell’antimafia cioè che della vera lotta alla mafia non gliene importa un fico secco, e s’appropria dell’altrui lavoro per vantare meriti che non ha.
Perchè i meriti di questi importanti risultati vanno innanzitutto a quegli uomini e a quelle donne che in silenzio, mentre l’onorevole Santanchè si prepara per il talk show del giovedì centrato sui meriti del governo Berlusconi in tema di lotta al crimine, si chiudono in un furgoncino e si preparano ad una lunga notte di novembre in appostamento;
a quegli stessi che, mentre l’onorevole Brunetta li insulta dal palco di Cortina d’Ampezzo, si danno il cambio in sala intercettazioni ingoiando un panino tonno e pomodoro;
a quegli stessi che, mentre l’onorevole La Russa li definisce una cinquecento paragonati alla Ferrari, anticipano i soldi per la benzina dell’auto di servizio altrimenti non possono pedinare il balordo che li porterà nel rifugio del boss, togliendoli da uno stipendio che per l’onorevole rappresenterebbe la paghetta del figlio maggiore.
A quegli stessi che subiscono in silenzio tutto l’ambaradan del carrozzone politico, annessi e connessi, perchè abituati da secoli a lavorare senza protestare, purché vengano rispettate alcune condizioni sine qua non.
E’ gente, questa, che non fa sconti, neanche ai propri capi. Neanche ai capi della polizia.
Perché se è vero che la polizia fa miracoli, da alcuni anni a questa parte, questo non è dovuto né al circuito virtuoso del governo in carica, né ai circuiti virtuosi dei governi precedenti, ma ad uno staff di uomini messo su dagli ultimi capi della polizia che vengono, guarda caso, dall’esperienza investigativa, e che sanno puntare sulla forza dell’esempio e sulla stima dei propri collaboratori, condividendo i sacrifici, i successi e le responsabilità degli insuccessi.
A questi uomini, a questo staff, a questi Capi è da attribuire il merito dei risultati straordinari della lotta alla criminalità, che ha contrassegnato l’azione delle forze di polizia degli ultimi anni.
Altro che circuiti virtuosi, Santanchè e Brunetta, fogli di via alle prostitute e lodi Alfano.
E stia tranquillo il ministro della giustizia; questi risultati continueranno, anche se il suo governo dovesse cadere, perché la verità è che ogni poliziotto lavora per il bene della collettività, non per quello del governo.
Il quale può solo agevolare l’azione di polizia o scoraggiarla, ma non ostacolarla o impedirla. E, da questo punto di vista, le idee dei poliziotti sono abbastanza note: questo Esecutivo scoraggia di fatto, con una lunga serie di provvedimenti inefficaci ed una spietata politica di tagli, l’azione delle forze di polizia. Ma non può impedirla.
Ci vuole ben altro per impedirla; ad esempio l’azzeramento dei vertici investigativi, dal direttore della direzione centrale anticrimine al direttore del servizio centrale operativo per esempio, gli uomini che stanno davvero dietro tutti i successi degli ultimi dieci anni di antimafia.
O il cambio della guardia ai vertici delle squadre mobili, che vantano oggi un parterre di investigatori ex giovani formati alla scuola dello Sco degli ultimi capi tutti provenienti dalle fila della Polizia.
O, più semplicemente, il mancato rispetto di una delle condizioni sine qua non di cui si parlava poc’anzi; il bisogno, per i tanti uomini che producono questi risultati, di avere superiori valorosi, autorevoli, credibili, pronti a dividere i sacrifici e a fornire l’esempio ai propri colla-boratori.
Quando l’esempio c’è, il meccanismo funziona, perché l’uomo si sente parte del tutto, ed allora passano in secondo piano i tagli, le ristrettezze, i provvedimenti sballati, le auto che non ci sono, gli sberleffi del ministro, i lazzi dell’onorevole e le spacconate del politicante. Allora il poliziotto lavora e raggiunge l’obiettivo.
Quando invece l’esempio viene a mancare anche nelle piccole cose, in quelle ritenute a torto di scarsa rilevanza, allora il meccanismo s’inceppa, l’uomo non si sente più parte del sistema, e allora il superiore cessa di essere credibile, autorevole e degno di essere assecondato, e diventa un padrone del quale non si accettano né vizi né vizietti.
Allora scatta la ribellione, e nulla viene più fatto passare in cavalleria.
Bisogna fare attenzione, poco prima che questo accada, al ruggito di Catarella.
Chi è Catarella? E’ l’appuntato apparentemente indolente e un po’ svogliato del commissario Montalbano, è l’ultimo della scala gerarchica, quello che si sacrifica quando il questore pretende un volontario per il corso d’informatica e nessuno ci vuole andare, è quello che ha soltanto superiori e neanche un subordinato, è quello che non parla un perfetto italiano e butta giù la porta ogni volta che deve entrare nell’ufficio del capo.
Ma è anche uno sbirro vero, che riesce, col suo modo semplice e preciso di ragionare a risolvere i casi più complessi, quelli sui quali persino il commissario ci sbatte le corna.
Catarella, così si firma un collega della Questura di Forlì. Una questura come tante altre, con gli stessi problemi di tante altre, causati dalla penuria di risorse e dalla mancanza di personale; ed una aggravante in più: i vertici della questura, in alcuni momenti critici, anziché dividere le difficoltà col personale, si fanno gli affari loro. Così, durante un servizio di o.p., mentre la “truppa”, di cui Catarella fa ovviamente parte, viene costretta a consumare, sul marciapiede, uno scarno sacchetto-mensa, per così dire, formato da una scatoletta di tonno ed una “fiesta” con data di scadenza passata da un bel pezzo, e quindi immangiabile, i “comandanti”, di nascosto, questore in testa, si appartano nella saletta vip del ristorante per pasteggiare con ben altro banchetto.
E’ qui che l’anonimo Catarella ruggisce; e, anziché abbozzare come sicuramente avrebbe fatto se i suoi funzionari avessero gestito meglio la situazione, si mette a fotografare le merendine scadute, i colleghi che fanno scolare l’olio verdognolo delle scatolette sul marciapiede, ed il cumulo delle fieste scadute e pertanto non consumate. Poi, non soddisfatto, fa in maniera che alcuni rappresentanti sindacali vadano a contattare, con una scusa, i funzionari appartati in sala vip, i quali, imbarazzati, e vistisi scoperti, si danno alla chetichella, ad uno ad uno, come bimbi sorpresi a far la marachella.
Infine, non contento, butta giù un resoconto del fattaccio e lo manda al Siulp di Forlì, stigmatizzando l’accaduto.
Bene, anche noi vogliamo dare il nostro contributo a questa giusta causa che sicuramente non ha ad oggetto comportamenti illeciti della nostra classe dirigente, ma un pochino ridicoli sì.
Terribile è l’ira del mite, suggerisce la Bibbia; il ruggito di Catarella è il segnale d’allarme che i vertici della polizia di Stato devono ascoltare con la dovuta attenzione prima che la situazione diventi difficile.
Perché se il governo dovesse cambiare, l’attività di polizia continuerà sicuramente a dare risultati di alto livello come quelli degli ultimi anni.
Se Catarella s’incazza, no.

Felice Romano

Segretario Generale SIULP

giovedì 11 novembre 2010

NUOVO CODICE DELL'ORDINAMENTO MILITARE


NOSTALGIE DEI TEMPI DEL GEN. PES DI VILLAMARINA?

Esiste un rapporto inverso tra il livello di democrazia e di civiltà raggiunto da uno Stato ed il numero dei suoi cittadini esclusi dalla partecipazione alla vita ed al dibattito politico.

Lo Stato che riuscirà ad assicurare a tutti i suoi residenti il pieno godimento dei diritti civili e politici avrà raggiunto il massimo grado di democrazia e di civiltà auspicabile. I suoi cittadini si sentiranno sovrani e sudditi allo stesso tempo. In quello Stato, la politica opererà alla luce del sole, senza temere il confronto con alcuna categoria di persone.

Al contrario, lo Stato assolutista tenderà ad accentrare il potere decisionale, negando, con diverse motivazioni, la partecipazione alla vita politica dei suoi cittadini, che considera tutti alla stregua di sudditi.

Naturalmente tra questi due casi estremi vi sono tanti casi intermedi. Quando uno Stato liberale prende una direzione assolutista, i primi a percepirlo sono proprio i militari, in quanto divengono destinatari di provvedimenti via via sempre più restrittivi delle loro libertà costituzionali. Tali provvedimenti si inseriscono in un più complesso disegno teso a relegare i detentori del monopolio della forza in una condizione di obbedienza cieca e muta.

Orbene, nei mesi scorsi, quando tutti i quotidiani erano impegnati a pubblicare una certa piantina di una casa monegasca e le misure di un tal progetto di cucina, e molti erano concentrati a sovrapporre l’una all’altra al fine di verificare la corrispondenza delle misure, veniva varato, con il D.Lgs 66/2010, il “Codice dell’Ordinamento Militare”, entrato poi in vigore il 9 ottobre 2010. Lo scopo dichiarato era quello di abrogare circa mille atti normativi (per un totale di circa 2.500 articoli di legge), emanati dal 2 aprile 1885 al 1° gennaio 2010, al fine di semplificare l’intera materia, sopprimendo tutte le norme inutili. Tale fine è stato perseguito raggruppando in un solo corpo legislativo (il D.Lgs 66/2010) ben 2.272 articoli.

In realtà, si è semplificato solamente l’esercizio della memoria: prima del 9 ottobre 2010, era necessario ricordare sia la legge che i singoli articoli; da questa data in poi, è sufficiente ricordare (re-imparare) solo i singoli articoli della comune legge.

Per esempio, l’art. 9 dell’abrogata legge 382/78, a mente del quale “I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione”, è stato accolto dall’art. 1472 del D.Lgs. 66/2010.

Nel procedimento di traslazione dalla L. 382/78 al D.Lgs. 66/10 il dispositivo è stato modificato con l’aggiunta di due semplici parole che, però, restringono inesorabilmente i diritti civili e le libertà democratiche dei militari.

La nuova formulazione dell’art. 1472, infatti, recita testualmente: “I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare, di servizio O COLLEGATI AL SERVIZIO per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione”.

In merito allo strumento normativo utilizzato, quale fonte di produzione, sicuramente bisognerà approfondire se siano stati violati i limiti contenuti nella delega.

Il dubbio non è di poco conto: se si dovesse accertare la violazione di tali limiti, si dovrebbe ammettere che è stato approvato un atto legislativo apertamente in conflitto con i dettami della Costituzione. E’ notorio, infatti, che un atto emanato dal solo esecutivo non possa comprimere i diritti già riconosciuti e garantiti da una legge ordinaria, emanata dal Parlamento sovrano in un fecondo clima dialettico in cui trovano spazio anche le volontà delle minoranze e dell’opposizione.

Non a caso il giudice costituzionale ha, a più riprese, sollecitato l’impiego di criteri direttivi il più possibile circoscritti, qualora la delega vada ad incidere sulle libertà costituzionali e sui diritti fondamentali (sentt. 250/1991; 53/1997; 49/1999; 427/2000; 251/2001; 212/2003).

Al di là di qualsiasi considerazione di carattere giuridico, riservata al mondo accademico, sembrerebbe che l’art. 1472 abbia riportato il nostro Paese indietro di almeno 280 anni, quando le forze armate erano concepite “per sorreggere il trono”. Concezione che ha trovato il suo migliore interprete nel Generale Pes di Villamarina, che fu ministro della guerra dal 1832 al 1847, secondo cui occorreva vietare “con rigore, non pure nelle caserme, ma nei privati domicili, al militare gregario e graduato, qualunque studio, qualunque lettura, anche di argomento militare, sì che un ufficiale scoperto autore di qualche scritto o perdeva il grado, o vedeva preclusa ogni via di avanzamento” (Cfr. “Forze armate e Costituzione”, pag. 101, F. Pinto, Marsilio editori).

Appare, quindi, poco convincente la tesi secondo cui per garantire le libere istituzioni democratiche è necessario vietare al cittadino militare la divulgazione di notizie che, benché non coperte da segreto, siano (in modo non meglio specificato) “collegate al servizio”.

Per di più, la nuova formulazione della norma offre una grandissima discrezionalità alle autorità militari, che potendo ritenere ogni opinione espressa collegata lato sensu al servizio, possono impedire che trapeli all’esterno, nella società civile, qualsiasi problematica che agita ed inquieta il mondo militare.

Inoltre, ad un precetto così vago ed indeterminato, come quello in esame, corrisponde una sanzione ben definita e, soprattutto, penalmente rilevante, circostanza che contrasta con l’art. 13 della Costituzione e con l’art. 1 del C.P.. Infatti, il punto 6) dell’art. 751 del DPR 90/10 dispone che la violazione dell’art. 1472 del D.Lgs. 66/10 è punita con la sanzione della consegna di rigore (arresti di rigore), che comporta l’obbligo di rimanere in un apposito spazio dell’ambiente militare o nel proprio alloggio per un massimo di 15 giorni.

Ritengo che il cittadino militare debba essere totalmente integrato nella vita democratica del nostro Paese. Le sue preoccupazioni e le sue istanze dovrebbero godere della massima visibilità; sostenere il contrario significherebbe guardare con nostalgia ad esperienze che, fortunatamente, la storia ha ormai archiviato e si auspica che non vengano mai più riproposte. Tali esperienze nel passato hanno trovato, proprio nella separazione del comparto militare dal resto della società civile, terreno fertile per il loro progressivo consolidamento e successiva degenerazione.

Il tentativo di isolare il cittadino militare dal resto della società, perciò, appare una strada molto pericolosa, che lede proprio quella posizione di apoliticità delle FF.AA. e delle Forze di polizia militarmente organizzate, posta a presidio delle istituzioni democratiche.

Il miglior rimedio contro tali pericoli consiste in un ripensamento del ruolo del militare all’interno della società, egli deve poter vivere con coscienza la vita della nazione e tenere sempre nella più alta considerazione individuale la salvaguardia del sistema costituzionale.

Le riforme che comprimono i diritti costituzionali dei cittadini militari, fatte passare per difendere l’apoliticità degli stessi, il più delle volte nascondono una decisa scelta politica. Tale scelta si sostanzia nella necessità di avere cittadini militari subordinati, non tanto alla legge, quanto piuttosto alle esigenze perseguite, attraverso l’apparato esecutivo, dai gruppi più forti presenti nella realtà civile e sociale del paese.

L’apoliticità va pensata come una “strada a doppio senso di marcia”, il militare va garantito, oltre che dalle insidie provenienti dall’esterno, anche da quelle, eventualmente, provenienti dall’interno, “si rischiano incidenti” quando una delle due forme di garanzie viene sacrificata a vantaggio dell’altra.

Concludo con una significativa poesia, attribuita impropriamente al poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, ma che in realtà è stata ripresa dalla predicazione di un pastore luterano e teologo tedesco Martin Niemöller (1892-1984), che così recita:

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingarie fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebreie stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,ed io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,e non c’era rimasto nessuno a protestare …”

Cleto Iafrate
(associazione civica FICIESSE)

martedì 9 novembre 2010

LA TASSAZIONE SEPARATA SUGLI EMOLUMENTI ARRETRATI

Gli emolumenti arretrati sono tutti quelli che per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, sono corrisposte per anni precedenti a quello in cui vengono percepite. L’imposta sugli arretrati si calcola applicando all’ammontare percepito l’aliquota media derivante dal reddito complessivo dei due anni precedenti.

Esempio:

Arretrati percepiti nel 2009 € 2.500,00

Calcolo aliquota media:

Nel 2008 il reddito (campo 1 del CUD) è stato di € 35.500,00 con una tassazione calcolata di € 9.810,00 pari al 27,64% Nel 2007 il reddito (campo 1 del CUD) è stato di € 34.500,00 con una tassazione calcolata di € 9.430,00 pari al 27,33%

La media dei due anni precedenti risulta quindi:

27,64 + 27,26 / 2 = 27,48

Sui 2.500,00 Euro si applicherà l’aliquota del 27,48%, quindi le ritenute saranno di 687,12.

Se in uno dei due anni anteriori non vi è stato reddito imponibile si applica l’aliquota media derivante dal reddito complessivo dell’altro anno; se non vi è stato reddito imponibile in nessuno dei due anni si applica l’aliquota prevista per il primo scaglione di reddito (attualmente 23%).

Il datore di lavoro effettua la ritenuta (a titolo d’acconto) considerando quale reddito complessivo il totale dei redditi di lavoro dipendente da lui corrisposti nel biennio precedente al lavoratore.

Se il lavoratore possiede altri redditi, sarà l’Agenzia delle Entrate a rideterminare l’Irpef effettivamente dovuta, applicando il sistema di tassazione più favorevole al contribuente.


CALCOLA LA TASSAZIONE:
http://www.globallaboratory.it/pit/tass_separata_arretrati.htm

Circolare del 05/02/1997 n. 23 - Min. Finanze - Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. III

Imposta sul reddito delle persone fisiche - Redditi soggetti a tassazione separata - Sentenza della Corte Costituzionale n. 287/96. - Art. 3, commi 82, 83, e 84, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.


Testo:

Premessa
L'art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n.549, ha apportato talune
modificazioni ed integrazioni alla disciplina dei redditi soggetti a
tassazione separata di cui all'art. 16 del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
In particolare, con i commi 82 e 83 dell'art. 3 sopracitato e' stata:
1. sostituita la disposizione di cui al citato art. 16, comma 1, lettera b),
stabilendosi che per emolumenti arretrati si devono intendere quelli corrisposti "per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volonta' delle parti", compresi i compensi e le indennita' di
cui alle lett. a) e g) del comma 1 dell'art. 47 nonche' le pensioni e gli
assegni di cui al comma 2 dell'art. 46 dello stesso testo unico;
2. inserita, in detto comma 1, dopo la lettera c), la lettera c-bis), avente
ad oggetto le indennita' di mobilita' di cui all'art. 7, comma 5, della legge
23 luglio 1991, n. 223, ed il trattamento di integrazione salariale di cui
all'art. 1-bis del decreto-legge 10 giugno 1994, n.357, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489, corrisposti anticipatamente;
3. integrato il successivo comma 3, secondo periodo, includendo tra le
disposizioni ivi richiamate quella di cui alla predetta lettera c-bis) dello
stesso articolo;
4. integrato l'art. 18, comma 1, primo periodo, del Tuir, includendo tra le
disposizioni ivi richiamate quella di cui alla lettera c-bis) dell'art. 16 del
medesimo testo unico;
5. integrato l'art. 1, terzo comma, secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, includendo tra le disposizioni ivi richiamate quella di cui alla
lettera c-bis) dell'art. 16 del Tuir.
Piu' di recente la Corte Costituzionale, con sentenza, dell'11 luglio
1996, n. 287, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale parziale
dell'art. 16, comma 1, lett. b), del Tuir nella parte in cui non ricomprende
tra i redditi ammessi a fruire del particolare regime della tassazione
separata l'indennita' di disoccupazione prevista dall'art. 47, comma 1,
lett. e), del Tuir .
In relazione a quanto sopra, al fine di assicurare l'uniforme
applicazione delle suddette modifiche normative e di impartire univoche
istruzioni agli uffici circa gli effetti della predetta sentenza
costituzionale, si forniscono i seguenti chiarimenti.

Emolumenti arretrati
Con la modifica di cui al punto 1 della premessa sono state indicate in modo tassativo le condizioni in presenza delle quali i redditi di lavoro dipendente tardivamente corrisposti possono fruire del particolare regime della tassazione separata previsto dal richiamato art. 16, comma 1, lettera b), del Tuir, che nella precedente formulazione non forniva la nozione
di "emolumenti arretrati", ma si limitava a far generico riferimento agli
"emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti per prestazioni di lavoro
dipendente".
E' noto che per i redditi della specie vige il criterio di cassa, in forza del quale gli stessi devono essere assoggettati ad imposizione nello stesso anno in cui sono pagati. Per attenuare gli effetti negativi che sarebbero derivati da una rigida applicazione di questo criterio venne stabilito - gia' con la disposizione di cui all'art. 12, primo comma, lett. d), dell'abrogato D.P.R. 29 settembre 1973, n.597 - che nell'ipotesi di emolumenti arretrati l'imposta dovesse applicarsi separatamente dagli altri redditi posseduti nello stesso periodo d'imposta e, piu' precisamente, applicando ad essi l'aliquota corrispondente alla meta' del reddito complessivo netto posseduto dal contribuente nel biennio precedente a quello della messa in pagamento.
Al fine di evitare, tuttavia, che la regola sopra enunciata fosse
utilizzata con finalita' elusiva, l'Amministrazione finanziaria - fin dalle
prime istruzioni fornite con la circolare n.1/R.T. del 15 dicembre 1973 -
dopo aver precisato che non poteva invocarsi l'applicazione del regime di
tassazione separata ogni qual volta la corresponsione in un periodo d'imposta
successivo fosse connaturata alla tipologia dell'emolumento da corrispondere,
ebbe ad affermare che per emolumenti arretrati dovevano intendersi tutte quelle somme che, per effetto di leggi, contratti, sentenze, promozioni, cambiamenti di qualifica od altro titolo similare, erano corrisposte per prestazioni relative ad anni precedenti a quello in cui venivano messi in pagamento. Sulla base di tale criterio venne conseguentemente affermato che il
particolare sistema della tassazione separata non poteva essere applicato a
quegli emolumenti la cui ritardata percezione non trovava giustificazione in
uno degli anzidetti titoli.
La prevalente giurisprudenza delle Commissioni tributarie, confermata
dalla Suprema Corte di Cassazione, ha invece costantemente posto in evidenza
come la disposizione di che trattasi fosse norma di carattere generale,
applicabile a qualunque somma erogata in un periodo d'imposta successivo a
quello in cui il pagamento avrebbe dovuto avere luogo.
Cio' premesso, al fine di superare il cennato contrasto
interpretativo, con l'art. 3, comma 82, della legge in oggetto si e'
provveduto a sostituire l'art. 16, comma 1, lettera b), del Tuir, fornendo
quella nozione di "emolumenti arretrati" che era del tutto assente nella
disposizione sostituita.
La nuova versione della norma in commento stabilisce, come gia' anticipato, che sono soggetti a tassazione separata gli emolumenti arretrati, riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volonta' delle parti.
In tal modo si e' tenuto conto sia dell'orientamento manifestato dalla
prevalente giurisprudenza circa la nozione di emolumenti arretrati, sia della
evoluzione della prassi amministrativa intervenuta nella soggetta materia.
In merito a tale disciplina, si fa presente che le situazioni che
possono in concreto assumere rilevanza ai fini di cui trattasi sono - come
precisato anche nella relazione illustrativa della legge n. 549 del 1995 - di
due tipi:
a) quelle di carattere giuridico, che consistono nel sopraggiungere di norme
legislative, di sentenze o di provvedimenti amministrativi, ai quali e'
sicuramente estranea l'ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un
rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti;
b) quelle consistenti in oggettive situazioni di fatto, che impediscono il
pagamento delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo
ordinariamente adottati dalla generalita' dei sostituti d'imposta.
A titolo meramente esemplificativo, all'ipotesi sub b) sono
riconducibili sia la sospensione totale del pagamento delle retribuzioni non
derivante da circostanze imputabili alla preordinata volonta' del datore di
lavoro e dei dipendenti, ma da una accertata situazione di grave dissesto
finanziario, sia il tardivo pagamento del trattamento di cassa integrazione,
trattandosi di ipotesi imputabile all'adozione di complesse procedure, tipiche
di molti enti pubblici.
Resta confermato che l'applicazione del regime di tassazione separata
deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un
periodo d'imposta successivo deve considerarsi fisiologica rispetto ai tempi
tecnici occorrenti per l'erogazione degli emolumenti stessi.
E' utile sottolineare inoltre che i principi sopra esposti vanno
osservati anche per quel che concerne l'applicazione del particolare regime
della tassazione separata nel caso in cui l'ipotesi degli emolumenti arretrati
riguardi altre tipologie reddituali, quali sono i compensi percepiti dai soci
lavoratori di societa' cooperative di produzione e lavoro, le indennita' per
cariche elettive di cui, rispettivamente, alle lettere a) e g) dell'art. 47
del Tuir, nonche' le indennita' di disoccupazione di cui alla lettera e) dello
stesso art. 47 del Tuir, in conformita' alla sentenza della Corte
Costituzionale richiamata nella premessa,.
Poiche' tra le finalita' della nuova disciplina vi e' quella sia di
superare l'attuale contenzioso che di prevenire richieste di rimborso
derivanti dalla sopraggiunta normativa, con la disposizione di carattere
transitorio recata dall'art. 3, comma 84, della citata legge n. 549 del 1995,
e' stato stabilito che relativamente agli emolumenti arretrati percepiti in
periodi d'imposta precedenti al 1996 non si fa luogo a rimborsi d'imposta ne'
alla restituzione di somme gia' rimborsate.
Indennita' di mobilita' e trattamento di integrazione salariale
Con la disposizione aggiuntiva di cui alla lettera c-bis)
dell'art. 16 del Tuir e' stato previsto l'assoggettamento al regime della
tassazione separata sia delle indennita' di mobilita' di cui all'art. 7, comma
5, della legge 23 luglio 1991, n.223, che del trattamento di integrazione
salariale di cui all'art. 1-bis del decreto-legge 10 giugno 1994, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n.489, corrisposti
anticipatamente.
La disposizione in esame si rende applicabile con riferimento alle
citate indennita' e integrazioni salariali corrisposte a decorrere
dall'1.1.1996.
La ratio della norma e' quella di attenuare l'eccessivo carico fiscale
che in assenza di una siffatta disposizione si sarebbe verificato in sede di
corresponsione anticipata delle somme ivi previste e, in definitiva, la
disposizione e' volta ad assicurare maggiori disponibilita' finanziarie a
quanti intendano avviare nuove iniziative produttive.
La collocazione di questa nuova previsione normativa nell'articolo 16
del Tuir consente l'applicazione della disposizione di cui all'art. 18,
comma 1, del medesimo testo unico, e cioe' dell'aliquota corrispondente alla
meta' del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore a
quello in cui e' avvenuta la percezione delle somme.
Per effetto della integrazione della disposizione contenuta
nell'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 16 del Tuir, all'indennita' ed al
trattamento in questione e' applicabile in sede di liquidazione definitiva
dell'imposta da parte degli uffici tributari il piu' favorevole trattamento
tra il regime della tassazione separata e quello ordinario.
Infine, in forza dell'integrazione della disposizione contenuta nel
secondo periodo del terzo comma dell'art. 1 del D.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, l'indennita' e il trattamento in parola devono essere dichiarati dai
percettori solo se sono stati corrisposti da soggetti che per legge non hanno
l'obbligo di effettuare ritenute.
Indennita' di disoccupazione
Per quanto concerne gli effetti della sentenza n. 287, dell'11 luglio
1996, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale parziale dell'art. 16, comma 1, lett. b), del Tuir nella parte
in cui non ricomprende tra i redditi ammessi a tassazione separata
l'indennita' di disoccupazione indicata nell'art. 47, comma 1, lett. e), del
Tuir, la scrivente ritiene che anche in questo caso debba assumersi il
criterio, piu' volte affermato, sia dalla scrivente che dalla Corte di
Cassazione (cfr. Cass. 23 del 14 gennaio 1988 n.4223; 28 ottobre 1988 n.5869),
con riguardo alla sentenza n. 42 del 25 marzo 1980, con la quale il giudice
costituzionale ebbe a dichiarare l'illegittimita' della norma concernente
l'assoggettamento ad Ilor dei redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai
redditi di impresa.
In detta occasione e' stato affermato che la declaratoria di
incostituzionalita' incide esclusivamente sui rapporti tributari, pendenti
alla data della pronuncia, relativamente ai quali la norma illegittima
potrebbe ancora operare, mentre non spiega alcuno effetto relativamente ai
rapporti gia' esauriti, per tali dovendosi intendere quelli per i quali si sia
formato il giudicato o sia diventato definitivo un atto amministrativo o siano
decorsi i termini di prescrizione o di decadenza stabiliti dalle leggi che
regolano i rapporti medesimi.
Pertanto, la sentenza in parola non svolge alcun effetto, e
conseguentemente il contribuente non ha diritto al rimborso della maggiore
imposta pagata, allorche' si versi in una delle seguenti situazioni:
. il pagamento sia stato eseguito in base ad un'iscrizione
a ruolo diventata definitiva per mancata impugnazione entro il termine
prescritto dalla notifica della cartella esattoriale;
. si tratti di versamento diretto (per autotassazione) per il
quale sia intervenuta la decadenza prevista dall'art. 38 del D.P.R. n. 602
del 1973, per non aver il contribuente presentato domanda di rimborso alla
Direzione Regionale delle Entrate territorialmente competente entro il
termine di diciotto mesi dal pagamento, ovvero per non aver presentato ricorso
avverso il silenzio-rifiuto della Amministrazione finanziaria.
Gli Uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione
alle istruzioni contenute nella presente circolare.

venerdì 5 novembre 2010

MILITARI SPAGNOLI IN EUROPA E MILITARI ITALIANI IN ITALIA

Il primo esecutivo Zapatero approvò nel 2007 il “Regolamento organico dei diritti e dei doveri dei membri della Guardia Civil”, frutto di un serrato e duro confronto tra il governo e l'associazione delle Guardie Civil (AUGC) che si spinsero addirittura a manifestare pubblicamente in divisa contro il Governo.

Le proteste erano rivolte soprattutto contro l'allora Ministro della Difesa, contestato per non ottemperare alle promesse fatte in campagna elettorale per quanto riguardava una riforma progressista a favore del personale della Guardia Civil spagnola (che ricordiamo essere in una Forza di Polizia ad ordinamento militare).

Tre anni dopo quella prima e mirata riforma militare, e dopo la riconferma alle elezioni del 2008, il governo socialista si appresta ora a porre mano ad una legge che riguarda stavolta il personale di tutte le Forze Armate spagnole: si tratta del progetto di legge n. 121/000082 “sui diritti e doveri dei membri delle Forze Armate”, presentato il 02/07/2010 al Congresso dei Deputati.

In queste ultime settimane è iniziato un vivace dibattito tra i militari spagnoli sul progetto governativo; la loro maggiore associazione (AUME) ha manifestato a Madrid per esprimere disappunto per il disegno di legge proposto dalla prima donna ministro della difesa, Carme Chacón, in quanto giudicato insufficiente anche da EUROMIL, l'Organizzazione europea delle Associazioni militari, ancorché valutato come un “buon punto di partenza”.

La riforma ricalca molti aspetti di quella già emanata a suo tempo per la Guardia Civil; le maggiori critiche si concentrano sulle disposizioni relative all'applicazione dei diritti civili dei militari, mentre per quanto riguarda le proposte relative ai nuovi strumenti di rappresentanza del personale, da basarsi sul sistema del cd. doppio binario (associazionismo libero e rappresentanza interna) il mondo associativo non ha eccepito nulla, non proponendo alcuna modifica nella parte specifica del disegno di legge
.

Sinteticamente, per quanto riguarda la tutela del personale militare spagnolo, la riforma prevede tre capisaldi:

  • la regolamentazione della libertà d'associazione;

  • l'istituzione di un Consiglio del personale;

  • la creazione di una sorta di Garante dei militari.

Anche la Spagna quindi, come la maggior parte delle nazioni europee avanzate, ha deciso di estendere a tutti i cittadini in divisa le tutele già positivamente sperimentate per la Guardia Civil, segno che in questi tre anni l'introduzione della libertà associativa non ha affatto minato la coesione della Forza Armata che anzi è “uno dei modi per incoraggiare la partecipazione e la collaborazione dei membri delle forze armate nella configurazione del loro regime”, come si legge nella parte della relazione governativa di seguito tradotta.

Nel contempo in Italia, come è già stato rilevato molte volte su questo sito, la politicia continua a scegliere la strada opposta cioè quella di separare il cittadino in divisa e le strutture militari dalla società civile, in nome di una famigerata specificità che nasconde invece solamente un pericoloso progetto isolazionista
.


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PROGETTO DI LEGGE ORGANICA DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI MEMBRI DELLA FORZE ARMATE

Progetto di Legge 121/000082

Autore: Governo


Esposizione dei motivi

(omissis)

Le novità principali sono la regolazione del diritto di associazione, la creazione del Consiglio del personale delle Forze Armate e l'Osservatorio della vita militare.

Il primo è un passo importante per disciplinare l'esercizio di questo diritto fondamentale nel campo professionale, uno dei modi per incoraggiare la partecipazione e la collaborazione dei membri delle forze armate nella configurazione del loro regime.

I militari potranno costituire e partecipare ad associazioni, ai sensi della Legge Organica 1 / 2002 del 22 marzo sul diritto di associazione.
Il riferimento alle ordinanze Reali delle Forze armate, approvato con legge 85/1978, 28 dicembre, è superata dalla presente legge nello stabilire le specialità del diritto di fondare una
associazione professionale fondandosi sugli articoli 8, 22 e 28 della Costituzione, con interpretazione derivata dalla sentenza della Corte Costituzionale 219/2001 del 31 ottobre.

In questo senso, si disciplinano le associazioni professionali composte da membri delle forze armate per difendere e promuovere i loro interessi professionali e le condizioni economiche e sociali, si fissano le norme relative alla sua costituzione ed al sistema giuridico e crea un apposito registro per queste associazioni al Ministero della Difesa.

Le associazioni possono fare proposte ed presentare richieste e suggerimenti, oltre a ricevere informazioni su questioni per promuovere l'attuazione dei loro scopi statutari. A seguito della giurisprudenza costituzionale, queste forme di partecipazione non possono attivare procedure o atteggiamenti di natura sindacale come la contrattazione collettiva o l'esercizio del diritto sciopero.

Quelle con una certa percentuale di membri partecipano al Consiglio del Personale delle Forze Armate e possono contribuire, attraverso relazioni o consultazioni, al processo di sviluppo di disegni di legge che interessano il regime del personale.

Con il Consiglio si istituiscono e formalizzano i rapporti tra il Ministero e le Associazioni per la difesa dei membri di carriera delle forze Armate e si pongono in atto meccanismi di comunicazione e consultazione sul sistema proposto per il personale militare. Si è inteso che questa via sia un'adeguata rappresentanza istituzionale che viene esercitata attraverso la catena di comando militare e canali forniti dalla presente legge per la presentazione internamenteda parte dei membri della Forze Armate di iniziative e denunce.

La presente legge stabilisce i criteri sostanziali in materia di funzionamento del Consiglio del Personale, la sua composizione, i canali per la presentazione delle proposte da parte delle associazioni e l'organizzazione in plenum o per commissioni di, Esercito, Marina, Aeronautica e gli organi comuni di Forze Armate.

In ottemperanza alla terza disposizione finale della Legge organica della Difesa Nazionale è stato creato un Osservatorio della vita militare, che si configura come un organo collegiale, con funzioni consultive che analizza le questioni che interessano l'esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali dei membri delle Forze Armate per favorire quelle attività che contribuiscono alla migliore condizione dei militari.

L'Osservatorio sarà composto da un numero ridotto di personalità di spicco nei settori della difesa e delle risorse umane, la cui nomina deve essere da parte del Congresso Deputati e dal Senato.

Ciò consentirà di diventare un organismo di base nell'analisi della condizione militare e garante dell'equilibrio tra doveri e diritti per le Forze Armate che sono in grado di soddisfare adeguatamente i loro compiti, al servizio della Spagna e della pace e sicurezza internazionali.

La sua analisi e gli studi avranno un carattere generale e pertanto, non è l'organo competente a trattare o risolvere i reclami su base individuale. Tuttavia sarà in grado di ricevere segnalazioni su singoli casi poiché, il suo sindacato e raccomandazioni, possono portare a soluzioni generali per i membri delle Forze Armate.

(omissis)


lunedì 1 novembre 2010

La denuncia/Carabinieri, perché i suicidi: tanti problemi ma nessuno se ne cura







Come ho già scritto sul Vs. contatto su Facebook, i suicidi nell'Arma dei Carabinieri non si sono fermati. Solo oggi altri due Carabinieri si sono suicidati a Salerno. Cosa sta accadendo? Io lo so.
Nè i politici nè i nostri superiori si preoccupano minimamente del benessere del personale. A nessuno interessa se hai una casa di proprietà, ma devi pagare l'affitto nel luogo dove svolgi il tuo servizio, magari a centinaia di chilometri da casa.

Perchè c'è disparità tra l'Arma dei Carabinieri e le altre Forze di Polizia? Mah, nessuno lo sa. Il governo sbandiera a destra ed a sinistra che gli arresti dei latitanti e i brillanti risultati ottenuti sono dovuti ai Ministri che lottanbo tutti i giorni contro il malaffare. Nessuno si chiede, però, chi va per strada, chi lotta quotidianamente il malaffare. Nessuno sa chi opera gli arresti, chi trascura anche le famiglie per ottenere dei risultati. Tanto le conferenze stampa le fanno i Procuratori, gli Ufficiali dell'Arma, i Questori, gli Ufficali della Guardia di Finanza. Mai nessun Maresciallo o Carabiniere è stato intervistato o ha potuto esprimere un proprio giudizio. Tanto ci sono gli Ufficiali che tengono alto l'onore ed il prestigio dell'Arma.

Nessuno sa che alcune Stazioni, per sistemare qualcuno, sono state elevate al rango di Ufficiale. Poco importa se un Sottotenente dopo due anni va via, tanto ci sono quelli che rimangono (che siamo sempre gli stessi) a tirare avanti la baracca. Nessuno sa che quando hai un problema in famiglia o quando un tuo figlio sta male, nessuno ti chiede se hai bisogno di aiuto, tanto siamo carne da macello.

Il nostro stipendio è quello di un dipendente pubblico con mansioni d'ufficio che nulla rischia, mentre noi rischiamo, tutti i giorni, di finire o ammazzati o in galera grazie anche ai nostri superiori che, per usare un loro linguaggio, dicono "Tu hai operato e tu ti assumi le responsabilità" quando qualcosa non fila liscio. Ma quando le operazioni di Polizia Giudiziaria sono effettuate con successo, i nostri superiori sono sempre in prima fila e si vantano di essere gli artefici delle "nostre" vittorie. Tanto ci pensa il Cocer a rappresentarci. Ah, a proposito, qualcuno può spiegarmi cos'è il Cocer? visto che dopo ben 32 anni di servizio, ancora non l'ho capito. Mi sembrano personaggi di una commedia di Eduardo De Filippo intitolata "Questi fantasmi".

Chiudo augurandomi che qualcosa cambi, non tanto per me che sono "vecchio" dell'Arma, ma per i giovani (i suicidi sono nella maggior parte di ragazzi) che si affacciano alla vita con tanto entusiasmo e spirito di sacrificio. Grazie per l'attenzione.

(31 ottobre)
Lettera firmata

http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=124980&sez=NAPOLI

Indagine conoscitiva sulla riforma fiscale: audizione del professor Tommaso Di Tanno